Appello del Consiglio ecumenico delle Chiese: leggi vincolanti sul commercio delle
armi
Il World Council of Churches, il Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc), ha lanciato
nei giorni scorsi un appello perché si proceda all’approvazione di una legislazione
vincolante sul commercio delle armi che protegga le popolazioni messe a rischio da
tale pratica. Come riporta l’Osservatore Romano, l’intervento accompagna una campagna
di sensibilizzazione ecumenica avviata da tempo in vista della Conferenza delle Nazioni
Unite del prossimo luglio, in occasione della quale rappresentanti diplomatici di
circa 200 Paesi cercheranno di negoziare un trattato in materia di commercio delle
armi convenzionali. All’iniziativa hanno aderito comunità religiose di oltre 30 Paesi,
tra di loro quelli che traggono profitto dal commercio delle armi ma anche quelli
che invece ne soffrono le conseguenze. Un utilizzo delle armi è “illegale e illegittimo
– fanno sapere dal Wcc – favorisce molte forme di violenza e alimenta i conflitti,
ponendo sotto minaccia lo sviluppo sociale ed economico”. Nel 2006, le Nazioni Unite
avevano messo a punto un progetto di risoluzione relativo al controllo delle armi
e che il Consiglio ecumenico delle Chiese aveva accolto con favore. Nello stesso anno,
erano stati avviati i lavori per un trattato internazionale sul commercio di armi,
in grado di stabilire standard globali omogenei, per impedire i trasferimenti a Paesi,
rendendo più rigidi gli embarghi. Anche la Santa Sede da tempo sostiene l’iniziativa.
L’Osservatore permanente presso le Nazioni Unite, l'arcivescovo Francis Assisi Chullikatt,
in un intervento in occasione della quarta sessione del Comitato preparatorio per
la Conferenza sul Trattato, svoltasi a New York tra il 13 e il 17 febbraio, ha sottolineato
che “un commercio delle armi non regolamentato e trasparente a causa dell’assenza
a livello internazionale di sistemi efficaci di monitoraggio causa una serie di conseguenze
umanitarie: lo sviluppo umano integrale viene rallentato, il rischio di conflitti
e di instabilità aumenta, i processi di pace sono messi in pericolo e il diffondersi
di una cultura di violenza e di criminalità viene facilitata”. Pertanto, ha aggiunto
il presule, “un’azione responsabile, condivisa da tutti i membri della comunità internazionale,
è necessaria per risolvere queste problematiche realtà e chiama in causa Stati, organizzazioni
internazionali, organismi non governativi e settore privato”. Questa azione responsabile,
ha concluso mons. Chullikatt, è diventata sempre più stringente “al fine di promuovere
lo stabilimento e il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale con
il minimo dispendio delle risorse umane ed economiche mondiali per gli armamenti”.
(B.C.)