Il Papa ai giovani della Gmg: siate missionari della gioia, quella che nasce da Dio
e non tradisce
“Un cristiano non può mai essere triste perché ha incontrato Cristo, che ha dato la
sua vita per lui”. Lo scrive Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale
della gioventù, che verrà celebrata a livello diocesano nella prossima Domenica delle
Palme. Nel testo, reso noto oggi, il Papa guarda alla Gmg di Rio 2013 ed esorta i
giovani a essere “missionari della gioia” cristiana perché, afferma, “non si può essere
felici se gli altri non lo sono”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La prova “dell’affidabilità”
della fede cristiana è questa: che in un mondo triste e inquieto il cristiano vero
mantiene in sé, e diffonde attorno a sé, la gioia. Parte da questa considerazione
il lungo Messaggio di Benedetto XVI, che guarda alla Gmg del primo aprile, ma parla
fin d’ora ai giovani, specialmente a quelli – nota – che “hanno un immenso bisogno
di sentire che il messaggio cristiano è un messaggio di gioia e di speranza”. Il Papa
sviluppa la sua riflessione in sette punti, partendo da un assunto incontestabile:
il cuore umano “è fatto per la gioia”, perché – afferma – è l’ingrediente che chiunque
cerca per “dare sapore” alla propria esistenza. La famiglia, un’amicizia “condivisa”,
un “lavoro ben fatto”, la natura con le sue meraviglie, un “amore sincero e puro”:
tutto questo, osserva, è fonte di gioia. Come pure il fatto “di esprimersi e di sentirsi
capiti”, di poter essere utili agli altri, di aprirsi a nuove esperienze con la cultura
e i viaggi. Ma guardando a ciò, si chiede Benedetto XVI, dov’è il confine tra “gioia
piena” e duratura e “piacere immediato e ingannevole”? La risposta il Papa la ribadisce
alla riga successiva: le “gioie autentiche – dice – quelle piccole del quotidiano
o quelle grandi della vita, trovano tutte origine in Dio”. Da Lui proviene la gioia
che “non ci abbandona nei momenti difficili”, perché Dio ci ha creati per amore e
“vuole renderci partecipi della sua gioia”, che a differenza di quella umana è “divina
ed eterna”. Ed è in Gesù, prosegue il Papa, che questa gioia di Dio diventa tangibile
e si radica dentro, nel profondo del cuore. Perfino la Passione e la Croce sono fonte
di gioia, quella della salvezza. “Il male – assicura Benedetto XVI – non ha l’ultima
parola sulla nostra vita, ma la fede in Cristo Salvatore ci dice che l’amore di Dio
vince”.
Stabilita l’origine della gioia cristiana, il passo successivo è comprendere
come questo tipo di gioia si possa “ricevere e conservare”. Anche qui, il Papa ripete
ai giovani una verità bimillenaria: la gioia spirituale – quella che resta e non tradisce
anche quando la vita è difficile – si riceve e conserva andando incontro a Cristo.
“Cari giovani – esorta Benedetto XVI – non abbiate paura di mettere in gioco la vostra
vita”, puntando “tutto su di Lui” e sul Vangelo. Riconoscete “ogni giorno la sua presenza,
la sua amicizia” negli avvenimenti della quotidianità e “sappiate che non vi abbandonerà
mai”. Cercatelo, incalza, nella sua Parola; trovatelo nei Sacramenti. Un cristiano,
annota, non sa cosa sia la tristezza perché ha incontrato chi ha dato la vita per
lui. Poi, da esperto dell’anima, Benedetto XVI si trasferisce nei panni del fine pedagogo.
Affermando che gioia e amore sono intimamente legati, perché la prima “è una forma”
del secondo, il Papa si sofferma sul valore dell’impegno e della costanza. Lealtà
e fedeltà nei rapporti e nel lavoro, chiarisce, sono imprescindibili. La gioia è come
una porta e per entrarvi, puntualizza, “siamo chiamati anche ad essere generosi, a
non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un’attenzione
particolare per i più bisognosi. Il mondo – ricorda – ha necessità di uomini e donne
competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune”. Dunque, ripete
ai giovani, “impegnatevi a studiare con serietà; coltivate i vostri talenti e metteteli
fin d’ora al servizio del prossimo”, lasciandovi sedurre dallo spirito di servizio
piuttosto che dall’avidità di soldi, successo o potere. Ciò, avverte, impone di individuare
bene su quali “traguardi” puntare: non certamente quelli di “comsumo”, figli di una
diffusa logica commerciale, ma sulla felicità che Dio promette a chi orienta a Lui
i grandi progetti della vita: la vocazione al matrimonio quanto quella al sacerdozio
o alla consacrazione.
Benedetto XVI tira le fila del suo discorso evocando
due figure d’eccellenza: il Beato Pier Giorgio Frassati – che amava dire che “ogni
cattolico non può non essere allegro” – e la Beata Chiara Badano, testimone di come
anche il dolore di una grave malattia, che l’ha portata via a soli 18 anni, “possa
essere trasfigurato dall’amore ed essere misteriosamente abitato dalla gioia”. È questo,
per Benedetto XVI, il punto più alto della gioia: quella che resiste “nelle prove”.
La conclusione è allora diretta e coinvolgente, con echi che riportano a quanto detto
all’inizio del Pontificato, poco prima della Gmg di Colonia: “A volte – sostiene il
Papa – viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che
opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia.
Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici
perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio!”.
Dunque, termina Benedetto XVI, siate “missionari della gioia. Non si può essere felici
se gli altri non lo sono: la gioia quindi deve essere condivisa”.