2012-04-03 08:06:46

La ribellione in Mali: gruppi fondamentalisti di ispirazione qaedista strappano Timbuctu ai tuareg


Si complica la situazione in Mali. Alla ribellione del’etnia tuareg, che aveva portato alla conquista di Timbuctù, sembra ora sovrapporsi l’ondata islamica dei gruppi legati ad Al Qaida che ieri a loro volta hanno conquistato la città. Intanto la comunità internazionale guarda con preoccupazione gli eventi nel Paese dell’Africa occidentale. Sentiamo Giulio Albanese: RealAudioMP3

Ma quali sono gli interessi in gioco in questa guerra civile in Mali, alla quale guarda con attenzione tutta la comunità internazionale? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Enrico Casale, esperto di Africa della rivista dei gesuiti “Popoli”: RealAudioMP3
R. – All’origine della rivolta in Mali, c’è un’insoddisfazione di base del popolo tuareg, che già prima dell’indipendenza chiese di non entrare nelle istituzioni del Mali e, successivamente all’indipendenza, si ribellò più volte contro il governo centrale di Bamako. Questa rivolta poi, in particolare - oltre all’insoddisfazione - è legata anche alla crisi Libica. Molti tuareg che oggi combattono contro l’esercito maliano sono ex militari che hanno combattuto con Gheddafi e, una volta caduto il regime in Libia, sono tornati in patria carichi di armi provenienti, appunto, dagli arsenali libici.

D. – Lottare per una Repubblica laica e democratica: questo l’obiettivo dichiarato da parte dei tuareg ...

R. – L’obiettivo del Mnla è quello di creare uno Stato democratico e aconfessionale, anche perché i tuareg hanno cercato di tenere ai margini quelle frange fondamentaliste, che pure ci sono nel nord del Mali: teniamo presente che in quella regione, negli ultimi anni, i miliziani di Al Qaeda del Maghreb islamico hanno creato delle proprie basi. L’Mnla, però, ha sempre rifiutato qualsiasi confusione tra loro e queste cellule, protagoniste tra l’altro di rapimenti clamorosi a danno di alcuni cooperanti.

D. – La caduta di una città importante come Timbuctu e la proposta ai tuareg di un cessate-il-fuoco da parte del governo centrale: è una sorta di riconoscimento della forza di questa etnia...

R. – Certamente, questa etnia è forte. Non ci sono però solamente i tuareg, ma anche altre popolazioni del nord che combattono al loro fianco. I tuareg sono un’etnia compatta, che grazie agli armamenti e alla formazione che hanno avuto alcuni suoi componenti – proprio nell’esercito di Muammar Gheddafi – è riuscita ad avere facilmente ragione di un esercito, quello maliano, scarsamente equipaggiato e poco addestrato.

D. – Quale posizione ha assunto la Chiesa in Mali, in occasione di questa guerra civile?

R. – Il vescovo di Bamako si è espresso in questi giorni per un cessate-il-fuoco tra le due parti e ha proposto una mediazione della Chiesa. La stessa Chiesa ha cercato di lavorare affinché non si creassero spaccature eccessive dopo il golpe tra il passato regime e i militari golpisti. E’ una Chiesa di “minoranza” in un Paese in cui la maggioranza è comunque musulmana.

D. – Quali sono gli interessi in gioco, in questa guerra in Mali?

R. – Ci sono forti interessi da parte delle potenze occidentali, mi riferisco soprattutto a Stati Uniti e Francia – quest’ultima ex Paese colonizzatore del Mali – per lo sfruttamento delle risorse naturali che, si dice, siano abbondanti. Nel nord c’è il petrolio, del quale sarebbero stati scoperti giacimenti molto vasti, e l’uranio. Bisogna tenere presente che nel vicino Niger vengono sfruttati giacimenti di uranio. Questi giacimenti sarebbero confinanti con quelli del Mali. La Francia, soprattutto, ma in parte anche gli Stati Uniti, sono interessati a sfruttare questi giacimenti e ad evitare che cadano sotto il controllo cinese, come è capitato proprio in Niger. Quindi, al di là delle rivendicazioni dei tuareg, ci sono forti ragioni economiche alla base dei questa rivolta.

D. – Gli scontri di questi giorni avvengono in che tipo di Paese, dal punto di vista sociale ed economico?
R. – Il Mali è un Paese molto frazionato: le popolazioni del sud hanno un’origine subsahariana, quindi sono africane nere, mentre quelle del nord sono di origine saheliana, più legate al mondo arabo musulmano. Dal punto di vista economico, il Mali è uno dei Paesi più poveri dell’Africa e le regioni settentrionali sono le più povere regioni del Paese. Quindi, tra le ragioni della rivolta ci sono anche delle rivendicazioni perché siano fatti investimenti in infrastrutture per le popolazioni delle regioni settentrionali: nel nord, praticamente, non esistono strade asfaltate, non ci sono scuole se non nei centri principali, non esistono servizi sanitari, salvo alcuni dispensari creati con i soldi delle rimesse delle comunità tuareg che si trovano nel resto del mondo. (cp)







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