Domani elezioni legislative in Corea del Sud, per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale.
Si tratta di un voto di particolare importanza in vista dell’elezione del nuovo presidente
a dicembre prossimo. Il tutto mentre il mondo fa i conti con la nuova leadership della
Corea del Nord di Kim Jong-un succeduto 4 mesi fa al padre. Pyongyang proprio in questi
giorni ha intimato a Seoul di non interferire con i propri piani strategici, in particolare
nella presentazione e lancio di satelliti sospettati di coprire la sperimentazione
di missili. Oggi dopo che la Russia ha definito la preparazione del lancio una provocazione
alle posizioni dell'Onu, la Cina chiede di evitare tensioni nell'area. Ma per capire
quanto i rapporti con il Nord abbiano pesato nella campagna elettorale in Corea del
Sud, Fausta Speranza ha intervistato Geri Morellini, giornalista, autore
del volume Dossier Corea:
R. – I rapporti
con la Corea del Nord certamente sono stati argomento fondamentale, probabilmente
determinante, in campagna elettorale per decidere gli esiti delle elezioni legislative
e lo saranno per quelle presidenziali. Sono state un elemento decisivo per l’elezione
dell’attuale presidente del Grand National Party, che è il partito di centrodestra,
il presidente Lee Myung-bak, il quale è stato eletto anche perché ha forzato più i
toni e la mano con la Corea del Nord, dopo dieci anni di cosiddetta “sunshine policy”,
la politica riconciliatoria attuata negli anni precedenti dalla Corea del Sud verso
il Nord e che non ha portato nessun risultato. Di nuovo, adesso, si sono riaperte
possibilità di dialogo, anche se molto timido, e sono ripresi i colloqui a sei con
gli Stati Uniti, il Giappone, le due Coree, la Russia e la Cina, e soprattutto la
cosa più importante è che pochi giorni fa, alla fine di marzo, è stato ripreso il
programma di aiuti alimentari da parte degli Stati Uniti verso la Corea del Nord,
programma alimentare che era stato sospeso nel 2009. Questo, chiaramente, in cambio
di una moratoria sia sul nucleare, e quindi sugli esperimenti nucleari, sull’arricchimento
dell’uranio, nonché dello sviluppo dei missili balistici da parte della Corea del
Nord.
D. – In questo momento in cui è crisi globale, in Corea del Sud di economia
si parla?
R. – Di economia si parla, eccome! L’obiettivo principale del presidente
era di portare la Corea del Sud a diventare il settimo Paese più industrializzato
del mondo e a dargli il 7 per cento di crescita annuale. Non ci è riuscito e questo
mette in dubbio la sua rielezione. Anche la diffusione della corruzione che c’è stata
negli ultimi tempi rende sia il partito al governo sia il principale di opposizione
piuttosto deboli.
D. – La Corea del Sud è stata il simbolo, con le tecnologie
più avanzate, l’high tech, dello sviluppo di questi anni. A questo punto, come tira
le somme?
R. – L’economia adesso è tutta concentrata sul mercato asiatico,
così come la politica. Certamente, ha un livello di eccellenza; anche la crisi del
Giappone in qualche modo sta favorendo il progresso dell’economia sudcoreana, che
da questo presidente è stata tutta incentrata sulla grande industria: infatti, lui
era l’amministratore delegato della Hyundai e ha favorito tutta la grande industria
sia tecnologica sia delle automobili. Proprio questo, però, ha fatto sì che fosse
tacciato di essere un lobbista, più attento agli interessi corporativi della grande
industria che non allo sviluppo reale dell’economia nazionale e quindi anche della
piccola industria.
D. – Comunque, in ogni caso, la piccola Corea del Sud tiene
testa alla grandissima Cina in Asia, sul piano economico?
R. – Tiene testa!
E’ ancora dietro sia alla Cina sia al Giappone per quanto riguarda il reddito pro
capite e il pil, naturalmente per le dimensioni del Paese. Però, è probabile un sorpasso
sul Giappone entro pochi anni. Devo dire che la capacità dei coreani di lavorare e
di investire nelle tecnologie e nella ricerca è straordinaria, per cui certamente
sarà un protagonista centrale dell’economia del prossimi anni. (gf)