2012-04-24 15:22:02

Economia: dopo il "lunedì nero", le Borse europee in risalita


Rimbalzo delle Borse europee, in salita oggi, dopo che ieri hanno bruciato 160 miliardi di euro. Un segnale di instabilità per tutti i mercati dell’area euro che continuano, dunque, a fare i conti con la crisi economica. E c’è chi vede nel tonfo di ieri una reazione al primo turno delle presidenziali in Francia, vinte da François Hollande, mentre altri economisti trovano la responsabilità di quanto accaduto, nella crisi politica in atto in Olanda. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Gianfranco Viesti, docente di Economia Applicata presso l’Università di Bari:RealAudioMP3

R. - L’andamento altalenante delle Borse e degli spread sui tassi di interesse, ha due cause di fondo: la prima è che tutti vedono come l’Europa sia incapace di dare una soluzione al problema e, quindi, questo periodo di incertezza rischia di permanere a lungo, perché l’incertezza provoca grandi scombussolamenti giorno dopo giorno. La seconda causa, che è alla base della precedente, è che gli operatori vedono che le economie europee si sono fermate e non danno nessuna prospettiva di ripresa. Dunque, anche se si mettono in atto manovre sempre più forti sui conti pubblici, queste rischiano di essere totalmente inefficaci perché cade l’andamento economico. E quindi i mercati sono molto preoccupati della sostenibilità dei Paesi, non perché i Paesi stiano facendo l’austerità, ma perché stanno facendo solo l’austerità senza la crescita.

D. - Le instabilità politiche hanno sempre avuto delle ricadute sull’economia. In questo momento però, sembra che gli effetti siano più deflagranti, perché?

R. - La causa prima è l’economia che mette in difficoltà la politica. È quello che è successo in Grecia, in Italia, in Spagna e in Olanda, e cioè la decisione di puntare esclusivamente su tagli alla spesa e aumenti delle tasse in tutti i Paesi europei. Questa è una decisione difficilmente sostenibile politicamente, oltre certi limiti, proprio per la sua dimensione: non si può chiedere all’elettorato di sostenere i costi di una crisi di cui non ha responsabilità, e di cui soprattutto, non si vede la fine. La cosa più preoccupante è che questo possa portare - come abbiamo visto in Francia - una parte dell’elettorato europeo a puntare verso forze politiche estreme, anti-europeiste e protezioniste. In questo caso la difficoltà economica potrebbe produrre un risultato ancora più brutto, e cioè, uno sconquasso nei governi e nelle democrazie dei nostri Paesi.

D. - L’Europa nasce su un concetto chiaro: la fraternità e unità tra i popoli che vivono nel Vecchio continente, niente a che fare, insomma, con l’economia. Può essere questo il motivo che ha favorito poi la crisi in atto, anche dal punto di vista istituzionale?

R. - E' vero che fino ad un certo punto non ha niente a che fare con l’economia, perché la fraternità e la solidarietà sono concetti etici fondamentali, che purtroppo in Europa, abbiamo dimenticato. Abbiamo abbandonato i greci in una maniera totalmente lontana dalla tradizione culturale e civile dell’Europa, ma la solidarietà è un forte concetto economico. L’Europa è cresciuta in questi decenni perché è stata unita, perché il bene degli uni diventa anche il bene degli altri. Noi siamo usciti dal Medioevo economico tra fine Settecento e inizio Ottocento, quando abbiamo iniziato a capire che la collaborazione economica tra Stati, portava più progresso che la guerra economica tra gli Stati. È questo che ci manca oggi. Siamo tornati ad un periodo nel quale la politica è incapace di dire chiaramente ai cittadini, agli elettori, alle imprese, ai mercati che l’Europa o si salva tutta insieme, o non si salva. Dunque quello che succede in Spagna, in Grecia, in Olanda, in Irlanda, non è questione solo dei cittadini di quei Paesi, ma è questione di tutti gli europei.







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