Titanic, 100 anni fa il naufragio. La storia del gesuita "miracolato" da un atto di
obbedienza
La notte tra il 14 e il 15 aprile di cento anni fa, l’urto con un iceberg avvistato
troppo tardi causò uno dei peggiori disastri navali della storia. Il transatlantico
“Titanic”, gioiello delle tecnologia nautica dell’epoca, colò a picco provocando la
morte di oltre 1500 persone sulle 2223 a bordo. Il dramma – narrato da una miriade
di opere di vario genere e celebrato in questo giorni in molte parti del mondo – ebbe
le prime descrizioni dai sopravvissuti, tra i quali anche un religioso gesuita che
deve la sua salvezza a un ordine perentorio. Lo ricorda in questo servizio Alessandro
De Carolis:
L’obbedienza
può essere dura da mandar giù, anche se si indossa una tonaca che a ogni passo ricorda
che obbedire lo si è scelto; ma qualche volta può salvare la vita. E anche rendere
un impagabile servizio alla storia. Certo, sul momento non deve averlo pensato il
32.enne Frank Browne – da tre anni prete gesuita – quando quell’11 aprile 1912 fu
costretto a scendere da quel gioiello di ingegneria navale e comfort di lusso, sul
quale era salito grazie a uno zio che gli aveva regalato un biglietto per la prima
tratta del viaggio, quella che andava da Southampton a Queenstown in Irlanda. Anzi,
a bordo le cose per lui – appassionato e competente fotografo – si erano messe ancor
meglio. A raccontarlo è un altro gesuita, padre Eddie O’Donnel, al microfono di Pat
Coyle:
“It was while they were at meal in the first class dining room, that
he got … Era a cena, nella sala da pranzo di prima classe, quando si trovò
a conversare con una coppia di americani. Erano rimasti molto colpiti da lui e così
gli chiesero di rimanere con loro per tutta la traversata fino a New York: si sarebbero
fatti carico loro di pagare il suo biglietto… Frank disse: ‘Il mio superiore, a Dublino,
non mi darà mai il suo consenso…’. Ma l’americano replicò: ‘Andiamo nella sala telegrafo,
gli inviamo un telegramma e gli spieghiamo tutto’. Quando il Titanic entrò in porto
e uscì il tender con le grosse sacche di posta, il capitano Tobin aveva in tasca una
piccola busta con il telegramma di risposta del ‘provinciale’. Erano cinque parole:
‘Scendi da quella nave. Provinciale’".
Padre O’Donnel è il curatore della
celebre collezione di fotografie scattate a bordo del Titanic da quel suo confratello
imbarcatosi con lastre, cavalletto e tante aspettative: 79 istantanee, preziosissimi
documenti in grado di restituire ancora oggi la bellezza di ciò che il mare ha inesorabilmente
inghiottito. A quegli scatti di un secolo prima, James Cameron deve moltissimo della
possibilità di aver potuto ricostruire fedelmente gli interni e gli esterni del Titanic
per il suo film capolavoro. Foto smarrite e ritrovate anni dopo, nello scantinato
di una casa della Compagnia di Gesù, in mezzo a 40 mila negativi, e pubblicate nel
1997 in un libro. A Queenstown, oggi Cobh, padre Frank scende mestamente dal Titanic
con le sue lastre, il suo cavalletto e il messaggio del suo Provinciale. Non finirà
mai di mostrare quel pezzo di carta a chiunque e di dire che nella vita l'obbedienza
è un grande valore.