2012-03-27 15:25:20

Sanità e innovazione al centro di un convegno a Roma


“Il ruolo dell’innovazione in Sanità” è il convegno che si tiene oggi all’Istituto San Gallicano in Trastevere, a Roma. Si tratta di un momento di confronto intorno al nuovo concetto di salute, che implica un nuovo rapporto tra medico-paziente attraverso le più avanzate tecnologie. Benedetta Capelli ha intervistato Pasquale Tarallo, promotore dell’incontro:RealAudioMP3

R. – Anzitutto, per innovazione intendiamo tutto ciò che sono novità e scoperte, quindi sia dal punto di vista tecnologico, che dal punto di vista medico-scientifico. In altre parole, mettere il paziente al centro di ogni attenzione di cura: in questo senso la tecnologia aiuta.
D. – L’Unione Europea ha definito entro il 2020 alcuni obiettivi da raggiungere, tra questi anche la salute e il benessere di tutti: è una scadenza che potrà essere rispettata?

R. – Noi, come italiani, siamo sulla buona strada: alcuni Paesi stanno cercando di prendere degli spunti dal sistema sanitario italiano. Devo dire che, però, ci sono delle sacche d’inefficienza, soprattutto nel centro-sud del Paese. Ci sono alcune regioni – come l’Emilia, la Lombardia e la Toscana – che sono molto avanti, mentre altre purtroppo sono veramente molto indietro. Assistiamo di nuovo alla dicotomia nord-sud per tutto quanto riguarda l’innovazione. Anche se il 2020 è di là da venire, ci sono molti passaggi ancora da compiere.

D. – Quali sono questi passaggi?

R. – Il primo passaggio è sicuramente rendere fattore comune le chiavi di successo che le regioni migliori – la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Toscana, come dicevo, ma anche il Veneto – hanno già portato avanti. Un fattore poi sicuramente da chiarire, a livello non solo di sanità, ma anche di pubblica amministrazione, è l’accesso ai dati e quindi la possibilità di avere interoperabilità dei dati: avere la capacità di tutte le regioni di condividere quelli che possono essere gli strumenti necessari per mettere il paziente al centro di questa innovazione.

D. - Si parla spesso di “E-health”: cosa significa?

R. - Un errore che si è fatto spesso è di associare il tema dell'“E-health” a quello della medicina a distanza: quella “E” sta per elettronica e quindi sicuramente si riferisce il ruolo delle tecnologie elettroniche, dell’informazione, della comunicazione. Ma significa anche efficienza, equità: significa tutto ciò che in qualche modo può mettere il paziente al centro e quindi anche rendere un po’ edotti i pazienti stessi di quelle che sono le novità.

D. - Ci sono progetti-pilota che sono di esempio per l’innovazione nella sanità?

R. - Ce ne sono tanti. Il Cnr, in particolare, si è fatto carico di portare avanti in tutte le regioni progetti come "Telemaco". Poi, lo ripeto, sono le singole regioni che con i propri organi, anche con le proprie società informatiche – sto pensando alla Lombardia con la “Lombardia informatica” – riescono in qualche modo a portare avanti questi progetti, attraverso gli strumenti delle loro società satellite, detenute al cento per cento dalla regioni stesse. Di progetti ce ne sono forse fin troppi: bisognerebbe condividere quelli che hanno avuto maggior successo e riuscire poi a coagularli attorno a un unico centro di attenzione. In questo, il Ministero della salute si sta attivando molto proprio perché ci siano dei tavoli comuni.

D. - Negli ultimi giorni, si è parlato del caso di una donna morta dopo l’assunzione di un farmaco comprato da Ebay: l’innovazione può anche nascondere delle insidie?

R. - Sicuramente, ci sono delle insidie e ci vuole sempre un professionista che possa valutare le condizioni del paziente, verificando le condizioni di ipersensibilità del paziente stesso verso alcuni farmaci. Non c’è solo il caso della paziente in questione: ci sono casi anche più eclatanti e penso, per esempio, alla due vittime illustri in campo sportivo, una in Inghilterra e un’altra in Italia, dove anche con strumenti tecnologici - di assistenza a distanza, di conoscenza di quelli che possono essere i valori del paziente - si può giungere a una soluzione prima che l’evento nefasto si manifesti. In questo senso, la tecnologia aiuta, perché da un lato garantisce un maggior accesso alla comunicazione e all’informazione del paziente, dall’altro permette al medico o alla struttura sanitaria che si fa carico del paziente di seguirlo passo passo. (mg)







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