Croazia. I vescovi: "no" alla legislazione d’urgenza sulle questioni Ue eticamente
sensibili
La Commissione della giustizia e della pace della Conferenza episcopale croata ha
espresso preoccupazione per la decisione annunciata dal Governo di Zagabria di ricorrere
alla decretazione d’urgenza per alcuni provvedimenti necessari per conformarsi alle
normative comunitarie in vista dell’ingresso della Croazia nell’Ue, il 1° luglio 2013.
Tra le misure in questione figurano una legge sulla fecondazione assistita, una sulla
ricerca scientifica, una sull’educazione superiore e una nuova disciplina del sistema
radio-televisivo. In una nota diffusa nei giorni scorsi, la Commissione Giustizia
e Pace rileva che non solo mancano i necessari requisiti di urgenza per il ricorso
alla forma del decreto-legge, ma, trattandosi in alcuni casi di materie eticamente
sensibili e che toccano i diritti fondamentali degli individui, della famiglia e la
società croata nel suo insieme, questo tipo di provvedimenti richiederebbero un ampio
dibattito pubblico che coinvolga tutte le forze politiche e della società civile.
La nota, firmata da mons. Vlado Košić, definisce “fuorviante” la giustificazione addotta
per cui è l’Europa che chiede l’adozione di queste misure. “L’opinione pubblica –
afferma - deve sapere che nella maggior parte delle aree regolate da queste leggi,
con l’eccezione di alcune raccomandazioni, l’Unione Europea non ha alcun potere legale
vincolante, né pretende soluzioni legali specifiche. Su queste materie ciascuno Stato
membro ha il diritto di cercare la soluzione legale più adatta, nel rispetto dei
diritti umani e delle libertà fondamentali, come anche delle tradizioni morali ed
etiche e della cultura di una data società. Inoltre – aggiunge la nota - alcune delle
proposte in questione sono talmente importanti per la vita di un individuo e della
società che richiederebbero di essere sottoposte a un referendum, non certo una procedura
d’urgenza”. La Commissione Giustizia e Pace invita quindi, in particolare, i media
croati “a servire la democrazia e i valori universalmente accettati, dando il massimo
spazio a tutte le opinioni, senza tacciare come retrograde e anti–moderne le posizioni
espresse dalle Chiese e da altre comunità religiose. Rifiiutare il necessario dibattito
pubblico e il dialogo tra la società civile e le Chiese – osserva – è una violazione
del diritto europeo acquisito che obbliga le istituzioni della Ue a questo dialogo”.
Di qui, in conclusione, l’appello a tutta la società croata, e in particolare al Governo
e il Parlamento di Zagabria, “a lasciare un tempo sufficiente per un dibattito pubblico
approfondito, sereno e ragionato” sul tutte le questioni più importanti in gioco.
L’adesione della Croazia alla Ue – lo ricordiamo - è stata sancita dal referendum
popolare del 22 gennaio scorso, dopo sei anni di trattative con Bruxelles. Un traguardo
auspicato dalla Chiesa locale e non solo. Benedetto XVI, nel suo viaggio in Croazia
nel giugno 2011 aveva ricordato che la nazione fin dalle origini “appartiene all’Europa
e ad essa offre, in modo peculiare, il contributo di valori spirituali e morali che
hanno plasmato per secoli la vita quotidiana e l’identità personale e nazionale dei
suoi figli”. (L.Z.)