Religiose italiane: plenaria dell'Usmi incentrata sulla vita comunitaria
“In Cristo nella Chiesa per il mondo. Percorsi di vita comunitaria” è il tema della
59.ma Assemblea nazionale dell’Usmi, l'Unione Superiore Maggiori Italiane, in corso
da ieri e fino a domani a Roma, presso la Pontificia Università Urbaniana. Le religiose
in Italia oggi sono circa 70 mila, presenti in circa 550 istituti diversi, cui fanno
riferimento 15 mila comunità sparse sul territorio. Le suore italiane missionarie
in altri Paesi sono invece circa 15 mila. Ma qual è oggi l'identikit della religiosa
italiana? Fabio Colagrande l'ha chiesto a Madre Viviana Ballarin, presidente
nazionale dell’Usmi e superiora generale delle suore domenicane di Santa Caterina
da Siena:
R. – E’ una
donna felice, una donna che ha la speranza, è una donna coraggiosa, che si dà senza
calcoli, senza riserve... basta guardarci attorno e vedere dove sono le religiose.
A volte, si possono leggere sul suo volto anche segni di fatica e di stanchezza, soprattutto
perché le vocazioni sono diminuite, ma se penso a una carta di identità della religiosa
io dico che è una donna viva e una donna che continua a generare.
D. – Quali
sono le problematiche più urgenti legate proprio alla vita comunitaria delle religiose,
secondo lei?
R. - Le problematiche più urgenti sono quelle che si riconducono
sempre un po’ alle relazioni, alla comunicazione e in questo momento in cui la vita
fraterna, la vita comunitaria, stanno diventando sempre più internazionali, interculturali,
dobbiamo coltivare molto le relazioni tra di noi, la comunicazione, l’accoglienza
perché davvero non sia, come c’è stato detto l’anno scorso una vita comunitaria multiculturale,
ma interculturale dove si realizza davvero una integrazione di tutti i membri della
comunità e dove l’esperienza della fraternità è un’esperienza di reciprocità. Questo
è un po’ il nostro desiderio, il nostro obiettivo e anche via, via che viviamo e che
facciamo queste esperienze è proprio un’esperienza bella. La seconda urgenza è quella
della missionarietà. Le nostre comunità non sono e non devono essere comunità chiuse
in se stesse o autoreferenziali ma comunità-dono perché la vita religiosa è un dono,
un dono che Dio ha dato alla sua Chiesa, è un carisma all’interno della sua Chiesa
e quindi nella Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa anche noi partecipiamo della
stessa natura missionaria della Chiesa: comunità aperte continuamente al dono. Nel
mio augurio pasquale ho detto alle sorelle che come quando i due discepoli di Emmaus
si incontrarono e riconobbero Gesù quando Gesù spezzò il pane davanti a loro e glielo
diede, così anche per noi è Pasqua ogni volta che le nostre comunità si donano, si
spezzano, si danno ai fratelli. Questa è un’urgenza che dobbiamo coltivare e accrescere
sempre di più.
D. – In questo spirito, come religiose, come vivete la vigilia
di questo Anno della fede, la vigilia di questo periodo che il Papa vuole dedicare
alla nuova evangelizzazione? E una sfida anche per voi…
R. – Certo, perché
non c’è vita religiosa se non c’è fede, quindi la nostra vita e anche la vita fraterna
possono essere vissute soltanto nella fede e nella comunione con Gesù Cristo. Viviamo
questa vigilia dell’Anno della fede con la volontà ferma di viverlo anche noi in comunione
con la Chiesa e secondo le indicazioni che il Santo Padre ci offre e anche come impegno
perché la nostra presenza, dovunque siamo, possa offrire il suo contributo piccolo
o grande perché questa esperienza meravigliosa della fede dei cristiani si accresca
sempre di più e si allarghi anche sempre di più: vale la vita accogliere questa sfida,
viverla e darne testimonianza. (bf)