Celebrazione della Passione. Padre Cantalamessa: davanti alla Croce un cristiano non
può essere neutrale
“Solo il dolore dei bambini innocenti somiglia a quello di Dio e per questo è così
misterioso e sacro”. E’ un passaggio dell’omelia di padre Raniero Cantalamessa, predicatore
della Casa Pontificia, in occasione della celebrazione della Passione del Signore,
presieduta ieri pomeriggio dal Papa nella Basilica Vaticana. Il servizio di Benedetta
Capelli:
Ai piedi della
Croce di Cristo, che ha scelto come trono due assi di legno, l’omelia di padre Cantalamessa
si snoda partendo dal versetto dell’Apocalisse: “Io ero morto, ma ora vivo per sempre”.
“Egli sulla Croce – dice – ha sconfitto l’antico avversario”. L’intero mistero della
redenzione può racchiudersi nell’immagine di un’epica lotta in uno stadio. Dagli spalti
si assiste al combattimento e si palpita per il valoroso, la sua vittoria è la tua
vittoria:
“E poiché siamo stati anche noi a vincere, imitiamo quello che
fanno i soldati in questi casi: con voci di gioia esaltiamo la vittoria, intoniamo
inni di lode al Signore. Non si potrebbe spiegare in modo migliore il senso della
liturgia che stiamo celebrando”.
Rappresentazione di una realtà del passato
o realtà stessa? Tutte e due le cose: rispondeva Sant’Agostino. “La liturgia – sottolinea
padre Cantalamessa – rinnova l’evento”, lo ri-presenta. Ma c’è un pericolo – lo stesso
delle pie donne che corsero al Sepolcro trovandolo vuoto – cercare “tra i morti colui
che è vivo”. “Non stiamo celebrando solo un anniversario – evidenzia il predicatore
– ma un mistero”:
“Questo cambia tutto. Non si tratta solo di assistere
a una rappresentazione, ma di ‘accoglierne’ il significato, di passare da spettatori
a attori. Sta a noi perciò scegliere quale parte vogliamo rappresentare nel dramma,
chi vogliamo essere: se Pietro, se Giuda, se Pilato, se la folla, se il Cireneo, se
Giovanni, se Maria… Nessuno può rimanere neutrale; non prendere posizione, è prenderne
una ben precisa: quella di Pilato che si lava le mani o della folla che da lontano
‘stava a guardare’”.
Accogliere il significato del mistero è possibile
solo con la fede.Passa dunque attraverso la grazia la capacità di accogliere.
Un passaggio che avviene “sacralmente” nel Battesimo ma che deve avvenire “consapevolmente”
di nuovo nella vita:
“Dobbiamo, prima di morire, avere il coraggio di fare
un colpo di audacia, quasi un colpo di mano: appropriarci della vittoria di Cristo.
L’appropriazione indebita! Una cosa comune purtroppo nella società in cui viviamo,
ma con Gesù essa non solo non è vietata, ma è sommamente raccomandata. ‘Indebita’
qui significa che non ci è dovuta, che non l’abbiamo meritata noi, ma ci è data gratuitamente”.
San
Bernardo si appropriava “con fiducia dal costato trafitto del Signore” perché pieno
di misericordia. “Non sono certamente povero di meriti – aggiungeva – finche Lui sarà
ricco di misericordia”. “Quello che non succede mai tra gli uomini tra di loro è quello
che può succedere ogni giorno tra gli uomini e Dio”, conclude così padre Cantalamessa
il racconto di una favola: un negozio nel centro di Roma che offre ai senzatetto una
doccia e un vestito che desiderano gratuitamente. Una favola che in Dio si può realizzare:
“Davanti a Lui, quei barboni siamo noi! È quello che avviene in una bella
confessione: deponi i tuoi stracci sporchi, i peccati, ricevi il bagno della misericordia
e ti alzi che sei – dice Isaia – ‘rivestito delle vesti della salvezza,
avvolto nel mantello della giustizia’”.
E’ il buon ladrone adincarnare
il senso di questa affermazione. Sulla Croce fa una completa confessione di peccato
e mostrandosi “eccellente teologo” – dice il predicatore – ricorda che Gesù è condannato
pur “non avendo fatto nulla di male”:
“Solo Dio infatti, se soffre, soffre
assolutamente da innocente; ogni altro essere che soffre deve dire: ‘Io soffro giustamente’,
perché, anche se non è responsabile dell’azione che gli viene imputata, non è mai
del tutto senza colpa. Solo il dolore dei bambini innocenti somiglia a quello di Dio
e per questo esso è così misterioso e così sacro”.
“Quanti delitti atroci
rimasti, negli ultimi tempi, senza colpevole, quanti casi irrisolti!”: evidenzia padre
Cantalamessa e proprio ai responsabili di questi crimini, il buon ladrone insegna
ad uscire allo scoperto, a confessare e a sperimentare la gioia delle parole di Gesù:
“Oggi sarai con me in paradiso!”:
“Quanti rei confessi possono confermare
che è stato così anche per loro: che sono passati dall’inferno al paradiso il giorno
che hanno avuto il coraggio di pentirsi e confessare la loro colpa. Ne ho conosciuto
qualcuno anch’io. Il paradiso promesso è la pace della coscienza, la possibilità di
guardarsi nello specchio o guardare i propri figli senza doversi disprezzare”.
Da
qui l’invito a esporsi, a non portare nella tomba i segreti e a riconoscere che nessuno
è spietato con chi riconosce il male fatto ma che è invece pronto ad accompagnarlo
in un cammino di redenzione. Dio perdona molte cose – conclude padre Cantalamessa
– per un atto di pentimento perché lo ha promesso: “Anche se i vostri peccati fossero
come scarlatto – scrive Isaia – diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero
rossi come porpora, diventeranno come la lana”.