Fmi: “Rischio" longevità. Vaciago: la nostra società ha bisogno di tutti
“Le condizioni nei mercati del lavoro dell'area dell'euro continuano a deteriorarsi''.
E’ l’analisi della Banca centrale europea che esorta i Governi a rafforzare i conti,
migliorare le competitività e varare riforme strutturali. Intanto si continua a discutere
delle stime del Fmi sull’allungamento della vita media che rischierebbe di scardinare
gli equilibri previdenziali degli Stati, tanto che molti hanno parlato di “rischio"
longevità. Il rapporto del Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità finanziaria
globale, sottolinea che se la vita media nel 2050 si allungherà di 3 anni in più di
quanto previsto oggi, il già ampio costo dell'invecchiamento della popolazione aumenterebbe
del 50%. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento dell’economista Giacomo
Vaciago docente all’Università Cattolica di Milano:
R. – Il termine
rischio è, sostanzialmente, un termine tecnico che usano gli assicuratori per indicare
il verificarsi di un evento che bisogna pagare. Dietro a questo, quindi, non c’è un
giudizio morale sul fatto che la longevità sia cattiva ed invece la non longevità
sia buona. Va assolutamente sottolineato, altrimenti non ci mettiamo in una posizione
costruttiva per risolvere il problema.
D. - Alcuni analisti ribadiscono che
una delle soluzioni per risolvere i problemi di previdenza potrebbe essere quella
di far lavorare di più le persone. Ma questo non porta anche ad un blocco per quanto
riguarda il sistema-lavoro, cioè poco ingresso per i giovani?
R. - In tempi
brevi sicuramente sì. Se facciamo lavorare di più le persone in un momento in cui
c’è crisi, impediamo ai giovani di entrare perché i posti di lavoro richiesti sono
limitati. Appena superata la crisi, però, il discorso deve essere posto in questi
termini. Andiamo verso un sovra-indebitamento mondiale con conseguenze di estendere
la crisi attuale, che riguarda i soli Paesi ricchi, a tutto il resto del mondo. Una
vera soluzione potrebbe essere quella di guardare all’interno delle attività delle
persone che vanno in pensione. Fino ad ora abbiamo largamente concepito il pensionamento
come l’opposto del lavoro: fino ad un certo giorno lavoro a tempo pieno e poi, dal
giorno successivo, non lavoro più. La soluzione, probabilmente, sta nel trovare dei
pensionamenti graduali, per cui si comincia a lavorare un po’ meno e si estende quest’attività
di uscita dal mondo del lavoro su un arco di molti anni e, magari, si sostituisce
un lavoro di un certo tipo con lavori di altro genere, più adatti agli anziani, e
forse tali da risparmiare spese pubbliche da qualche altra parte.
D. - Quando
si parla di "rischio" longevità, quindi, in realtà non si vuole dire che le persone
ormai grandi non valgono più nulla ma, al contrario, che i sistemi devono far fronte
a nuove necessità…
R. - Sì. Direi che va ripensato tutto il ruolo dell’anziano.
La nostra società ha bisogno di tutti e tutti vengono chiamati, nei limiti delle loro
possibilità, a dare dei contributi. Come sono questi contributi, lavorativi totali,
lavorativi parziali, lavorativi lentamente decrescenti nel tempo, magari volontariato
di vario genere che evita spese pubbliche, sono tutte cose sulle quali il dibattito
è largamente mancato e bisogna veramente iniziarlo.
D. - Un altro punto che
viene sottolineato è che non ci sono più investimenti sicuri…
R. - In realtà,
investimenti sicuri non ci sono mai stati. Penso che tutti i Paesi ricchi, quelli
che si trovano alle spalle, più storia finanziaria hanno - in un qualche momento della
loro storia - disconosciuto una parte dei loro debiti. L’esistenza di un investimento
perfetto, sul quale essere sicuri al 100 per cento, è un mito che abbiamo creato noi.
D.
- Guardando l’area-Euro, la Banca Centrale Europea ribadisce un peggioramento, nel
breve termine, delle condizioni del lavoro. L’occupazione continua ad avere segno
negativo ed aumenta il tasso di disoccupazione…
R. - E’ una fotografia problematica,
in cui i governi e le banche centrali hanno la loro parte di responsabilità perché,
in maniera straordinariamente miope, hanno guardato alle difficoltà delle situazioni
economiche dei vari Paesi soltanto in termini di tagli alla spesa pubblica, senza
rendersi conto - cosa che è ben facile da capire - che se si taglia la spesa pubblica,
si hanno anche dei riflessi sulla domanda. Se spendo meno c’è gente che incassa meno,
e quindi spenderà a sua volta meno.
D. - Si continua a dire che servirebbe
una Banca Centrale diversa, con più poteri: un’effettiva Banca Europea…
R.
- I tedeschi non la vogliono ed hanno posto come clausola, che è assolutamente attiva
nei confronti della Banca Europea, che questa non può prestare ai governi, per evitare
che chi è indebitato continui a farlo ulteriormente. Il che va anche bene, però nella
situazione attuale è un limite gravissimo perché impedisce un vero e proprio risanamento
delle finanze pubbliche e quindi abbiamo dei Paesi che scivolano, più o meno lentamente,
verso una pericolosa recessione. (vv)