Messa in Coena Domini. Il Papa: Gesù prende su di sé la marea sporca del mondo e ci
porta al Padre
Due omelie da leggere con grande attenzione dall’inizio alla fine: dopo quella della
Messa Crismale in mattinata, il Papa ha pronunciato nel pomeriggio un’altra intensa
omelia nella Messa in Coena Domini nella Basilica di San Giovanni in Laterano per
l’apertura del Triduo Pasquale. Benedetto XVI ha parlato della notte oscura vissuta
da Gesù sul Monte degli Ulivi. Gesù entra nella notte, simbolo della morte – afferma
il Papa - per superarla e inaugurare il nuovo giorno di Dio nella storia dell’umanità.
Gesù "vede la marea sporca di tutta la menzogna e di tutta l’infamia che gli viene
incontro in quel calice che deve bere. È lo sconvolgimento del totalmente Puro e Santo
di fronte all’intero profluvio del male di questo mondo, che si riversa su di Lui”;
“prende su di sé il peccato dell’umanità, tutti noi, e ci porta presso il Padre”.
In questo fare la volontà del Padre sta la vera libertà. “L’atteggiamento di Adamo
era stato: Non ciò che hai voluto tu, Dio; io stesso voglio essere dio. Questa superbia
è la vera essenza del peccato. Pensiamo di essere liberi e veramente noi stessi solo
se seguiamo esclusivamente la nostra volontà. Dio appare come il contrario della nostra
libertà”. Invece “quando l’uomo si mette contro Dio, si mette contro la propria verità
e pertanto non diventa libero, ma alienato da se stesso. Siamo liberi solo se siamo
nella nostra verità, se siamo uniti a Dio”. Nel corso della Liturgia, il Papa compie
il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti della diocesi di Roma. Al momento
della presentazione dei doni è affidata al Santo Padre un’offerta per l’assistenza
umanitaria ai profughi siriani. Ripercorriamo l’omelia:
La notte oscura
di Gesù sul Monte degli Ulivi “Il Giovedì Santo – spiega il Papa - non è solo
il giorno dell’istituzione della Santissima Eucaristia, il cui splendore certamente
s’irradia su tutto il resto e lo attira, per così dire, dentro di sé. Fa parte del
Giovedì Santo anche la notte oscura del Monte degli Ulivi, verso la quale Gesù esce
con i suoi discepoli; fa parte di esso la solitudine e l’essere abbandonato di Gesù,
che pregando va incontro al buio della morte; fanno parte di esso il tradimento di
Giuda e l’arresto di Gesù, come anche il rinnegamento di Pietro, l’accusa davanti
al Sinedrio e la consegna ai pagani, a Pilato. Cerchiamo in quest’ora di capire più
profondamente qualcosa di questi eventi, perché in essi si svolge il mistero della
nostra Redenzione”.
Gesù entra nella notte per inaugurare il nuovo giorno
di Dio nella storia dell’umanità “Gesù – prosegue il Papa - esce nella notte.
La notte significa mancanza di comunicazione, una situazione in cui non ci si vede
l’un l’altro. È un simbolo della non-comprensione, dell’oscuramento della verità.
È lo spazio in cui il male, che davanti alla luce deve nascondersi, può svilupparsi.
Gesù stesso è la luce e la verità, la comunicazione, la purezza e la bontà. Egli entra
nella notte. La notte, in ultima analisi, è simbolo della morte, della perdita definitiva
di comunione e di vita. Gesù entra nella notte per superarla e per inaugurare il nuovo
giorno di Dio nella storia dell’umanità”.
L’esodo di Gesù: dall’umiliazione
estrema alla vita nuova “Durante questo cammino – rileva Benedetto XVI - Egli
ha cantato con i suoi discepoli i Salmi della liberazione e della redenzione di Israele,
che rievocavano la prima Pasqua in Egitto, la notte della liberazione. Ora Egli va,
come è solito fare, per pregare da solo e per parlare come Figlio con il Padre. Ma,
diversamente dal solito, vuole sapere di avere vicino a sé tre discepoli: Pietro,
Giacomo e Giovanni. Sono i tre che avevano fatto esperienza della sua Trasfigurazione
– il trasparire luminoso della gloria di Dio attraverso la sua figura umana – e che
Lo avevano visto al centro tra la Legge e i Profeti, tra Mosè ed Elia. Avevano sentito
come Egli parlava con entrambi del suo “esodo” a Gerusalemme. L’esodo di Gesù a Gerusalemme
– quale parola misteriosa! L’esodo di Israele dall’Egitto era stato l’evento della
fuga e della liberazione del popolo di Dio. Quale aspetto avrebbe avuto l’esodo di
Gesù, in cui il senso di quel dramma storico avrebbe dovuto compiersi definitivamente?
Ora i discepoli diventavano testimoni del primo tratto di tale esodo – dell’estrema
umiliazione, che tuttavia era il passo essenziale dell’uscire verso la libertà e la
vita nuova, a cui l’esodo mira”.
Gesù chiama Dio “Padre” con il linguaggio
dei bambini “I discepoli – nota - la cui vicinanza Gesù cercò in quell’ora
di estremo travaglio come elemento di sostegno umano, si addormentarono presto. Sentirono
tuttavia alcuni frammenti delle parole di preghiera di Gesù e osservarono il suo atteggiamento.
Ambedue le cose si impressero profondamente nel loro animo ed essi le trasmisero ai
cristiani per sempre. Gesù chiama Dio “Abbà”. Ciò significa – come essi aggiungono
– “Padre”. Non è, però, la forma usuale per la parola “padre”, bensì una parola del
linguaggio dei bambini – una parola affettuosa con cui non si osava rivolgersi a Dio.
È il linguaggio di Colui che è veramente “bambino”, Figlio del Padre, di Colui che
si trova nella comunione con Dio, nella più profonda unità con Lui”.
Il
nucleo della personalità di Gesù è l’essere sempre in comunione col Padre “Se
ci domandiamo in che cosa consista l’elemento più caratteristico della figura di Gesù
nei Vangeli – aggiunge il Papa - dobbiamo dire: è il suo rapporto con Dio. Egli sta
sempre in comunione con Dio. L’essere con il Padre è il nucleo della sua personalità.
Attraverso Cristo conosciamo Dio veramente. “Dio, nessuno lo ha mai visto”, dice san
Giovanni. Colui “che è nel seno del Padre … lo ha rivelato” (1,18). Ora conosciamo
Dio così come è veramente. Egli è Padre, e questo in una bontà assoluta alla quale
possiamo affidarci. L’evangelista Marco, che ha conservato i ricordi di san Pietro,
ci racconta che Gesù, all’appellativo “Abba”, ha ancora aggiunto: Tutto è possibile
a te, tu puoi tutto (cfr 14,36). Colui che è la Bontà, è al contempo potere, è onnipotente.
Il potere è bontà e la bontà è potere. Questa fiducia la possiamo imparare dalla preghiera
di Gesù sul Monte degli Ulivi”.
Davanti alla gloria di Dio i cristiani s’inginocchiano
nella fiducia che il Signore vinca “Prima di riflettere sul contenuto della
richiesta di Gesù – afferma Benedetto XVI - dobbiamo ancora rivolgere la nostra attenzione
su ciò che gli Evangelisti ci riferiscono riguardo all’atteggiamento di Gesù durante
la sua preghiera. Matteo e Marco ci dicono che Egli “cadde faccia a terra” (Mt 26,39;
cfr Mc 14,35), assunse quindi l’atteggiamento di totale sottomissione, quale è stato
conservato nella liturgia romana del Venerdì Santo. Luca, invece, ci dice che Gesù
pregava in ginocchio. Negli Atti degli Apostoli, egli parla della preghiera in ginocchio
da parte dei santi: Stefano durante la sua lapidazione, Pietro nel contesto della
risurrezione di un morto, Paolo sulla via verso il martirio. Così Luca ha tracciato
una piccola storia della preghiera in ginocchio nella Chiesa nascente. I cristiani,
con il loro inginocchiarsi, entrano nella preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi.
Nella minaccia da parte del potere del male, essi, in quanto inginocchiati, sono dritti
di fronte al mondo, ma, in quanto figli, sono in ginocchio davanti al Padre. Davanti
alla gloria di Dio, noi cristiani ci inginocchiamo e riconosciamo la sua divinità,
ma esprimiamo in quel gesto anche la nostra fiducia che Egli vinca”.
Gesù
vede la marea sporca di tutta la menzogna e di tutta l’infamia che deve bere “Gesù
lotta con il Padre – sottolinea il Pontefice - Egli lotta con se stesso. E lotta per
noi. Sperimenta l’angoscia di fronte al potere della morte. Questo è innanzitutto
semplicemente lo sconvolgimento, proprio dell’uomo e anzi di ogni creatura vivente,
davanti alla presenza della morte. In Gesù, tuttavia, si tratta di qualcosa di più.
Egli allunga lo sguardo nelle notti del male. Vede la marea sporca di tutta la menzogna
e di tutta l’infamia che gli viene incontro in quel calice che deve bere. È lo sconvolgimento
del totalmente Puro e Santo di fronte all’intero profluvio del male di questo mondo,
che si riversa su di Lui. Egli vede anche me e prega anche per me. Così questo momento
dell’angoscia mortale di Gesù è un elemento essenziale nel processo della Redenzione.
La Lettera agli Ebrei, pertanto, ha qualificato la lotta di Gesù sul Monte degli Ulivi
come un evento sacerdotale. In questa preghiera di Gesù, pervasa da angoscia mortale,
il Signore compie l’ufficio del sacerdote: prende su di sé il peccato dell’umanità,
tutti noi, e ci porta presso il Padre”.
La superbia è la vera essenza
del peccato Il Papa rileva che occorre “ancora prestare attenzione al contenuto
della preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi. Gesù dice: “Padre! Tutto è possibile
a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”
(Mc 14,36). La volontà naturale dell’Uomo Gesù indietreggia spaventata davanti ad
una cosa così immane. Chiede che ciò gli sia risparmiato. Tuttavia, in quanto Figlio,
depone questa volontà umana nella volontà del Padre: non io, ma tu. Con ciò Egli ha
trasformato l’atteggiamento di Adamo, il peccato primordiale dell’uomo, sanando in
questo modo l’uomo. L’atteggiamento di Adamo era stato: Non ciò che hai voluto tu,
Dio; io stesso voglio essere dio. Questa superbia è la vera essenza del peccato. Pensiamo
di essere liberi e veramente noi stessi solo se seguiamo esclusivamente la nostra
volontà”.
Gesù scioglie la falsa contraddizione tra obbedienza e libertà “Dio
– conclude - appare come il contrario della nostra libertà. Dobbiamo liberarci da
Lui – questo è il nostro pensiero – solo allora saremmo liberi. È questa la ribellione
fondamentale che pervade la storia e la menzogna di fondo che snatura la nostra vita.
Quando l’uomo si mette contro Dio, si mette contro la propria verità e pertanto non
diventa libero, ma alienato da se stesso. Siamo liberi solo se siamo nella nostra
verità, se siamo uniti a Dio. Allora diventiamo veramente “come Dio” – non opponendoci
a Dio, non sbarazzandoci di Lui o negandoLo. Nella lotta della preghiera sul Monte
degli Ulivi Gesù ha sciolto la falsa contraddizione tra obbedienza e libertà e aperto
la via verso la libertà. Preghiamo il Signore di introdurci in questo “sì” alla volontà
di Dio, rendendoci così veramente liberi”.