In aumento i suicidi per motivi economici. Mons. Miglio: rischia di innescarsi un'emulazione
perversa
In Italia sono in aumento i suicidi legati alla crisi economica: un dramma che tocca
purtroppo tutte le categorie, imprenditori, impiegati, operai, pensionati. Su questo
tragico fenomeno, in crescita anche in altri Paesi, come la Grecia, si sofferma al
microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio,
presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici
italiani:
R. – Un fenomeno
preoccupante, perché si assiste ad una specie di escalation; rischia di innescarsi
un’emulazione perversa. E’ un problema economico-finanziario, un problema sociale
ma direi che è anche un problema culturale. Siamo nella Settimana Santa… La Croce
fa paura a tutti. Però, alla fine, accettarla e portarla diventa una strada che apre
prospettive di resurrezione e di soluzione.
D. – Come può la Chiesa aiutare,
dare conforto ai lavoratori, agli imprenditori colpiti da questa crisi economica?
R.
– Credo che la Chiesa possa intanto potenziare, con le forze che ha, queste reti di
solidarietà, sia quando si tratta di problemi creditizi veri e propri, sia quando
si tratta anche di accompagnamenti di altro tipo, anche psicologico. Ma c’è anche
un altro tipo di sostegno: sulla via della croce, Gesù incontra il "cireneo". Esistono
dei "cirenei" che possono aiutare chi ha questa croce pesante addosso, e credo anche
proprio che si tratti di ri-annunciare il valore salvifico di affrontare situazioni
di sofferenza. So che sono croci pesanti, anche sbagli economici: molte volte sono
sbagli, altre volte sono tegole che arrivano sulla testa; sono anche ricatti di vario
genere … Concretamente, molta gente resta schiacciata perché ha paura di venire allo
scoperto, magari c’è qualche irregolarità … Ma bisogna non aver paura di farsi aiutare,
di chiedere aiuto, anche di portare alla luce eventuali ferite …
D. – E poi,
anche, mettere al centro l’uomo: il lavoratore non è una merce. Come giudicare, da
questo punto di vista, la riforma del mercato del lavoro presentata dal governo Monti?
R.
– Da questo punto di vista la riforma, certo, deve fare i conti anche con la situazione
concreta, non solo nazionale, ma europea ed internazionale. Mi pare che l’aspetto
positivo sia stato il tenere conto delle varie voci e dei vari suggerimenti. Non tutti
riescono ad ottenere ciò che avrebbero voluto. Ma in questo momento credo davvero
sia importante che ognuno cerchi di venire incontro agli altri - perché c’è una situazione
oggettiva difficile - per il bene comune di tutto il nostro Paese!
D. – La
situazione oggettiva è difficile: per le famiglie italiane – in base ai dati Istat
– cala il potere di acquisto e la propensione al risparmio. Il rischio, acuito anche
dall’aumento delle tasse, è di compromettere il più importante ammortizzatore sociale
in Italia, ovvero la famiglia…
R. – E’ tanto tempo che la Chiesa insiste nel
richiamare l’attenzione dei legislatori sulla situazione della famiglia. La famiglia
è questo ammortizzatore sociale, un fondamento di una società civile, ma nella misura
in cui è famiglia. La famiglia è un’istituzione ben precisa ed è stata ed è questo
ammortizzatore sociale finché è famiglia. Qui c’è proprio un problema di attenzione,
direi anzitutto un confronto con altri Paesi europei: come è diversa la legislazione
a favore della famiglia in altri Paesi dell’Europa, dell’Europa occidentale anzitutto.
E proprio da questo punto di vista, il Comitato delle Settimane sociali si è già messo
in moto e sta lavorando perché, nella prossima Settimana sociale, vengano affrontate
questioni concrete, un’agenda concreta per la famiglia perché è un ammortizzatore
sociale, ma molto di più: è un fondamento affinché la società non si disgreghi! (gf)
Un’altra
tragedia, innescata da dolori personali e da condizioni economiche sempre più difficili,
è quella di una pensionata di 78 anni che martedì scorso, dopo aver appreso della
riduzione della propria pensione da 800 a 600 euro, si è tolta la vita lanciandosi
dal quarto piano del palazzo in cui viveva a Gela, in provincia di Caltanissetta.
Una realtà quella di Gela, segnata da una dilagante povertà, come spiega - al microfono
di Antonella Palermo - il parroco della chiesa di Santa Lucia, don Luigi
Petralia:
R. – La situazione
nella città di Gela, in generale, e in modo particolare anche nel quartiere dove vivo,
è veramente grave. La stragrande maggioranza dei giovani non ha un lavoro, per cui
diventa difficile anche pensare positivamente al proprio futuro, pensare di farsi
una famiglia. Sono i genitori, molte volte, ad intervenire perché si fa difficoltà
seriamente ad andare avanti, soprattutto in questo contesto di povertà generale.
D.
– E le vie di fuga verso l’illegalità sono all’ordine del giorno...
R. – E’
chiaro che laddove c’è povertà, laddove c’è disoccupazione, si fanno avanti le organizzazioni
criminali che approfittano dello stato di povertà di molti ragazzi, della mancanza
di una prospettiva e di un futuro, per cui molti giovani cadono più facilmente nel
tranello della mafia.
D. – Lei è parroco nel quartiere più povero di Gela...
R.
– Nel quartiere Schiavone la povertà si fa sentire di più, perché la stragrande maggioranza
delle famiglie vive davvero la povertà in tutti i sensi: la povertà materiale, la
povertà morale. Quasi una famiglia su due ha avuto un lutto, determinato dalla guerra
di mafia.
D. – Che effetto le fanno queste notizie sulla corruzione dei politici?
R.
– Questo fa sì che soprattutto i giovani, la gente in generale, non veda più la politica
positivamente. Quindi, c’è un distacco, una sfiducia nelle istituzioni e nella politica,
che crea ancora di più un disagio sociale, con rischi seri per quanto riguarda l’ordine
pubblico.
D. – Dove trovare in mezzo a tutta questa desolazione, questo scoraggiamento
e questa povertà i segni di resurrezione?
R. – I segni della resurrezione bisogna
cercarli innanzitutto nella fede in Dio, nel fare del Cristo risorto il vincitore
della morte e di ogni male, il centro della nostra vita, perché nessuna realtà umana
deve diventare un idolo, che prima o poi crolla su noi stessi. Questo significa che
il nostro sguardo può e deve andare oltre la vita terrena e guardare alla resurrezione
come certezza del Padre che non abbandona mai i suoi figli, che confidano in Lui,
che non abbandona mai nessuno. (ap)