Rwanda, 18 anni fa il genocidio. L'impegno della Chiesa per la riconciliazione
Il Rwanda ricorda il terribile genocidio di 18 anni fa. Il massacro iniziò il 6 aprile
1994: furono barbaramente trucidate oltre 800mila persone: erano uomini, donne, bambini,
in gran parte tutsi, ma tantissime sono state le vittime anche tra gli hutu, l'etnia
maggioritaria. Nel Paese, la situazione oggi appare più stabile, tuttavia resta grande
la povertà e a pagarne le conseguenze sono soprattutto i più piccoli. Ma qual è oggi
il rapporto tra le diverse etnie e quale il ruolo della Chiesa? Massimo Pittarello
lo ha chiesto a don Antoine Kambanda, rettore del Seminario Maggiore ruandese
di Nyakibanda:
R. – Le differenze
non sono tante dal punto di vista etnico. Le persone appartengono alla stessa cultura,
parlano la stessa lingua, vivono insieme sulle colline. Questo dimostra che la divisione
è un male e cercare di esasperare le divisioni è un peccato. La Chiesa, che tocca
le coscienze, che tocca il cuore, che sa interpretare questo peccato, riesce a raggiungere
la parte più intima delle persone per arrivare ad una riconciliazione profonda, non
una riconciliazione politica esteriore, ma una riconciliazione che tocca il cuore,
la coscienza, e per ritrovare la comunione e la fratellanza con Dio.
D. – Molte
persone hanno subìto violenza, molte altre ne hanno fatte. Chi compie una violenza,
quando si accorge del male commesso, è lui stesso a chiedere il perdono. La Chiesa
è riuscita in qualche modo ad anticipare la giustizia civile in Rwanda, anche lavorando
molto nelle carceri..
R. – Sì, per la giustizia ci vuole una preparazione del
cuore, una conversione, e questo ha fatto la Chiesa. Ma la giustizia non basta, dopo
la giustizia c’è bisogno anche della riconciliazione.
D. - Oggi il Rwanda,
la Regione dei Grandi Laghi, è un territorio pacifico? C’è una pace stabile? Quanto
è stato importante il ruolo della Chiesa nella pacificazione?
R. – C’è ancora
molto da fare però c’è speranza. In Rwanda adesso la situazione è abbastanza stabile
e calma ma non è ancora finito il cammino della riconciliazione. C’è ancora molto
da fare, però, vedendo quello che già è stato fatto, c’è speranza.
D. - La
comunità internazionale è stata troppo a guardare il genocidio del Rwanda senza fare
nulla...
R. – Durante il genocidio, la comunità internazionale non ha reagito
come avrebbe dovuto. Per esempio, le truppe dell’Onu hanno lasciato morire le persone.
D.
- Perché secondo lei la comunità internazionale non è intervenuta?
R. – E’
avvenuto tutto così rapidamente… E poi, spesso, mentre ancora si discute ... ci sono
tanti interessi e la violenza si diffonde. (bf)