A Castel Sant'Angelo la mostra dedicata al mito di Amore e Psiche
Per festeggiare il termine dei lavori di restauro del fregio di Perin del Vaga che
raffigura la storia di Amore e Psiche in Castel Sant’Angelo, si è recentemente inaugurata
nei locali del Museo la mostra “La favola di Amore e Psiche. Il mito nell’arte dall’antichità
a Canova”. Ricca di pezzi di grande pregio e curiosità, rimarrà aperta fino al prossimo
10 giugno. Il servizio di Luca Pellegrini:
La favola
di Amore e Psiche, narrata da Apuleio, ha ispirato tanti capolavori dall’antichità
ai giorni nostri. L’arte ne ha colto la dimensione mitica e simbolica con una straordinaria
ricchezza e la mostra riporta all’attenzione questi diversi livelli di lettura, che
dalla mitologia classica sono entrati anche nella simbologia cristiana. Dalle piccole
sculture ai gioielli, dai dipinti alle ceramiche, e poi disegni, incisioni e arazzi,
esposti con attenzione nei locali del Castello, le vicende tristi e immortali della
giovane Psiche e del dio Eros hanno riscosso nei secoli un inalterato interesse. Ne
mette in evidenza le ragioni Maria Grazia Bernardini, direttore del Museo di
Castel Sant’Angelo e una delle curatrici della Mostra:
"Posso enucleare
due aspetti fondamentali: uno è questa fanciulla che si innamora di questo sposo che
non conosce – se non dopo lunghe traversie e avversità – ed alla fine arriva al matrimonio.
Diciamo quindi che è il trionfo di un amore contrastato, la sacralizzazione dell’amore
nel matrimonio. Se invece interpretiamo Psiche come anima ed Eros come un dio, è quindi
l’anima che per ricongiungersi a Dio e all’immortalità, deve seguire un percorso di
prove difficili e di purificazione".
Marina Mattei, curatore archeologo
dei Musei Capitolini e della parte archeologica della Mostra, coglie invece il percorso
artistico nell’antichità:
R. – Innanzitutto, c’è una ricerca sull’origine
dell’uomo e la scissione da un paradiso primario perduto – o luogo dove soggiornano
le anime – perché Psiche vuol dire farfalla ed anima, in greco ha questa doppia
accezione. Qui ospitiamo una serie di splendidi capolavori – IV secolo a.C.
– e poi piano piano dal III secolo a.C. ci sono tutte le vicende dei tormenti d’amore.
Questa è un’allegoria dell’anima, che deve ritrovare la parte spirituale nella parte
corporea, quindi c’è questo doppio che poi si attenua, si ricongiunge e i conflitti
si superano con il “bacio”. Il gruppo della scultura del Museo Capitolino, che ora
si trova qui, raccoglie questa ideologia.
D. – Anche l’arte cristiana
si è interessata alla favola, reinterpretandola...
R. – In ambito cristiano,
la Psiche è l’anima che si coniuga con il defunto. Quindi, soprattutto nei sarcofagi,
abbiamo queste rappresentazioni, molto spesso si tratta di defunti bambini o adolescenti.
E’ un’apoteosi: “Non piangete perché ora l’anima finalmente uscirà e potrà essere
beata.” Trovare quello che in Apuleio è la voluttà, il benessere, la beatitudine,
che Apuleio fa raggiungere attraverso l’amore, ma anche attraverso, purtroppo, l’ascesa
all’Olimpo quindi la divinizzazione e cioè anche la morte.
Infine, un grande
protagonista della Mostra, come ricorda la dottoressa Bernardini.
"Abbiamo
qui due opere di Canova ed il gesso da cui deriva il marmo dell’Ermitage di Amore
e Psiche estanti, e il bozzetto di Canova per il 'Bacio'. Due capolavori massimi dell’arte
di Canova". (cp)