Udienza e generale. Il Papa ripercorre le tappe del suo viaggio in Messico e Cuba
e ricorda il Triduo Pasquale
Il Papa, durante l’udienza generale in Piazza San Pietro ha ripercorso le tappe principali
del suo recente viaggio in Messico e a Cuba. “Sono ancora vive in me – ha detto -
le emozioni suscitate” da questa visita apostolica. Ha quindi ringraziato il Signore
che nella sua provvidenza ha voluto che si recasse “per la prima volta come Successore
di Pietro in questi due Paesi, che conservano indelebile memoria delle visite compiute
dal Beato Giovanni Paolo II”. Il bicentenario dell’Indipendenza del Messico e di altri
Paesi Latinoamericani, il ventennio dei rapporti diplomatici tra Messico e Santa Sede
e il quarto centenario del rinvenimento dell’immagine della Vergine della Carità del
Cobre nella Repubblica di Cuba – ha ricordato - sono state le occasioni del suo pellegrinaggio:
“Con esso ho voluto abbracciare idealmente l’intero Continente, invitando tutti a
vivere insieme nella speranza e nell’impegno concreto di camminare uniti verso un
futuro migliore”. “Sono stati giorni indimenticabili di gioia e di speranza, che rimarranno
impressi nel mio cuore!”.
I cristiani del Messico hanno resistito nella
speranza nonostante i momenti difficili La prima tappa è stata León, nello
Stato del Guanajuato, centro geografico del Messico. Qui una grande folla festante
– ha affermato - gli ha riservato una straordinaria e vivace accoglienza, come segno
dell’abbraccio caloroso di un intero popolo. “Fin dalla cerimonia di benvenuto ho
potuto cogliere la fede e il calore dei sacerdoti, delle persone consacrate e dei
fedeli laici. Alla presenza degli esponenti delle Istituzioni, di numerosi Vescovi
e di rappresentanze della società, ho richiamato la necessità del riconoscimento e
della tutela dei diritti fondamentali della persona umana, tra i quali spicca la libertà
religiosa, assicurando la mia vicinanza a quanti soffrono a causa di piaghe sociali,
di antichi e nuovi conflitti, della corruzione e della violenza. Ripenso con profonda
gratitudine alla fila interminabile di gente lungo le strade, che mi ha accompagnato
con entusiasmo. In quelle mani protese in segno di saluto e di affetto, in quei volti
lieti, in quelle grida di gioia ho colto la tenace speranza dei cristiani messicani,
speranza rimasta accesa nei cuori nonostante i momenti difficili delle violenze, che
non ho mancato di deplorare e alle cui vittime ho rivolto un accorato pensiero, potendone
confortare personalmente alcune. Nella stessa giornata ho incontrato tantissimi bambini
e adolescenti, che sono il futuro della Nazione e della Chiesa. La loro inesauribile
allegria, espressa con fragorosi canti e musiche, come pure i loro sguardi e i loro
gesti, esprimevano il forte desiderio di tutti i ragazzi del Messico, dell’America
Latina e dei Caraibi di poter vivere in pace, in serenità e armonia, in una società
più giusta e riconciliata”.
Il Messico resti ben ancorato alle sue radici
cristiane Il Papa ha poi rilevato che “i discepoli del Signore devono far crescere
la gioia di essere cristiani e di appartenere alla sua Chiesa. Da questa gioia nascono
anche le energie per servire Cristo nelle situazioni difficili e di sofferenza. Ho
ricordato questa verità all'immensa folla convenuta per la celebrazione eucaristica
domenicale nel Parco del Bicentenario di León. Ho esortato tutti a confidare nella
bontà di Dio onnipotente che può cambiare dal di dentro, dal cuore, le situazioni
insopportabili e oscure. I messicani hanno risposto con la loro fede ardente e, nella
loro adesione convinta al Vangelo, ho riconosciuto ancora una volta segni consolanti
di speranza per il Continente. L’ultimo evento della mia Visita in Messico è stato,
sempre a León, la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Nostra Signora della
Luce, con i Vescovi messicani e i rappresentanti degli Episcopati d’America. Ho manifestato
la mia vicinanza al loro impegno di fronte alle varie sfide e difficoltà, e la mia
gratitudine per quanti seminano il Vangelo in situazioni complesse e spesso non prive
di limitazioni. Li ho incoraggiati ad essere Pastori zelanti e guide sicure, suscitando
ovunque comunione sincera e adesione cordiale all’insegnamento della Chiesa. Ho lasciato
quindi l’amata terra messicana dove ho sperimentato una devozione e un affetto speciali
al Vicario di Cristo. Prima di partire, ho spronato il popolo messicano a rimanere
fedele al Signore e alla sua Chiesa, ben ancorato alle proprie radici cristiane”.
La
tappa a Cuba: vicinanza a quanti soffrono per la limitazione della libertà Il
giorno seguente è iniziata la seconda parte del Viaggio apostolico con l’arrivo a
Cuba, dove si è recato anzitutto – ha spiegato – “per sostenere la missione della
Chiesa cattolica, impegnata ad annunciare con gioia il Vangelo, nonostante la povertà
di mezzi e le difficoltà ancora da superare perché la religione possa svolgere il
proprio servizio spirituale e formativo nell’ambito pubblico della società. Questo
ho voluto sottolineare giungendo a Santiago de Cuba, seconda città dell’Isola, non
mancando di evidenziare le buone relazioni esistenti tra Stato e Santa Sede, finalizzate
al servizio della presenza viva e costruttiva della Chiesa locale. Ho assicurato altresì
che il Papa porta nel cuore le preoccupazioni e le aspirazioni di tutti i cubani,
specialmente di quelli che soffrono per la limitazione della libertà”.
Dove
Dio è estromesso il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo La
prima Santa Messa che il papa ha celebrato in terra cubana si è collocata nel contesto
del quarto centenario della scoperta dell’immagine della Vergine della Carità di El
Cobre, patrona di Cuba. “Si è trattato di un momento di forte intensità spirituale
– ha osservato - con la partecipazione attenta e orante di migliaia di persone, segno
di una Chiesa che viene da situazioni non facili, ma con una testimonianza vivace
di carità e di presenza attiva nella vita della gente. Ai cattolici cubani che, insieme
all’intera popolazione, sperano in un futuro sempre migliore, ho rivolto l’invito
a dare nuovo vigore alla loro fede e a contribuire, con il coraggio del perdono e
della comprensione, alla costruzione di una società aperta e rinnovata, dove vi sia
sempre più spazio per Dio, perché quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in
un luogo inospitale per l’uomo. Prima di lasciare Santiago de Cuba mi sono recato
al Santuario di Nostra Signora della Carità in El Cobre, tanto cara al popolo cubano.
Il pellegrinaggio dell’immagine della Madonna della Carità nelle famiglie dell’Isola
ha suscitato grande entusiasmo spirituale, rappresentando un significativo evento
di nuova evangelizzazione e un’occasione di riscoperta della fede. Alla Vergine Santa
ho raccomandato soprattutto le persone che soffrono e i giovani cubani”.
Cuba
e il mondo hanno bisogno di cambiamenti La seconda tappa cubana è stata L’Avana,
capitale dell’Isola. “I giovani, in particolare – ha sottolineato - sono stati i principali
protagonisti dell’esuberante accoglienza nel percorso verso la Nunziatura, dove ho
avuto l’opportunità di intrattenermi con i Vescovi del Paese per parlare delle sfide
che la Chiesa cubana è chiamata ad affrontare, nella consapevolezza che la gente guarda
ad essa con crescente fiducia. Il giorno seguente ho presieduto la Santa Messa nella
Piazza principale de L’Avana, gremita di gente. A tutti ho ricordato che Cuba e il
mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno si apre alla
verità integrale sull’uomo, presupposto imprescindibile per raggiungere la libertà,
e decide di seminare attorno a sé riconciliazione e fraternità, fondando la propria
vita su Gesù Cristo: Egli solo può disperdere le tenebre dell’errore, aiutandoci a
sconfiggere il male e tutto ciò che ci opprime. Ho voluto altresì ribadire che la
Chiesa non chiede privilegi, ma di poter proclamare e celebrare anche pubblicamente
la fede, portando il messaggio di speranza e di pace del Vangelo in ogni ambiente
della società. Nell’apprezzare i passi finora compiuti in tal senso dalle Autorità
cubane, ho sottolineato che è necessario proseguire in questo cammino di sempre più
piena libertà religiosa”.
Necessario un dialogo paziente tra le diverse
componenti della società cubana Al momento di lasciare Cuba, decine di migliaia
di cubani lo hanno saluto lungo la strada, nonostante la forte pioggia. “Nella cerimonia
di congedo ho ricordato che nell’ora presente le diverse componenti della società
cubana sono chiamate ad uno sforzo di sincera collaborazione e di dialogo paziente
per il bene della patria. In questa prospettiva, la mia presenza nell’Isola, come
testimone di Gesù Cristo, ha voluto essere un incoraggiamento ad aprire le porte del
cuore a Lui, che è fonte di speranza e di forza per far crescere il bene. Per questo
ho salutato i cubani esortandoli a ravvivare la fede dei loro padri ed edificare un
avvenire sempre migliore”. “Questo Viaggio in Messico e a Cuba, grazie a Dio – ha
concluso il Papa - ha avuto la desiderata riuscita pastorale. Possano il popolo messicano
e quello cubano ricavarne frutti abbondanti per costruire nella comunione ecclesiale
e con coraggio evangelico un futuro di pace e fraternità”.
Triduo Pasquale:
lasciamoci trasformare dall’amore di Cristo morto e risorto per noi Infine,
il Papa ha ricordato che domani pomeriggio, con la Santa Messa in Coena Domini, entreremo
nel Triduo Pasquale, “vertice di tutto l’Anno liturgico, per celebrare il Mistero
centrale della fede: la passione, morte e risurrezione di Cristo. Nel Vangelo di san
Giovanni, questo momento culminante della missione di Gesù viene chiamato la sua «ora»,
che si apre con l’Ultima Cena. L’Evangelista lo introduce così: «Prima della festa
di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre,
avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). Tutta la
vita di Gesù è orientata a questa ora, caratterizzata da due aspetti che si illuminano
reciprocamente: è l’ora del «passaggio» (metabasis) ed è l’ora dell’«amore (agape)
fino alla fine». In effetti, è proprio l’amore divino, lo Spirito Santo di cui Gesù
è ricolmo, che fa «passare» Gesù stesso attraverso l’abisso del male e della morte
e lo fa uscire nello «spazio» nuovo della risurrezione. E’ l’agape che opera questa
trasformazione, così che Gesù oltre-passa i limiti della condizione umana segnata
dal peccato e supera la barriera che tiene l’uomo prigioniero, separato da Dio e dalla
vita eterna. Partecipando con fede alle celebrazioni liturgiche del Triduo Pasquale,
siamo invitati a vivere questa trasformazione attuata dall’agape. Ognuno di noi è
stato amato da Gesù «fino alla fine», cioè fino al dono totale di Sé sulla croce,
quando gridò: «E’ compiuto!» (Gv 19,30). Lasciamoci raggiungere da questo amore, lasciamoci
trasformare, perché veramente si realizzi in noi la risurrezione. Vi invito, quindi,
a vivere con intensità il Triduo Pasquale e auguro a tutti una Santa Pasqua!”.