10 anni fa l’assedio alla Basilica della Natività. Padre Faltas, che rivelò il dramma:
pace ancora lontana
Dieci anni fa, il mondo con il fiato sospeso per l’assedio della Basilica della Natività
a Betlemme, la più antica della Terra Santa. Era il 2 aprile del 2002 quando 240 militanti
palestinesi la occuparono, mentre all’esterno era l’Esercito israeliano. Trentanove
giorni di occupazione e assedio. All’interno 40 ostaggi: 31 frati Francescani, tre
monaci armeni, due greci ortodossi e quattro suore. Tra i testimoni di quei tragici
giorni, padre Ibrahim Faltas, oggi economo della Custodia di Terra Santa, che
tanto si spese per una mediazione. Roberta Gisotti lo ha intervistato:
R. – E’ stata
veramente un’esperienza difficile, brutta, soprattutto quando sono state uccise otto
persone dentro la Basilica e 27 persone sono state ferite. Grazie a Dio, la maggior
parte di quelli che sono entrati sono usciti sani e salvi. Eravamo praticamente occupati
all’interno e assediati all’esterno. Grazie a Dio, però, proprio la nostra presenza
ha obbligato le due parti a trovare una soluzione pacifica.
D. – Padre Faltas,
in questo tempo di preparazione alla Pasqua quale lezione trarre da quella vicenda
che poteva sfociare, come lei ha sottolineato, in una tragedia ancor più grande?
R.
– L’assedio della Natività era un po’ il microcosmo di tutte le situazioni generali
della Palestina. Ci sono voluti 39 giorni per risolvere questo problema… Ma da dieci
anni a questa parte siamo fermi: finito l’assedio, tutti noi abbiamo pensato che tutto
fosse finito e che sarebbe ritornato tutto come prima: che sarebbe ritornata la pace,
che la gente sarebbe potuta venire… Purtroppo, invece, abbiamo trovato il muro: la
situazione va sempre peggiorando, non c’è dialogo tra palestinesi ed israeliani. Tutto
è fermo, tutto è bloccato.
D. – Difficile sperare, dunque, per la pace in
Terra Santa e quindi in tempo di preparazione alla Pasqua resta la preghiera…
R.
– Resta la preghiera, resta la speranza che tornino al tavolo dei negoziati. Riferendoci
proprio a questa esperienza dell’assedio, abbiamo visto che attraverso il dialogo
è stata trovata una soluzione: questa è una lezione per tutti noi, perché non si può
risolvere la situazione con la violenza, con le armi, ma devono trovare una soluzione
attraverso il dialogo. Ma ora, vedendo la situazione, il dialogo non c’è: non c’è
da molto tempo, non si sono più incontrati Abu Mazen e Netanyahu. Speriamo che si
incontrino e che tornino al tavolo dei negoziati, perché devono trovare una soluzione.
La gente non ce la fa più, la gente veramente sta male… Tutti noi abbiamo paura di
questa situazione, perché vediamo cosa sta succedendo in tutto il Medio Oriente.
D.
– Per lei, da sacerdote, cosa ha significato trovarsi a contatto diretto con le conseguenze
di questo odio ormai radicato da decenni e decenni tra due popoli? Forse anche lei
si è trovato a rivedere alcune sue posizioni, che tutti noi abbiamo innate nel parteggiare
per una parte o per l’altra?
R. – Noi Francescani non siamo mai stati con una
parte o con l’altra: siamo stati veramente mediatori, anche durante l’assedio della
Natività. Quando gli israeliani dovevano chiedere qualsiasi cosa ai palestinesi, lo
facevano attraverso di noi e viceversa. La nostra vita qui è sempre stata quella di
mediatori. Abbiamo lavorato per la pace e alla fine dell’assedio tutti – cristiani,
israeliani e palestinesi – hanno riconosciuto che noi eravamo con la pace. Abbiamo
voluto salvare la persona umana e questa è la nostra missione, questo è il nostro
lavoro. Noi Francescani siamo qui da otto secoli e siamo qui certamente per salvare
i luoghi santi, ma la persona umana è più importante di qualsiasi cosa. Il 5 maggio
prossimo, uscirà un libro sull’assedio a dieci anni di distanza, su come era e com’è
la situazione adesso. In questo libro, ricordiamo tantissime persone che hanno vissuto
l’assedio della Natività e soprattutto il Beato Giovanni Paolo II, che ogni giorno
rivolgeva un appello per la Terra Santa, per la basilica. Bisogna fare in modo che
questa vicenda non si ripeta più. (mg)