Padre Lombardi: il Papa in Messico come messaggero di pace per una società più
giusta
La seconda giornata di Benedetto XVI in Messico vivrà nelle prossime ore due importanti
appuntamenti. Alle ore 18 locali, l'una ora italiana, il Papa si recherà alla “Casa
del Conde Rul” di Guanajuato per la visita di cortesia al presidente federale Felipe
Calderón. Subito dopo, in un momento particolarmente atteso, il Papa saluterà i bambini
messicani nella “Plaza de la Paz”, sempre di Guanajuato. Per una prima impressione
sull’inizio di questo viaggio apostolico in terra messicana, Giancarlo La Vella
ha intervistato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:
R. – Il Papa
sapeva che c’era un grandissimo desiderio da parte dei messicani di vederlo e si è
visto che questa era proprio la realtà. Ci sono stati sorrisi e soprattutto l’accoglienza
– a parte naturalmente quella delle autorità e del presidente – lungo la strada di
centinaia di migliaia di persone. Questa è una cosa caratteristica del Messico. Io
ricordo, anche nei viaggi di Giovanni Paolo II, che c’erano queste muraglie umane
lungo la strada, di persone sempre festose. Questo ci parla di una partecipazione
di popolo molto ampia. Quindi, i cattolici sono numerosi, ma il popolo in sé esprime
questo cuore nell’incontro con il Santo Padre. Nell’ultima delle risposte che ha dato
sull’aereo, il Papa ha parlato del cuore e ha dato una risposta significativa, proprio
perché metteva in rilievo come nella religiosità – una religiosità genuina – ci deve
però essere anche lo spazio del cuore, non solo quello della mente. E certamente la
dimensione mariana, la dimensione popolare della religiosità messicana - che va custodita,
che va sempre purificata - è una religiosità del cuore, e questo lo si vede.
D.
– Parlare ad un Paese che soffre, come ha sottolineato anche il presidente Calderón,
dà una forza particolare oggi alle parole del Papa...
R. – Il Papa sa bene
qual è la condizione in cui vive questo popolo. Qui c’è questo aspetto della violenza,
del sangue versato ogni giorno da tante persone, per le lotte connesse con il narcotraffico,
con il crimine organizzato, che colpisce molto. E sono tante le persone che hanno
perso i loro parenti, i loro figli, le persone care. Quindi, è un tema molto sentito.
Il Papa naturalmente viene come messaggero di pace e di speranza; vuole incoraggiare,
affinché la gente creda che può fare qualcosa, per cambiare realmente la situazione
e renderla più degna di una convivenza umana, serena e pacifica.
D. – E’ proprio
il Messico il terreno ideale per incarnare quella missione continentale per la nuova
evangelizzazione, lanciata da Aparecida? In che modo?
R. – Il Messico ha alcune
caratteristiche: è il Paese più grande di lingua spagnola del continente latino-americano;
è il Paese della Madonna di Guadalupe, quello in cui, quindi, fin dall’inizio dell’evangelizzazione
cristiana c’è stata una sintesi particolarmente felice e profonda tra la cultura e
il sentire delle persone autoctone di questo continente e la fede cristiana. Quindi,
come è stato il cuore della prima evangelizzazione cristiana, portando in sé anche
questa madre dell’evangelizzazione, una madre che presenta il figlio a tutto il popolo
cristiano, può essere certamente un luogo molto significativo per la nuova evangelizzazione,
intesa appunto nella sua ricchezza, come annuncio della fede: sia come annuncio di
una fede che opera nella carità e costruisce giustizia, sia come fede, che prende
un po’ tutta la persona umana e non è solo intellettuale, ma anche del cuore.
D.
– In questa realtà che significato assume la libertà religiosa, un tema al quale il
Papa ha riservato un passo assai significativo nel suo discorso. Il Messico è in progresso
anche su questo terreno?
R. – Il Messico viene da una storia di conflitto,
anche di tensione, su questo tema. Ci sono stati momenti di grande oppressione e di
martirio per i credenti. Si è fatto, però, un lungo cammino, una riconciliazione,
e Giovanni Paolo II, nei decenni più recenti, ha dato a questo un grande contributo,
aiutando quindi a riprendere i rapporti ufficiali tra il Messico e la Santa Sede.
La Chiesa naturalmente ha sempre vissuto in Messico ed è sempre stata numerosa e forte,
però ha avuto le sue difficoltà e guadagna gradualmente gli spazi, in un Paese che
si vuole laico, ma allo stesso tempo si vuole democratico. Quindi, libertà religiosa
significa non solo libertà di culto, ma anche possibilità di iniziativa della Chiesa
nell’esprimere la sua missione con opere, con attività che possano anche essere pubbliche,
non per prevaricare sugli altri, per imporre – diciamo – agli altri il proprio privilegio,
ma per poter servire la comunità e il bene comune in un modo più efficace.
D.
– Fede, speranza e carità rimangono la ricetta non solo per vivere una fede piena,
ma anche per una società più giusta...
R. – L’unico modo in cui si è cristiani,
è vivere queste virtù, che però hanno non solo una loro intensità teologale, ma anche
una loro espressività umana, cioè si esprimono in comportamenti, in azioni, che poi
sono capaci di trasformare la vita della persona, ma anche la vita attorno a lei,
la vita della società. (ap)