2012-04-04 14:15:27

Afghanistan: attacco suicida contro la Nato. Gli Usa: in missione fino al 2014


E' salito ad almeno dieci - tra cui 2 soldati americani - il numero dei morti accertati in Afghanistan provocati da un attentato suicida contro le truppe occidentali. L’attacco è avvenuto nella parte settentrionale del paese a ridosso della frontiera con il Turkmenistan. Solo poche ore prima il segretario di Stato Usa Clinton aveva confermato che la missione militare andrà avanti fino al raggiungimento dell’obiettivo di stabilizzazione dell’Afghanistan nel 2014. Stefano Leszczynski ha intervistato Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi internazionali, appena rientrato da Kabul:RealAudioMP3

R. – E’ un Paese che deve imparare ad avere fiducia in se stesso, perché molto, moltissimo ha fatto la coalizione internazionale, ma molto, moltissimo devono fare gli afghani. E’ un Paese ancora estremamente fragile, con una democrazia in erba e dove il presidente Karzai in alcuni contesti stenta a imporre il controllo dello Stato rispetto ai più tradizionali legami di tipo tribale dei “signori della guerra”.

D. – Nonostante i recenti attacchi contro i militari della Nato, c’è la ferma intenzione di rimanere fino al termine del mandato nel 2014, quindi di completare la missione. Questo sarà possibile? Si riuscirà a raggiungere il risultato di rafforzare la sicurezza nel Paese prima che venga lasciato?

R. – Difficile vedere quanto sarà perfettamente realizzato. Certamente, l’esercito afghano sta facendo molti sforzi e così le forze di polizia, pure in un contesto oggettivamente di aperta conflittualità. Ricordiamo che l’esercito afghano rappresenta il vero e proprio "collante" tra le diverse realtà tribali ed etniche del Paese, ma si ha un disperato bisogno del supporto occidentale, anche se da parte della coalizione internazionale si è già passati in molti casi a un trasferimento di autorità.

D. – Tuttavia, i talebani continuano ad avere il controllo di una grossa parte del territorio e non soltanto in Afghanistan. Qual è la direzione corretta per contrastare l’influenza dei talebani sulla popolazione civile?

R. – Diciamolo sinceramente: la coalizione internazionale ha pochi, pochissimi soldati per un territorio così vasto e particolare come quello dell’Afghanistan. Dall’altra parte, ci sono attori regionali che giocano una loro partita che non è necessariamente quella di vedere, alla fine del percorso, un Afghanistan stabile. Proprio per questo, è necessario un coinvolgimento sempre più ampio con le realtà che circondano il Paese che, è bene ricordarlo, ha bisogno di uno sviluppo economico e che senza i vicini – in assenza di uno sbocco al mare – non è in grado di avere un commercio autonomo. Quindi, è necessario coinvolgere tutti in un processo di pace in maniera tale che chi non lo vuole fare potrà assumersene la responsabilità di fronte al mondo.

D. – Il presidente Karzai spesso è stato contestato, anche all’interno dell’Afghanistan, e spesso è stata messa in dubbio la sua capacità di controllo effettivo del territorio della politica afghana. In questo senso, c’è una ragione per cui questo tipo di governo afghano debba rimanere in piedi?

R. – Ho incontrato il presidente pochi giorni fa e ha assicurato di fare il massimo sforzo per un processo democratico in Afghanistan, oltre a rimarcare il determinante ed efficace ruolo del sistema italiano, sia dal punto di vista militare sia – naturalmente – diplomatico. Dall’altra parte, gli afghani devono fare molto, moltissimo, in particolare proprio l’establishment governativo: la corruzione continua a essere una piaga devastante per il Paese oltre, naturalmente, alla coltivazione del papavero da oppio. Grande supporto a Karzai, quindi, che però deve cominciare seriamente a rendersi conto che la credibilità non è un assegno in bianco.

D. – Una riflessione sulla geopolitica del futuro: l’Occidente sta spendendo molto in Afghanistan in termini finanziari, in termini di vite umane. Perché è così importante l’Afghanistan per l’Occidente, in futuro?

R. – L’Afghanistan è da secoli la chiave di volta della stabilità centroasiatica. Non il controllo dell’Afghanistan, ma un Afghanistan stabile rappresenterebbe un passaggio essenziale per una vera fascia di pace in quell’area. Ricordiamo che sono molte le tensioni: ci sono quelle con il Pakistan, con l’Iran, ma non soltanto. Ci sono India e Cina… insomma, l’Afghanistan al centro dello scacchiere è determinante. Se quel Paese riuscirà a essere autonomo, e non soltanto realtà dove tutti gli Stati passano per tradizione e ne escono sconfitti, molto cambierà. L’Afghanistan dev’essere attore e partner, non soltanto subire le influenze esterne. (gf)







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