Pakistan: ancora lunga la strada per tutelare le donne dalla violenza
“Il Pakistan è uno dei Paesi più pericolosi al mondo per le donne, che molto spesso
non hanno alcuna voce. Solo pochissime di quelle che riescono a studiare possono affrontare
gli altri, ma fino ad un certo punto”. Sono parole di padre Mushtaq Anjum, camilliano,
che all’agenzia Fides racconta le violenze cui quotidianamente sono sottoposte le
donne pakistane. Percosse, minacce, stupri, sfregi inferti con l’acido, torture e
ancora morti brutali, di cui il rogo è una di quelle più plateali: violenze domestiche
non considerate quali crimini ma piuttosto come “affari privati di famiglia”. E qualsiasi
tipo di aggressione fisica contro le donne non viene perseguito se compiuto da membri
della famiglia di sesso maschile. In Pakistan, si registra una media di quattro casi
locali di donne bruciate vive, ogni settimana, e 3 su 4 muoiono. “Le donne e il loro
‘onore’ (izzat) sono spesso considerate proprietà personale dell’uomo”, racconta ancora
padre Mushtaq Anjum. Secondo i dati dell’Human rights commission of Pakistan (Hrcp),
nel 2009 sono state uccise 647 donne “in nome dell’onore”, contro le 574 del 2008.
Simbolo della lotta per i diritti della donna nel Paese è diventata Mukhtar Mai: ella
ruppe il silenzio divenendo così l’icona per molte donne che ancora oggi vengono stuprate.
“Il Paese ha bisogno di misure di sicurezza molto severe in grado di tutelare le donne
da ogni tipo di violenza commessa contro di loro”, aggiunge padre Mushtaq, ricordando
il caso di Hamida Bibi, sospettata del “reato” di essersi innamorata, per questo pubblicamente
umiliata come fosse una prostituta e poi arsa viva dal padre. (G.M.)