“L’attualità politica del Mali e le vicende militari hanno preso il sopravvento sulla
stampa internazionale e nei dibattiti, così che il progressivo peggioramento del quadro
umanitario è praticamente scomparso dai media e dall’attenzione dell’opinione pubblica
internazionale”. All'agenzia Misna Mamatal Ag Dahmane, portavoce dell’Associazione
dei rifugiati e delle vittime della repressione in Azawad (Arvra), fa questa denuncia
e non nasconde la sua preoccupazione per il peggioramento delle condizioni in cui
sono costretti a vivere sfollati interni e rifugiati oltre confine fuggiti in seguito
ai combattimenti in Azawad, la regione settentrionale del Mali da due settimane completamente
in mano a diversi gruppi ribelli. Secondo Dahmane, la minaccia di un intervento militare
della Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale (Cedeao/Ecowas) negli ultimi
giorni ha spinto migliaia di persone a varcare il confine con la Mauritania dove adesso
i rifugiati sarebbero circa 50.000. Stime della sua organizzazione riferiscono di
un totale di circa 220.000 tra sfollati e rifugiati in Mali e nei paesi vicini. “Le
situazioni più difficili – aggiunge l’esponente della società civile – sono quelle
in Mauritania e Niger. In questi Paesi non si sta riuscendo a convogliare sufficienti
aiuti e le organizzazioni internazionali che vi operano non riescono a rispondere
alle crescenti esigenze umanitarie”. Le ultime stime rese note dall’Alto commissariato
dell’Onu per i rifugiati (Acnur) sono più caute e riferiscono di circa 200.000 tra
rifugiati e sfollati. La situazione è comunque grave mentre crescenti incertezze gravano
sul Mali e sul nord. Ieri, il nuovo presidente Dioncounde Traoré – scelto dopo un
golpe militare per guidare la transizione – ha minacciato di intervenire militarmente
contro i ribelli, pur lasciando aperta la porta del dialogo. Dall’altra parte, cosa
stia avvenendo in Azawad resta da chiarire: accanto al Movimento nazionale di liberazione
dell’Azawad, altri gruppi nel tempo si sono aggregati ai combattimenti come Ansar
al Din e, sostengono diversi osservatori, Al Qaida nel Maghreb islamico. Gruppi finora
in grado di coabitare ma che già mostrano segni evidenti di contraddizioni e divisione.
(R.P.)