Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte: nel 2011 uccise 676 persone
Diminuiscono i Paesi in cui la pena di morte è in vigore, ma il livello delle esecuzioni
in quelli che ancora uccidono è allarmante: 676 sono state le condanne eseguite lo
scorso anno. Al microfono di Roberta Barbi il portavoce di Amnesty International
Italia, Riccardo Noury,fa il punto sulla situazione fotografata nel
rapporto 2011 pubblicato oggi:
R. - Quest’anno
descrive un mondo che è sempre più vicino all’abolizione della pena di morte, con
9 Paesi su 10 che non vi ricorrono più, ma quel 10 per cento che la usa lo fa in maniera
veramente allarmante e sistematica.
D. - Il Medio Oriente registra un consistente
aumento delle esecuzioni ufficiali, il 50% in più rispetto allo scorso anno. Preoccupa
in particolare l’Iran, che ha messo a morte tre prigionieri per reati commessi quando
erano minori …
R. - Sono i Paesi che non hanno cambiato governo, sono i "vecchi
Paesi": Arabia Saudita con 82 esecuzioni, Iran con 360, Iraq 68, Yemen 41. Dell’Iran
quello che però preoccupa - oltre l’uso della pena di morte per adulterio e sodomia
- è che l’esecuzioni segrete o comunque non riconosciute ufficialmente, sono state
probabilmente tante quante quelle ufficiali. Quindi forse il dato effettivo sono le
700 esecuzioni nel 2011: in Iraq erano state 68 nel 2011, e sono già 69 nei primi
tre mesi del 2012.
D. - In Cina il governo ha eliminato la pena di morte per
13 reati, ma resta ancora il segreto di Stato sulle esecuzioni e sui casi di tortura
…
R. - Sì, questo è un problema che Amnesty International sottolinea ogni anno.
Noi abbiamo deciso di non rendere pubblici i dati, raccolti a fatica, sull’uso della
pena di morte in Cina, perché è il governo che deve fornire queste informazioni. Il
governo continua a sostenere che la pena di morte è diminuita di intensità, perché
la Corte suprema ha ripreso a controllare tutti i processi. Sarebbe diminuito il numero
dei reati capitali e aumentate la garanzie; la Cina citi dunque i dati in modo che
possiamo dargli ragione. Fino a quando non lo faranno, non potremo verificare se questi
progressi ci sono stati o meno.
D. - Negli Stati Uniti ed in Bielorussia -
unico Stato in Europa - la pena di morte è ancora in vigore. Quali sono le possibili
soluzioni?
R. - Per quanto riguarda la Bielorussia, bisogna che l’Europa faccia
pressioni ulteriori: non solo mantiene la pena di morte, ma la applica in modo inaccettabile
- al termine di processi irregolari - neanche avvisando le famiglie e restituendo
i corpi. Negli Stati Uniti il numero delle esecuzioni continua a diminuire - sono
state 43 - diminuisce molto il numero delle nuove condanne a morte, aumenta invece
il numero degli Stati della federazione statunitense, che non ricorrono più alle esecuzioni.
D.
- Quali sono i principali risultati raggiunti quest’anno, rispetto al rapporto precedente?
R.
- Certamente il Giappone, che non ha messo a morte prigionieri per la prima volta
dopo 19 anni. In Africa abbiamo avuto due Paesi, che hanno rispettivamente annunciato
e confermato una moratoria sulle esecuzioni, cioè Sierra Leone e Nigeria. Il Benin
ha annunciato l’adozione di una legislazione per ratificare un trattato dell’Onu,
che ha per scopo l’abolizione della pena di morte. Possiamo dire, per quanto riguarda
la zona del Pacifico, che sarebbe libera dalla pena di morte, se non fosse per 5 condanne
emesse ma non ancora eseguite, in Papua Nuova Guinea. Per quanto riguarda le Americhe
e gli Stati Uniti, restano le uniche eccezioni ad un principio abolizionista, che
ormai ha pervaso tutto il continente. (cp)