Congo: 25 morti al mese per la guerra dei “minerali di sangue” del Kivu
In questi ultimi mesi, i gruppi armati nazionali e stranieri ancora presenti nel Kivu,
all’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), hanno ripreso e intensificato
la loro attività bellica. Lo denuncia un rapporto di Rete Pace per il Congo (promossa
dai missionari locali), inviato all’agenzia Fides. Il 1° marzo, nove rappresentanti
di organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno denunciato il fatto che non
meno di 300 persone sono state uccise negli ultimi 12 mesi nella provincia del Sud
Kivu, cioè una media di 25 al mese. È il direttore della Caritas di Bukavu che ha
presentato personalmente la denuncia delle organizzazioni al Ministro degli Interni
della Provincia, Etienne Babunga, attualmente governatore ad interim del Sud Kivu,
nell’attesa delle prossime elezioni locali. Il deterioramento della sicurezza si situa
nel contesto della ripresa degli attacchi da parte delle "forze negative", straniere
e locali, e di certi militari indisciplinati delle Fardc (l’esercito congolese). La
popolazione locale continua a vivere in una situazione di grande insicurezza: attacchi
ai villaggi, furti, stupri, sequestri, massacri e arresti arbitrari sono ancora all’ordine
del giorno, tanto è vero che l’esercito e la Missione dell’Onu in Rdc (Monusco) hanno
ultimamente intrapreso nuove operazioni militari contro questi gruppi armati, “Pace
perfetta” nel Sud Kivu e “Colpo di fulmine” nel Nord Kivu. “Altre operazioni similari
erano state intraprese nel passato (Umoja wetu, Kimia II, Amani leo), ma tutte con
esito negativo. Bisognerebbe capire il perché. Si è constatato che un approccio prevalentemente
militare è nettamente insufficiente e, anzi, provoca danni collaterali intollerabili”
scrivono i missionari. Alla base del conflitto c’è, infatti, una rete malavitosa che
gravita intorno al commercio illegale dei minerali. Essa è composta di capi dei gruppi
armati, ufficiali dell’esercito regolare, agenti dei servizi di sicurezza e dell’amministrazione,
politici, intermediari, commercianti e agenti di società minerarie. Tale rete non
agisce solo localmente, ma ha ramificazioni a livello internazionale, soprattutto
nei Paesi limitrofi, come Rwanda, Uganda, Burundi, Tanzania, Kenya. Secondo un rapporto
dell’Onu, sono 85 le società straniere coinvolte nell’esportazione illegale di minerali
dalla Rdc. “In questo contesto - concludono i missionari - il problema dell’insicurezza
all’est del Paese va affrontato nella prospettiva della riforma del settore minerario,
dell’esercito, dei servizi di sicurezza e della giustizia, senza dimenticare i rapporti
internazionali”. (R.P.)