Pakistan: i vescovi chiedono l’intervento della Corte suprema sui casi di conversione
forzata
“È necessario un immediato intervento della Corte Suprema del Pakistan e una ferma
posizione in difesa della giustizia, dei diritti umani, della libertà religiosa”.
Così, riferisce l’agenzia Fides, si è espressa la Commissione Giustizia e pace della
Conferenza episcopale del Paese asiatico, sul caso di tre ragazze indù costrette a
convertirsi all’islam e a sposare uomini musulmani nonostante un ricorso per via giudiziaria.
“Le procedure non possono diventare uno strumento di ingiustizia”, chiarisce la nota
della Commissione, firmata dal presidente, padre Emmanuel Yousaf Mani e dal direttore
esecutivo, Peter Jacob. “Per esempio in uno dei tre casi, ma in molti altri casi di
conversione, i tribunali hanno trascurato – prosegue la nota - di accertare l’età
della persona convertita”. Secondo fonti di Fides, di questi casi che riguardano giovani
donne indù e cristiane se ne registrano circa mille ogni anno e la gravità della situazione,
assieme alle discusse sentenze della Corte Suprema, “preoccupa le minoranze religiose
che devono affrontare una minaccia esistenziale già a livello demografico, ma anche
a causa della crescente intolleranza religiosa nella società”. La Commissione invita
la Corte a “esaminare più a fondo la questione e ad assumere una posizione di principio”,
considerati anche i “reati che vengono occultati con il pretesto della conversione”.
Sul tema, il ministro per l’Armonia religiosa ha convocato un’apposita riunione della
Commissione nazionale per le minoranze, cui partecipano rappresentanti di tutte le
comunità religiose. (G.M.)