Benedizione "Urbi et Orbi". Il Papa: Cristo risorto spezza gli intrecci del male.
Pace per Medio Oriente e Africa
Con la sua Risurrezione, Gesù ha attraversato l’“intreccio mortale” di violenza, menzogna
e invidia che esistono nel mondo per salvare l’uomo e donargli una nuova “speranza”.
Lo ha affermato ieri Benedetto XVI in un passaggio del suo Messaggio Urbi et Orbi
di Pasqua, pronunciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro e concluso
con il consueto saluto di Pasqua in 65 lingue. In precedenza, il Pontefice aveva presieduto
la Messa pasquale presieduta sul sagrato della Basilica davanti a circa 80 mila persone.
La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:
Gli angoli bui
di un mondo e di un’epoca che, specie dal Medio Oriente all’Africa, festeggia la Pasqua
contando le violenze e morti in dozzine di conflitti regionali vengono squarciati
ancora oggi dalla luce di un’esclamazione di un’altra, straordinaria Pasqua: “Ho visto
il Signore!”. Maria Maddalena annuncia “con il cuore in gola” agli Apostoli una Risurrezione
tanto più meravigliosa quanto tragica e “insopportabile” era stata l’ora che l’aveva
preceduta, quella che aveva visto “la Bontà in persona sottoposta alla cattiveria
umana, la Verità derisa dalla menzogna, la Misericordia ingiuriata dalla vendetta”.
Benedetto XVI apre con questa immagine e queste considerazioni il suo Messaggio pasquale
Urbi et Orbi, ribadendo che chi incontra Cristo ha la vita divisa in un prima
e un dopo:
“E’ un incontro che cambia la vita: l’incontro con un Uomo unico,
che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male non
in modo superficiale, momentaneo, ma ce ne libera radicalmente, ci guarisce del tutto
e ci restituisce la nostra dignità”.
In fondo, non sono solo questioni
politiche, o gli odi razziali, o le mire economiche a creare quelle paludi nelle quali
pace e stabilità finiscono per affogare a tutto vantaggio di chi fomenta il loro opposto.
Il problema nasce dal cuore dell’uomo e Benedetto XVI lo dice chiaramente:
“La
speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è
soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate
dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso
questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita”.
Come
da tradizione, Benedetto XVI parla dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro,
al termine della Messa presieduta in precedenza sul sagrato. In circa ottantamila
lo ascoltano dalla Piazza, ornata con la consueta maestria dai fioristi olandesi che
quest’anno hanno creato nei pressi dell’altare un gioco di semicurve giallo-verdi,
quasi a ottenere, con la grazia dei 42 mila fiori e piante utilizzati, un effetto
di onde. Onde come quelle che portano lontano la voce del Pontefice fino a quelle
terre, come il Medio Oriente dove – è il suo auspicio – “tutte le componenti etniche,
culturali e religiose” della regione si impegnino a collaborare “per il bene comune
ed il rispetto dei diritti umani”:
“In Siria, in particolare, cessi lo spargimento
di sangue e si intraprenda senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della
riconciliazione, come è auspicato pure dalla comunità internazionale. I numerosi profughi,
provenienti da quel Paese e bisognosi di assistenza umanitaria, trovino l’accoglienza
e la solidarietà che possano alleviare le loro penose sofferenze”.
Benedetto
XVI ha parole di sostegno anche per il popolo iracheno, che ha necessità di “stabilità
e sviluppo”, e per israeliani e palestinesi perché, è la speranza, “riprendano con
coraggio il processo di pace”. Poi lo sguardo si sposta all’Africa. La solidarietà
del Papa va alle comunità cristiane del continente per poi estendersi alle popolazioni
sofferenti del Corno d’Africa e dei Grandi Laghi, giù fino a lambire le tensioni tra
Sudan e Sud Sudan, perché Gesù risorto doni “ai rispettivi abitanti la forza del perdono”:
“Al
Mali, che attraversa un delicato momento politico, Cristo Glorioso conceda pace e
stabilità. Alla Nigeria, che in questi ultimi tempi è stata teatro di sanguinosi attacchi
terroristici, la gioia pasquale infonda le energie necessarie per riprendere a costruire
una società pacifica e rispettosa della libertà religiosa dei suoi cittadini”.
E
sulle “onde” dei fiori si diffondono gli attesi auguri finali di Pasqua di Benedetto
XVI, pronunciati in 65 lingue e ritmati da scrosci di applausi. Dozzine si sfumature
linguistiche per un invito identico per chiunque lo voglia ascoltare:
“Custodite
nel cuore l’irradiazione di pace e di gioia proveniente dalla Risurrezione di Cristo
che dà forza e significato ad ogni attesa ed ogni progetto di bene. Buona Pasqua a
tutti!”.
Decine di migliaia, dunque, i fedeli di molte nazionalità accorsi
questa mattina a San Pietro per partecipare alla Messa pasquale e ricevere la Benedizione
Urbi et Orbi di Benedetto XVI. Al termine della celebrazione, Michele Raviart,
ha ascoltato la loro testimonianza in questa giornata di festa, ricordando l’appello
rivolto dal Papa alle famiglie durante il Venerdì Santo:
“Abbiamo sentito
il bisogno di venire a sentire la messa qui, come è giusto che faccia un buon cristiano,
perché la nostra fede comunque si basa sulla Passione, morte e Risurrezione di Cristo
e quindi è stato doveroso. E’ una bella emozione essere qui. La speranza ce la può
dare solo Cristo. Noi, come famiglia, possiamo metterci alla sua sequela, cercando
di imitarlo in tutti i modi”.
“Le difficoltà della famiglia sono evidenti.
Se si crede nella famiglia queste difficoltà si superano. La fede aiuta a superare
tutto, se uno ci crede veramente”.
“Noi veniamo qui perché da genitori cerchiamo
di trasmettere al nostra religione, la nostra fede, la nostra morale, alle nostre
bambine. Assieme a mia moglie, cerchiamo di portare avanti tutti i giorni, quotidianamente,
la nostra famiglia. E’ il nucleo, è da dove parte tutto e da dove si può risolvere
tutto: io assolutamente credo nelle parole del Papa.
“Io dico che la famiglia
è in crisi ed è in crisi proprio perché si è persa la fede. Bisogna ripartire dalla
famiglia. Questo è il mio pensiero”.
“La fede ci aiuta a poter comprendere
quelle cose che a volte sono talmente così al di sopra delle nostre capacità che almeno
abbiamo la forza per superare quegli ostacoli. Anche quando non vediamo o non capiamo,
la fede è quella spinta che ci permette di poter raggiungere certi obiettivi, anche
se poi non li comprendiamo al momento”.
“Questa è una giornata bellissima,
stupenda! Il Signore è risorto e noi risorgeremo con Lui”.
“E’ un momento difficile
per tante ragioni e quindi se uno ha la possibilità di aggrapparsi anche alla fede,
questo è un aiuto di speranza in più per un cambiamento. Forse, è un momento dove
ci si ritrova più nei valori veri. Parte tutto dai valori della famiglia, che è la
base della società. D’altronde, una solida famiglia sarà una solida società del domani.
La fede è speranza, è una simbiosi: non si può non sperare se non si ha fede”.
“Io
credo in Dio, nel Signore, nella Risurrezione. Io già che vedo il Papa sono felicissima.
Per me la fede è bella!”
“Dentro ognuno di noi c’è Cristo, non è solo qualcosa
che è stato 2000 anni fa, ma è presente sempre. Credere in Cristo cambia la vita.
Un anno e mezzo fa l’ho incontrato e quando dice una vita migliore, una vita felice,
una vita serena, quando credi nel suo messaggio, quando credi in quello che Lui ha
insegnato, facendo il suo cammino, allora capisci che, sì, è vero.”