Il Consiglio di sicurezza Onu chiede la fine delle ostilita' nel nord del Mali
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha chiesto oggi la fine delle ostilita' nel nord
del Mali e il ritorno ''all'ordine costituzionale'' nel paese, a due settimane dal
colpo di Stato. In una dichiarazione adottata dai 15 membri del Consiglio, si esprime
anche preoccupazione per la presenza in Mali dell'organizzazione terrorista Al-Qaeda
nel Maghreb islamico. Ma qual è l’origine del radicalismo islamico nel Paese e nella
regione circostante? Davide Maggiore lo ha chiesto a Marco Massoni,
analista di politica estera del Centro Alti Studi per la Difesa: :
R. – I tuareg
sono sempre stati marginalizzati dalle autorità centrali di questi Paesi della fascia
saheliana dell’Africa occidentale e, se vogliamo, anche al confine con quella settentrionale.
Questo ha fatto sì che, negli anni passati, i tuareg avessero già tentato ribellioni
in diversi Paesi: l’attenzione internazionale è rivolta nei confronti di queste situazioni,
che però, fino a poco tempo fa, hanno subito una speculare disattenzione. Motivo per
cui il radicalismo islamico ed il terrorismo hanno avuto modo di radicarvisi più facilmente.
D.
– Qual è quindi il peso della componente islamica, in quello che sta accadendo?
R.
– In questo contesto, è venuto a instaurarsi un insediamento del terrorismo – di origine
inizialmente algerina, andato poi trasformandosi nel cosiddetto movimento di Al Qaeda,
nel Maghreb islamico – che ha saputo approfittare della disattenzione da parte delle
autorità centrali di questi Paesi, Mali in primis. Di modo che, il tentativo di collegamento
non solo in termini di supporto logistico, ma anche in termini di creazione di un’identità
nuova, sulla base di un islam radicale, è in corso in tutta la fascia saheliana.
D.
– Che influenza può avere l’emergere di questo elemento sull’intero movimento ribelle?
R.
– Uno scontro interno, tra coloro i quali hanno voluto approfittare del rinforzo delle
armi e dei compatrioti provenienti dalla Libia, con altri che hanno visioni più fondamentaliste,
è evidentemente in corso. Sta di fatto che la confusione regna.
D. – I fatti
maliani possono avere ripercussioni sui Paesi limitrofi, o addirittura, innescare
un effetto contagio?
R. – I confini sono porosi, anche nella visione del mondo
dei tuareg. Le relazioni tra clan, familiari, fanno sì che siano presenti in territori
e in Paesi tra loro confinanti, ad esempio Mauritania, il nord del Burkina Faso e
lo stesso Niger. Quindi, evidentemente, ci potrebbe essere quello che lei sta paventando.
Allo stesso tempo, non dimentichiamoci che, l’onda lunga del venir meno della vecchia
dittatura libica – nei termini in cui l’avevamo conosciuta, nel corso di quei 42 anni
– determinerà cambiamenti notevoli. Attenzione però anche ai movimenti più oscuri,
ci sono altre forze destabilizzanti, che si muovono nell’area: per esempio, almeno
nel corso degli ultimissimi anni, un inedito innesto tra una matrice sunnita ed una
sciita sta cercando di farsi strada…
D. – Che ripercussioni possono avere le
vicende maliane sulla situazione degli ostaggi che sono in mano agli islamisti nella
regione, tra cui ci sono le italiane Rossella Urru e Maria Sandra Mariani?
R.
– Purtroppo, il tentativo di liberazione – almeno nei confronti della cooperante del
Cisp (Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli), la Urru – è avvenuto in
concomitanza dell’esplosione del conflitto e sicuramente effetti ci sono stati, in
termini di prolungamento dei tempi di liberazione, anche perché – proprio per una
grande dinamica di riassestamento dei poteri di chi effettivamente comanda in quelle
zone – non si capisce più chi divenga l’interlocutore più affidabile. E’ evidente
anche che avere e scambiarsi ostaggi, in una situazione di questo genere, consente
un maggiore potere. (cp)