2012-03-27 14:16:02

Sudan: scontri armati tra Nord e Sud, contesa una zona ricca di petrolio


Precipita la situazione tra i due Sudan. Il presidente del Sud Sudan, proclamatosi indipendente lo scorso luglio, ha affermato che ormai è guerra al confine con il Nord Sudan. Ad essere contesa è una regione ricca di petrolio. Proprio su questa disputa territoriale era stato convocato un vertice tra i due presidenti ma gli eventi hanno fatto aggravare la situazione. I vescovi del Sud Sudan sono riuniti in assemblea straordinaria a Juba per analizzare la questione. Ma era prevedibile un deterioramento della crisi? Al microfono di Benedetta Capelli risponde Massimo Alberizzi, africanista del “Corriere della Sera”:RealAudioMP3

R. – In parte era prevedibile, ma dipende anche molto dalla situazione interna del Nord Sudan e dalle varie fazioni che si combattono. C’è una parte dell’establishment, che ha detestato la decisione di tenere un referendum che ha dato l’indipendenza al Sud. Io credo sia impensabile riconquistare il Sud, ma si vuole impedire che alcune parti del Nord, popolate da gente del Sud come Kordofan, Blu Nile, il Darfur - che non c’entra niente con il Sud ma che comunque ha delle mire secessioniste - possano anche loro staccarsi in qualche modo dal governo di Karthoum. Quindi, queste azioni militari sono soprattutto dirette in questo senso. C’è anche il fattore petrolio, ovviamente, che non guasta mai. Proprio quella zona è piena di petrolio e quindi perderla sarebbe deleterio per Karthoum e soprattutto per queste fazioni “hard line”. La guerra non è totale, ma anche se è solamente in quelle zone è una guerra che rischia di far saltare tutto.

D. – Negli ultimi tempi c’era stata una sorta di avvicinamento tra il Sud Sudan e il Sudan, non soltanto con l’annuncio del vertice di Juba del 3 aprile, che ovviamente è stato cancellato, ma anche con gli accordi sugli status dei cittadini. Sono accordi o vertici di facciata oppure c’è un reale avvicinamento, nonostante il terreno ci dica altro?

R. – E’ ondivago: un giorno ci si riavvicina e l’altro giorno ci si riallontana pesantemente, secondo chi prende le redini in quel momento. Io, francamente, non credo che il governo del Sud Sudan possa arrivare, almeno in questo momento, ad una pacificazione, anche perché comunque il governo del Sud Sudan ha dato appoggio e sostegno ai guerriglieri darfuriani. Quindi, la situazione è molto complicata. In realtà, in quelle zone del Sud Sudan non si combatte solo per il Sud Sudan, ma si combatte anche con i darfuriani dentro. La situazione, dunque, è molto, molto complicata. Consideriamo che ci sono i Beja, in una zona di Port Sudan, che sono anche loro in fermento contro il governo centrale di Karthoum. Quindi, dare una lezione dove stanno cercando di darla è destinato ad essere un “warning”, cioè un avviso a tutte quelle tribù che in qualche modo oggi scalpitano.

D. – Chi potrebbe essere il terzo attore per cercare di pacificare questa zona?

R. – In questo momento è molto difficile dirlo, perché anche gli Stati Uniti sono un po’ spiazzati: un giorno appoggiano i darfuriani e un giorno invece vanno dal presidente nord-sudanese Bashir e cercano di dialogare con lui. Consideriamo, comunque, che Bashir è sempre ricercato dal Tribunale Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e adesso ha annunciato che andrà a fare dei tour nella zona, andrà alla Lega Araba, cosa che destabilizza comunque tutta l’area e la regione.

D. – Invece per quanto riguarda la gestione delle risorse petrolifere, c’è un problema anche da questo punto di vista. Una soluzione è impossibile?

R. – Lì giocano anche altri fattori. Il fatto per esempio che molti dei campi petroliferi siano in mano ai cinesi. Quindi, gli occidentali sono in concorrenza. La destabilizzazione in quelle aree potrebbe compromettere la presenza cinese che appoggia Bashir sempre e comunque e quindi che fa rientrare in gioco le compagnie occidentali. E’ un altro scacchiere dello stesso teatro. (ap)







All the contents on this site are copyrighted ©.