Il Papa all’udienza generale: la Chiesa confida in Dio e non teme le persecuzioni.
"Grazie per gli auguri, pregate per me"
All’udienza generale di ieri mattina, presieduta in Piazza San Pietro davanti a 20
mila persone, Benedetto XVI è tornato a riflettere sul valore della preghiera. Lo
spunto glielo ha fornito l’episodio degli Atti degli Apostoli, detto “la piccola Pentecoste”.
Al termine, il Papa ha ringraziato per gli auguri ricevuti in vista del settimo anniversario
di Pontificato, che cade oggi, e ha chiesto preghiere per poter perseverare nel suo
“servizio a Cristo e alla Chiesa”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Non essere difesa,
ma essere coraggiosa. È questa la testimonianza che la Chiesa cristiana della prima
ora offre a quella di ogni secolo successivo. Un coraggio che nasce da una “incrollabile”
fiducia in Dio, alimentata dalla preghiera, al punto che ai suoi membri sta soprattutto
a cuore il diffondere il Vangelo, che il sapersi incolumi dai pericoli che tale annuncio
può comportare. E quando ciò avviene, ha affermato Benedetto XVI, tra i cristiani
si verifica il “prodigio” della concordia, che – ha soggiunto – “è l’elemento fondamentale
della Chiesa”:
“L’unità si consolida, invece di essere compromessa, perché
è sostenuta da una preghiera incrollabile. La Chiesa non deve temere le persecuzioni
che nella sua storia è costretta a subire, ma confidare sempre, come Gesù al Getsemani,
nella presenza, nell’aiuto e nella forza di Dio, invocato nella preghiera”.
L’episodio
all’origine di tutto è quello narrato da Luca negli Atti degli Apostoli. L’arresto
e il processo sommario subiti da Pietro e Giovanni perché colti ad annunciare la risurrezione
di Gesù. Una volta rilasciati e informati i loro fratelli nella fede, la reazione
di questi ultimi, ha osservato il Papa, è esemplare:
“Di fronte al pericolo,
alla difficoltà, alla minaccia, la prima comunità cristiana non cerca di fare analisi
su come reagire, trovare strategie, come difendersi, quali misure adottare, ma, davanti
alla prova, si mette in preghiera, prende contatto con Dio. E che caratteristica ha
questa preghiera? Si tratta di una preghiera unanime e concorde dell’intera comunità,
che fronteggia una situazione di persecuzione a causa di Gesù”.
Quella
intonata nella circostanza da quei primi cristiani di Gerusalemme, ha proseguito il
Pontefice, è la “più ampia preghiera della Chiesa” nel Nuovo Testamento. Una preghiera
che, facendo ricorso alle parole del Salmo 2, “cerca di leggere gli avvenimenti alla
luce della fede”. Dunque…
“Ciò che è accaduto viene letto alla luce di Cristo,
che è la chiave per comprendere anche la persecuzione (…) che la prima comunità cristiana
sta vivendo; questa prima comunità non è una semplice associazione, ma una comunità
che vive in Cristo; pertanto, ciò che le accade fa parte del disegno di Dio”.
Ecco
perché, ha evidenziato il Papa:
“Proprio per questo la richiesta che la
prima comunità cristiana di Gerusalemme formula a Dio nella preghiera non è quella
di essere difesa, di essere risparmiata dalla prova, dalla sofferenza, non è la preghiera
di avere successo, ma solamente quella di poter proclamare (…) con franchezza, con
libertà, con coraggio, la Parola di Dio”.
Franchezza e coraggio, ha terminato
Benedetto XVI, sono frutto dell’effusione dello Spirito Santo, invocato dal Papa su
tutti i credenti perché, ha auspicato, sappiano ricercare “il significato profondo”
degli avvenimenti della loro vita nella Parola di Dio. Poi, dopo le catechesi in lingua,
il Pontefice ha ringraziato per tutti gli auguri ricevuti per il compleanno e per
il settimo anniversario di Pontificato, che cade oggi:
“Vi chiedo di sostenermi
sempre con le vostre preghiere, affinché, con l’aiuto dello Spirito Santo, possa perseverare
nel mio servizio a Cristo e alla Chiesa”.