Myanmar: revoca parziale sanzioni Ue, Aung San Suu Kyi boicotta primo atto in parlamento
Al via oggi in Myanmar la prima seduta del parlamento di Naypyidaw: assenti il premio
Nobel e leader dell'opposizione, Aung San Suu Kyi, e gli altri 43 membri della Lega
nazionale per la democrazia eletti alle consultazioni suppletive dello scorso primo
aprile. I membri dell’opposizione rifiutano di prestare giuramento sulla Costituzione
varata nel 2008 dalla giunta militare, in un momento in cui il Paese cerca comunque
di dare timidi segnali di apertura democratica. In questo senso, va letta la decisione
odierna dei ministri degli Esteri europei di sospendere la maggior parte delle sanzioni
contro il Paese asiatico, mantenendo però un embargo sulle armi. Ribadita pure la
richiesta di un rilascio di tutti i prigionieri politici. Sulle ragioni che hanno
spinto la Lega nazionale per la democrazia a disertare l’assemblea parlamentare di
oggi, l'opinione di Carlo Filippini, docente di Economia all’Università Bocconi
di Milano e studioso di Asia orientale, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Potrebbe
essere un tentativo di forzare la velocità delle riforme ed obbligare il governo –
che è ancora sostanzialmente controllato dai militari - ad accelerare il percorso
delle riforme.
D. – Fin qui, la giunta al potere che cosa ha approvato?
R.
– Ci sono state le elezioni nel 2010 e immediatamente dopo sono stati liberati alcuni
prigionieri politici. Il partito del Premio Nobel è stato legalizzato: gli è stato
consentito, infatti, di partecipare alle ultime elezioni suppletive del primo aprile.
Inoltre, ci sono state misure che tendono ad aprire un po’ di più l’economia della
Birmania all’estero. Una decisione - ritenuta un segno verso una maggior liberalizzazione
- è stata anche quella dello stop ad una diga, un impianto idroelettrico finanziato
completamente dalla Cina, perché avrebbe dovuto produrre energia elettrica da spedire
- per il 90% - nelle province meridionali della Cina stessa.
D. – Evidentemente,
però, queste misure non appaiono sufficienti alla Lega nazionale per la democrazia.
Cosa chiede Aung San Suu Kyi?
R. – Chiede che il controllo dei militari venga
ridotto o addirittura annullato. Attualmente, il primo ministro è un ex generale e
un quarto dei posti in entrambe le Camere del parlamento birmano è riservato ai militari.
Inoltre, nonostante la possibilità di dimostrazioni cosiddette pacifiche, il controllo
dei militari sulla comunicazione e sull’informazione - la censura se vogliamo dire
così - è sempre attivo.
D. – L’Unione Europea ha approvato una sospensione
di gran parte delle sanzioni imposte al Myanmar, mantenendo però un embargo sulle
armi. Anche gli Stati Uniti hanno annunciato una revoca parziale delle misure restrittive.
Cosa significa realmente questo per il Paese, anche da un punto di vista economico?
R.
– La Birmania è molto ricca di petrolio, di gas ed anche di altre risorse. Finora,
praticamente, tutti questi minerali venivano sfruttati e comprati in gran parte dalla
Cina e, in misura minore, dall’India. Alcuni investimenti europei erano stati effettuati
ancora negli anni ’90, ma nell’ultimo decennio l’Ue aveva bloccato tutti i grossi
finanziamenti. La Cina probabilmente è percepita come troppo “invadente” nell’economia
birmana: forse questo è uno dei motivi della liberalizzazione, di questo avvio di
democratizzazione che i militari birmani stanno portando avanti. L’apertura dell’Unione
Europea e degli Stati Uniti è il modo corretto, cioè un’apertura condizionata a tempo
determinato. Non si tratta di abolire tutte le sanzioni: sono state sospese per un
anno e tutto questo processo dovrebbe andare avanti di pari passo con la democratizzazione
della Birmania. Non dimentichiamo che la Birmania - già nel 2006 - avrebbe dovuto
essere presidente dell’Asean, l’Associazione dei Paesi dell’Asia sud-orientale, ma
aveva dovuto cedere questa carica proprio perché l’Unione Europea aveva minacciato
di troncare tutte le relazioni col continente. Nel 2014, alla Birmania toccherebbe
di nuovo la presidenza di turno dell’Asean e ciò sarà una cartina di tornasole molto
importante nel processo di democratizzazione.