Romney: profilo del candidato repubblicano che sfiderà Obama
Negli Stati Uniti, con l’uscita di scena di Rick Santorum, l’ex governatore del Massachusetts
Mitt Romney è ora a tutti gli effetti il candidato che sfiderà Barack Obama nelle
presidenziali del prossimo 6 novembre. Per un profilo sul candidato repubblicano,
Alessandro Gisotti ha intervistato Paolo Mastrolilli, inviato de “La
Stampa” a New York, che ha incontrato Mitt Romney all’inizio della sua campagna elettorale:
R. - L’ho
incontrato all’inizio delle primarie in Iowa, durante un comizio che aveva tenuto.
Poi, l'ho rivisto anche in Alabama durante un breakfast che ha organizzato con i suoi
sostenitori in occasione del suo compleanno. E' una persona che si presenta bene:
questa è la ragione principale per la quale i repubblicani - almeno l’establishment
- hanno puntato su di lui. Naturalmente è un uomo di grande esperienza, ma è anche
un uomo molto affabile, molto gentile.
D. - Guardando alla politica interna,
cosa lo contraddistingue di più rispetto al presidente, soprattutto sul fronte economico,
che poi è il grande tema di queste elezioni?
R. - Romney ha basato la sua campagna
elettorale sul proprio curriculum di uomo d’affari. Prima di entrare in politica,
gestiva una grande compagnia di investimenti. Su questo lui ha basato la propria campagna
elettorale, almeno nella prima fase, perché lui stesso si ritiene una persona che
ha lavorato nell’economia reale degli Stati Uniti e quindi sa come rilanciarla. La
prima differenza, rispetto al presidente Obama, è la determinazione che è un “classico”
per i repubblicani, di ridurre le tasse. Loro naturalmente ritengono che, lasciando
i soldi nelle tasche dei cittadini, si aumentino i consumi, si aumenti la spesa, e
quindi si aiuta l’economia a riprendersi. Soprattutto, sostengono che lasciando i
soldi nelle tasche delle imprese, dei grandi imprenditori, si favoriscono i loro investimenti
e quindi la ripresa economica.
D. - La politica estera sembra essere la grande
assente, soprattutto lo è stato nelle primarie repubblicane. Con Mitt Romney, eventualmente
alla Casa Bianca, si tornerebbe all’unilateralismo di Bush, oppure quella stagione
è sicuramente finita?
R. - La politica estera è scomparsa dal dibattito delle
primarie anche perché c’era l’impressione che non fosse una delle emergenze. Il presidente
Obama ha ottenuto dei risultati abbastanza positivi nella lotta al terrorismo, primo
fra tutti naturalmente l’eliminazione di Osama Bin Laden, ha chiuso la guerra in Iraq,
sta chiudendo la guerra in Afghanistan... Sembrava che questi temi non fossero al
centro delle preoccupazioni degli americani, preoccupati piuttosto, per la crisi economica.
Però, su questi punti in realtà i consiglieri di Romney stanno facendo una riflessione:
stanno valutando la necessità, l’opportunità, di andare all’attacco del presidente
anche su queste questioni. Per esempio, adesso la Corea del Nord ha fatto questo test
missilistico, che per quanto sia fallito, ha riproposto ovviamente il problema di
cosa fare con questo Paese molto difficile da gestire. Resta aperta la questione del
nucleare iraniano, la crisi in Siria continua... Quindi i repubblicani stanno meditando
di andare all’attacco del presidente Obama anche su questi temi. Alcuni dei consiglieri
che ha scelto, sono legati alla passata amministrazione Bush e potrebbero far ritornare
alcune delle idee, che la precedente amministrazione repubblicana, aveva già utilizzato
per gestire il suo rapporto con il mondo.
D. - La fede ha sempre un valore
e un peso importante nelle presidenziali americane e nella politica più in generale.
Mitt Romney è mormone: questo dato in che modo potrebbe influenzare la sua campagna
elettorale?
R. - All’inizio si era parlato molto di questo, e soprattutto del
fatto che questo creasse un po’ di preoccupazione nella base evangelica, nella base
conservatrice del partito repubblicano. Questo tema è però rimasto un po’ fuori dalle
righe della campagna elettorale, per ora. Se ne parla, ma non se ne parla al punto
di farne una questione fondamentale. Quello che importa soprattutto sono invece le
posizioni che Romney ha preso sulle questioni che interessano alla base repubblicana,
alla base religiosa e quindi soprattutto le questioni della vita, le questioni sociali.
Su questo, Romney deve un po’ recuperare, perché in passato aveva preso delle posizioni,
aveva fatto delle scelte che non convincevano. Romney viene dal Michigan, è cresciuto
in Massachusetts, uno “Stato liberal”, ed anche lì in passato, aveva sostenuto ad
esempio, di non essere nettamente e decisamente contro l’aborto. Queste sono le dichiarazioni
che hanno insospettito la base repubblicana e sulle quali Romney ora sta cercando
di lavorare per recuperare il consenso. (bi)