Obbedienza, presupposto per il vero rinnovamento. Commento alle parole del Papa alla
Messa Crismale
Numerosi i commenti alle parole pronunciate dal Papa durante l’omelia nella Messa
Crismale. Benedetto XVI ha ricordato che l’obbedienza è il presupposto per ogni vero
rinnovamento della Chiesa. Quindi ha esortato i sacerdoti a conformarsi a Cristo,
a non annunciare se stessi o teorie e opinioni private, perché non appartengono più
a sé stessi, ma sono stati consacrati, cioè consegnati per sempre a Dio, affinché,
a partire da Dio e in vista di Lui, possano servire gli uomini. Ma quanto è urgente
questo invito del Papa ai sacerdoti? Fabio Colagrande lo ha chiesto a don
Mauro Cozzoli, teologo morale, docente alla Pontificia Università Lateranense:
R. – Io lo credo
urgente ed opportuno. In queste parole del Papa così sostenute, e al tempo stesso
volute, in presenza di quello che potremmo chiamare il rischio di una secolarizzazione
del clero, si evince il timore che i sacerdoti cedano ad una forma di autoreferenzialità.
E di qui, allora, la proposta positiva: il sacerdote deve conformarsi a Cristo, e
precisa: Cristo, il quale non domina ma serve, non prende ma dà. Ecco, il Papa invita
ad un superamento di noi stessi come sacerdoti. Che io non rivendichi – egli dice
– la mia vita per me stesso, ma la metta a disposizione di un Altro, di Cristo. Quindi,
imparare in questa conformazione a Cristo il donarsi di Cristo, in contrasto con ogni
forma di autoreferenzialità.
D. – In questo contesto il Papa, prendendo spunto
da un appello alla disobbedienza pubblicato da un gruppo di sacerdoti di un Paese
europeo, ha inserito una riflessione proprio sulla disobbedienza, che non può essere
la via per rinnovare la Chiesa …
R. – Questi sacerdoti si pongono, nel loro
modo di dire, come un contro-magistero; stanno assumendo posizioni non di dialogo
ma, appunto, di contrasto con il magistero della Chiesa. Predicano la disobbedienza:
ma questa non è la via del Vangelo, la via insegnata da Gesù. Il sacerdote dev’essere
maestro e testimone di questa obbedienza per l’autentico rinnovamento della Chiesa.
D.
– Qualcuno vede in questo opporsi alla disobbedienza – lo stesso Pontefice lo ricordava
– i rischi di una difesa dell’immobilismo, di un irrigidimento della Tradizione. Come
rispondere a queste obiezioni?
R. – Il Papa difende la Tradizione, non come
una dottrina e una prassi immobile della Chiesa; non come qualcosa di rigido e perciò
di morto. Ma lui dice – e lo ripete continuamente: la Tradizione va vissuta come rinnovamento
nella continuità. Ecco: questo rinnovamento nella continuità, questo è l’autentico
atteggiamento che noi sacerdoti e ogni membro della Chiesa dobbiamo avere nei confronti
della Tradizione. La Tradizione non è qualcosa di rigido, per cui va rinnovata; però,
non va – in questo rinnovamento – dimenticata, abbandonata: va ritrovata la sua continuità
nell’oggi della Chiesa. Questa è la grande sapienza con cui la Chiesa da duemila anni
porta avanti la sua Tradizione, ma in maniera sempre viva e attuale nell’oggi della
Chiesa e della società. (gf)