Siria, Kofi Annan: la violenza deve cessare senza precondizioni
In Siria, nel giorno in cui Damasco annuncia il ritiro delle proprie truppe da alcune
province come stabilito dal piano dell’Onu, si registrano nuovi scontri: secondo fonti
tra gli attivisti, sono almeno 52 le vittime. Intanto, a margine di una visita nei
campi profughi siriani in Turchia, l’inviato speciale di Onu e Lega araba, Kofi Annan,
ha di nuovo chiesto al governo siriano e alle altre parti in causa di cessare ogni
violenza. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Le violenze
– ricorda Kofi Annan - devono cessare “senza precondizioni” entro le 6 del mattino
di giovedì. Deve essere anche garantito il libero accesso delle organizzazioni umanitarie
e attuato il trasferimento di alcuni poteri del presidente Bashar al-Assad al suo
vice. Ma dalla Siria arrivano segnali discordanti. Onu e Russia confermano che l’esercito
siriano ha iniziato il ritiro da alcune zone del Paese. Forze governative – secondo
quanto riferito anche da Kofi Annan - si sono però dispiegate in alcune province dove,
in precedenza, non c’era stata alcuna massiccia presenza militare. E le conseguenze
sul terreno sono drammatiche: anche oggi – rendono noto fonti tra gli attivisti -
sono decine le vittime, tra cui civili, soldati e disertori. Il regime di Damasco
– osservano gli ambasciatori di Francia e Germania - non sta rispettando le promesse.
Ma è comunque troppo presto – sottolinea Kofi Annan - per dire che il piano di pace
sia fallito. Il governo e tutte le parti coinvolte – conclude l’inviato speciale di
Onu e Lega araba - devono mostrare segni concreti di cambiamento nelle prossime 48
ore, quando entrerà in vigore il punto centrale dell'accordo, il completo cessate
il fuoco.
Le operazioni militari dell’esercito di Assad hanno colpito anche
un campo profughi oltre confine. Ankara accusa Damasco di aver violato il territorio
turco, mentre la Siria punta il dito sulla Turchia, accusandola di sostenere l’opposizione.
Sulla situazione, Giancarlo La Vella ha sentito Giorgio Bernardelli,
esperto di Medio Oriente:
R. – Purtroppo,
i molti dubbi che già esistevano sul piano proposto da Kofi Annan si sono confermati.
E’ una situazione che permane in tutta la sua gravità e in quello che è uno scenario
sempre più chiaramente da guerra civile.
D. – A proposito dei bombardamenti
sui campi profughi in territorio turco, ci sono due aspetti da evidenziare: una lesione
palese dei diritti umani e un forte rischio per la pace internazionale. Questo potrebbe
causare un intervento internazionale umanitario?
R. – In questo momento credo
di no, anche se certamente siamo in presenza di un fatto molto grave, che va comunque
letto all’interno di questa crisi, che non è una crisi solo interna alla Siria. Oggi,
in realtà la Siria è un terreno su cui si giocano gli equilibri del Medio Oriente
di domani. Quindi, anche una potenza oggi emergente a livello regionale, come la Turchia,
è fortemente impegnata per cercare di offrire un sostegno a quella che è oggi l’opposizione
a Bashar al Assad. I colpi di artiglieria di ieri si leggono, quindi, come un tentativo
di intimidire il governo di Erdogan, che in questi mesi ha sostenuto con forza tutti
i tentativi di riorganizzazione interna dell’opposizione siriana, ospitando anche
parecchie conferenze.
D. – Si sa poco sulla reale entità della crisi umanitaria
che questo conflitto siriano sta provocando...
D. – Beh, i numeri che cominciano
a filtrare sono molto preoccupanti. In Turchia si parla di circa 25 mila profughi;
ma ancora più drammatica è la situazione in Giordania: lì ci sono voci che parlano
addirittura di 100 mila rifugiati che hanno già varcato il confine; un altro fronte
è quello del Libano, dove l’ordine di grandezza è certamente superiore alle 20 mila
unità. Sono numeri imponenti, in una regione che già in anni recenti ha visto l’esodo
dei profughi iracheni. E’ una situazione umanitaria davvero gravissima.
D.
– Se dovesse tramontare il piano di pace di Kofi Annan, in che cosa si potrebbe ancora
sperare per risolvere la crisi siriana?
R. – La speranza è che questo piano
venga comunque rilanciato. Questo tentativo di Kofi Annan è l’unica strada oggi possibile,
percorribile per una soluzione. Il problema vero è dare più forza a questo tentativo.
E’ un tentativo su cui si è pronunciato il Consiglio di Sicurezza, ma con un sostegno
ancora troppo debole, soprattutto da parte di Russia e Cina, che sono le due potenze
che in Consiglio di Sicurezza continuano ad appoggiare la presidenza di Bashar al
Assad. Finché non ci sarà una possibilità di incidere con una mediazione che sia davvero
più efficace, è difficile che questa situazione si sblocchi, tenendo però presente
che gli interessi sul campo sono tanti: ci sono anche forze che oggi, in Medio Oriente,
puntano proprio sulla guerra civile in Siria per destabilizzare l’intera regione e,
soprattutto, per assestare un colpo all’Iran, che oggi vive in una situazione di relativa
debolezza a livello regionale. Non è un mistero per nessuno che le forze dell’opposizione
siriana abbiano ingenti finanziamenti e anche armi dall’Arabia Saudita, che vuole
regolare i conti con Teheran, attraverso la situazione siriana. E’ una situazione
molto complessa, molto intricata, che ha bisogno appunto di una comunità internazionale
che faccia sentire la sua voce in maniera molto più forte e univoca rispetto a questo
intervento, pure autorevole, di un personaggio come Kofi Annan, ma che da solo non
può certo risolvere una realtà così complicata. (ap)