Sarajevo commemora in questi giorni il ventennale dell’assedio portato alla città
dai serbo-bosniaci a partire dal 6 aprile 1992. Nella capitale bosniaca si stanno
susseguendo le iniziative per ricordare le oltre 11mila vittime del conflitto. Emanuela
Campanile ha intervistato Andrea Rossini, giornalista di Osservatorio Balcani
e Caucaso:
R. – Tra il
4 e il 6 aprile del ’92, Sarajevo è stata invasa da una serie di manifestazioni per
la pace. Il clima, ovviamente, era già difficile a livello regionale: c’erano già
stati scontri in Croazia, la gente temeva l’inizio della guerra e manifestava in massa
per la pace. Queste manifestazioni sono state attaccate dai cecchini; le prime vittime
che sono ricordate sono Suada Dilberovic e Olga Sucic, uccisi mentre manifestavano
per la pace, di fronte al Parlamento bosniaco. Così è iniziato questo lungo assedio.
Uno degli eventi forse più significativi di questa settimana di “ricordo” che la città
dedica, appunto, alla memoria dell’assedio è un concerto sulla via principale di Sarajevo,
che è la Via Maresciallo Tito: un concerto per 11.500 sedie vuote, perché tante furono
le vittime di quell’assedio. E così la città intende ricordare la loro memoria.
D.
– Sarajevo e la Bosnia commemorano. E l’Europa, invece?
R. – L’Europa, direi
che è attivamente impegnata nel favorire e nel sostenere il percorso di integrazione
del Paese. La Bosnia ed Erzegovina, purtroppo, è uno degli ultimi Stati della regione
nel percorso di integrazione europea. La Bosnia ha firmato un accordo di associazione
e stabilizzazione con Bruxelles nel 2008, ma non ha ancora presentato la propria candidatura,
perché il clima politico del Paese è ancora segnato dalla divisione e dalla incapacità,
direi, di rispondere alle aspettative dell’Unione Europea nel percorso di reintegrazione.
D. – Cosa è diventata oggi la Bosnia?
R. – La Bosnia è un Paese fondamentalmente
diviso, perché quello che la guerra ha prodotto, si sente ancora oggi: una divisione
tra due entità – la Repubblica Serba di Bosnia Eregovina e la Federazione croato-musulmana
– con un governo centrale che però è ancora debole, non ha ancora la forza – ad esempio
– per portare avanti con decisione il percorso di integrazione europea che rappresenterebbe
la svolta, per questo Paese.
D. – Ci sono progetti per ricostruire la bellissima
Biblioteca che è un po’ il simbolo di Sarajevo, ma soprattutto di questa guerra, perché
è stata una delle prime costruzioni ad essere completamente rasa al suolo …
R.
– La distruzione della Biblioteca è stato uno degli eventi più terribili per la città.
La Biblioteca è stata fatta oggetto di bombe incendiarie da parte degli assedianti
serbo-bosniaci, e purtroppo la ricostruzione della Biblioteca non è stata ancora completata;
da un certo punto di vista, non è stata nemmeno ancora avviata con una certa decisione,
per problemi di mancanza di risorse – prevalentemente. Ultimamente, c’è stata anche
una polemica rispetto alla destinazione di questo bellissimo edificio di epoca austro-ungarica:
nel senso che alcuni vorrebbero che diventasse la sede del comune, mentre altri preferirebbero
che tornasse ad essere – appunto – la Biblioteca. Diverse associazioni hanno anche
avviato una raccolta di libri, a livello internazionale, per cercare di ricostruire
il patrimonio che è stato bruciato durante la guerra: il patrimonio della Biblioteca
di Sarajevo. (gf)