2012-04-23 13:13:44

A Roma detenuti al lavoro in aree archeologiche e verdi


Diciotto detenuti di Rebibbia impegnati per un anno nella manutenzione di 33 zone archeologiche e aree verdi pubbliche di pregio di Roma. E’ il risultato di un protocollo firmato oggi dal Ministero della giustizia e dalle autorità capitoline. I diciotto, tutti uomini tranne una donna, hanno seguito un corso obbligatorio di formazione in storia dell'arte, sicurezza del lavoro e giardinaggio. Tra le aree interessate: i Fori Imperiali, il Circo Massimo, il Mausoleo di Augusto, le Terme di Traiano, Villa Borghese e Villa Pamphili. Al microfono di Paolo Ondarza, il sovraintendente ai beni culturali di Roma Capitale, Umberto Broccoli, :RealAudioMP3

R. – E’ un percorso rieducativo nel quale si sta all’aria aperta, si sta in contatto con il bello. E’ un sistema per far in modo che queste persone, che hanno sbagliato un tempo, si reintegrino nella società: un’operazione che – secondo me – è qualificante, perché si lavora per l’arte, per il decoro e per la pulizia della città. Accanto a questo, naturalmente come ricaduta, c’è l’entusiasmo incredibile con cui queste persone svolgono questo tipo di lavori.

D. – Come sono preparati i detenuti ad accostarsi a queste aree preziose da un punto di vista storico-artistico-archeologico?

R. – Abbiamo fatto un lungo periodo di formazione: hanno studiato i luoghi, hanno effettuto sopralluoghi, rendendosi conto di come agire vicino a dei ruderi antichi. C’è un metodo. E’ stata cura della Sovrintendenza comunale fornire l’informazione necessaria.

D. – Essere utili alla collettività costituisce un’importante motivazione, un importante fattore rieducativo per un detenuto…

R. – Io ho un’esperienza diretta di questa cosa: due anni fa, un paio di detenuti lavoravano a un progetto di questo tipo e lo facevano con una precisione, con un entusiasmo e con una collaborazione incredibili. Oggi si sono laureati, perché si sono appassionati all’arte. Mi pare che questi siano risultati concreti, oltre quello della pulizia dei monumenti. Stare all’aria aperta e usare le mani vuol dire per un detenuto tenere la testa impegnata in cose belle.

D. – Non pensate di allargare il progetto ad un contrasto più generale del degrado urbano o del verde pubblico?

R. – Senz’altro. Noi abbiamo sommessamente aperto una porta: io penso che in questa direzione si potrebbe senz’altro lavorare, avendo come risultato una doppia convenienza da parte dell’amministrazione, della giustizia e da parte dei beni culturali.







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