"Back to Bach" : il barocco incontra il jazz. Stasera al Teatro Olimpico di Roma Paolo
Fresu e I Virtuosi italiani
Appuntamento unico per gli amanti del jazz e non solo. Stasera al Teatro Olimpico
di Roma è in scena Paolo Fresu in Back to Bach. Al fianco del celebre trombettista
jazz si esibisce l’orchestra de I Virtuosi italiani, ensemble di musica antica diretto
da Alberto Martini, per proporre al pubblico un affascinante viaggio in diversi mondi
sonori, da Bach a Uri Caine, da Haendel a Astor Piazzolla. Barocco e jazz dunque a
confronto:”Due mondi sonori più vicini di quanto si possa pensare” spiega lo stesso
Paolo Fresu, al microfono di Gabriella Ceraso
R. – C’è
questo amore per la musica barocca e quindi si è deciso di rileggere un po’ il mondo
del barocco, partendo però dalla scrittura dei musicisti di oggi. Il barocco è, comunque
una musica che, nonostante gli anni, continua ad essere di un’attualità incredibile,
peraltro è quella che meglio si sposa con il jazz. Quindi, l’idea di rileggere il
barocco attraverso il jazz non è poi così fuori luogo.
D. – Bach e Haendel
sapevano improvvisare?
R. – Beh, Bach e Haendel sapevano improvvisare. Direi
che la musica barocca è una musica dove l’improvvisazione è molto presente, sicuramente
è più presente che nella musica dell’ ‘800. C’era il basso continuo, quindi c’era
un modo di interpretare, non solo la melodia, ma anche gli accordi, in maniera molto
simile. Direi di più: nella musica barocca c’era anche uno swing. Siamo abituati a
pensare allo swing, come ad un qualcosa che appartenga al jazz, ma, di fatto, lo swing
appartiene a tutte le musiche che respirano in un determinato modo, che sono elastiche.
Nella musica barocca, effettivamente, c’era anche un modo di portare il tempo, che
è molto simile a quello del jazz.
D. – Che tipo di concerto volete che sia
quello di stasera per il pubblico romano?
R. – La cosa che mi piace molto nei
concerti “Back to Bach” è proprio che ci siano persone di tutte le età, le persone
che magari vanno al teatro, perché hanno l’abbonamento alle stagioni concertistiche,
e poi i giovani che vengono per ascoltare il jazz. Penso che questo sia oggi un fatto
molto importante: finalmente rompere un po’ le barriere, non solo dei generi, ma anche
del pubblico.
D. – Il jazz per lei che cos’è?
R. – Il jazz nasce dall’incontro
tra la musica africana e la musica europea: ha sempre mostrato una grande capacità
non solo di sintesi, ma soprattutto di incontro. Credo, dunque, che il jazz rappresenti
bene la necessità di mettere insieme il mondo.