2012-04-06 13:58:07

Il Connecticut verso il no alla pena di morte. S. Egidio: segno di un nuovo clima culturale


“Un nuovo clima culturale che fa ben sperare per una giustizia sempre capace di rispettare la vita”: così la Comunità di Sant’Egidio ha commentato il voto favorevole all’abolizione della pena di morte espresso ieri dal Senato del Connecticut, negli Stati Uniti. Intanto però il Pentagono ha deciso di accusare formalmente i 5 terroristi che hanno preso parte all’attentato dell’11 settembre e tutto lascia pensare che subiranno la pena capitale. Per un commento Cecilia Seppia ha sentito Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:RealAudioMP3

R. - Direi che conferma un cambiamento importante negli Stati Uniti già in atto dal 2007, ci avviamo infatti ad avere il quinto Stato che abolisce la pena di morte dopo un ventennio di stasi. In questo caso, cosa abbastanza insolita, il governatore ha fatto sapere che se la Camera dei Rappresentanti, in un secondo passo approverà l’abolizione, lui firmerà la nuova legge. Sappiamo che i governatori invece hanno un potere di veto. Quindi, io credo sia molto probabile che ci avviamo verso un nuovo Stato che abolisce la pena di morte.

D. - Negli ultimi cinque anni il Connecticut è stato il quinto Paese americano a dire basta alla pena di morte. Ci sono speranze anche per il Kansas e per il Kentucky?

R. - C’è Kansas, Kentucky, New Hampshire.. C’è un movimento in vari Stati: c’è l’Oregon che ha avuto una commutazione di tutte le sentenze. Vediamo che anche in Texas si riducono le condanne, perché c’è una maggiore attenzione al problema legale, perché c’è una maggiore pressione culturale. A questo si agigunge il lavoro internazionale, quello che abbiamo fatto noi come Comunità di Sant’Egidio o “Nessuno tocchi Caino”, che ha creato difficoltà nell’approvvigionamento dei materiali necessari per l’iniezione letale. Ad esempio ha incrementato i costi della stessa nel Texas, e ha reso difficile l’esecuzione in altri Stati.

D. - Tuttavia, gli occhi ora sono puntati sulla California. Il “Golden State”, con quasi 40 milioni di abitanti, dove c’era stata una moratoria di quattro anni fino al 2010. Proprio a novembre, gli elettori verranno chiamati a pronunciarsi in merito a questo. Tra l’altro, è una data che cade in coincidenza delle elezioni presidenziali statunitensi, quindi anche un banco di prova importante.

R. - Credo, non ne sono certo, che la California voterà a maggioranza per l’abolizione della pena di morte. La California è uno Stato paradossale: ha il più grande braccio della morte del mondo, 700 persone, che in pratica registra meno di un’esecuzione all’anno. Quindi, praticamente la quasi totalità dei condannati a morte, non verrà mai giustiziata, ma trascorrerà trent’anni nel braccio della morte. Questo ha creato un paradosso per cui,la Corte suprema californiana è bloccata, per un terzo del tempo e del lavoro, dai ricorsi di pena di morte, il sistema è alla bancarotta dal punto di vista finanziario, e si dà una punizione impossibile ma comunque crudele. Allora, io credo, che con queste motivazioni e soprattutto con quella economica, la California abolirà la pena di morte.

D. - Da una parte la buona notizia del Connecticut, dall’altra proprio ieri il Pentagono, ha deciso di accusare formalmente i cinque terroristi che hanno preso parte all’attentato dell’ 11 Settembre. Sono tutti rinchiusi a Guantanamo, andranno di fronte ad una commissione militare, e tutto lascia pensare che subiranno la pena capitale…

R. - Mi auguro di no perché questo, tra l’altro, rimane nella stessa cultura di morte in cui è maturato l’attentato dell’11 settembre. Poi per i reati federali, negli Stati Uniti, noi assistiamo ad una moratoria di fatto. Qui abbiamo il codice militare. Io mi auguro che qualcosa possa accadere per fermare tutto ciò.

D. - Tu hai parlato di un nuovo clima culturale che fa ben sperare per una giustizia sempre capace di rispettare la vita. Sicuramente un cambiamento è in atto..

R. - Io credo che c’è un cambiamento reale a livello planetario, come mostra da ormai venti anni, il numero sempre minore di Stati che utilizzano la pena di morte. Dall’altra vediamo dei grandi cambiamenti anche in Cina. Ci sono riduzioni nel numero delle condanne a morte legate al fatto che le Corti marginali sono state private del diritto di dare la pena di morte perché, in realtà, questo creava estremi casi di abuso. Negli Stati Uniti, io direi che come nel resto del mondo, c’è anche un cambiamento culturale legato al ruolo che la Chiesa cattolica ha nel campo educativo. Io penso, anche quest’anno, Papa Benedetto XVI ricevendo in Vaticano la delegazione dei ministri della Giustizia per la Conferenza Internazionale promossa dalla Comunità di Sant’Egidio sulla pena di morte, ha avuto parole molto nette sul fatto che bisogna superarla. Si è complimentato per i discorsi che si stanno facendo per abolire la pena di morte. Negli Stati Uniti c’è un problema materiale: l’aumento di casi di innocenti che esplode, che emerge, e poi il fattore economico: si è creato un forte dibattito in un Paese in difficoltà economiche sulla bancarotta finanziaria della giustizia legata al costo inutile della pena capitale. Non sarà una grande motivazione, non sarà molto morale, sarà molto pragmatica, ma è quello che sta accadendo. (bi)







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