2012-03-24 07:38:15

Mons. Becciu: la Chiesa a Cuba è uscita dalle sacrestie


L’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e dal 2009 al 2011 nunzio a Cuba, accompagna il Papa in questo suo 23.mo viaggio apostolico internazionale. Il collega Alessandro Di Bussolo, del Centro Televisivo Vaticano, lo ha intervistato sulla tappa cubana chiedendogli innanzitutto come siano oggi in questo Paese i rapporti tra Stato e Chiesa e se questa seconda visita di un Papa nell’isola caraibica possa essere interpretata come un ulteriore passo in avanti di un dialogo già avviato:RealAudioMP3

R. - Certamente. I rapporti tra Stato e Chiesa sono dei rapporti abbastanza buoni: appena due anni fa abbiamo celebrato 75 anni di relazioni diplomatiche mai interrotte tra la Santa Sede e lo Stato cubano. Per cui, tra Santa Sede e Stato i rapporti sono stati sempre buoni e, direi, normali, non ci sono stati problemi. Però, è chiaro che il “termometro” vero per misurare le buone relazioni tra Santa Sede e Stato è la situazione dei rapporti tra il governo e la Chiesa locale. Diciamo che, soprattutto nell’ultimo periodo, soprattutto dopo Giovanni Paolo II, le relazioni sono diventate molto più scorrevoli, sono diventate molto più efficienti, perché la Chiesa è riuscita ad avere maggiori spazi per la sua azione. Si può dire che è uscita dalle sagrestie dove era stata costretta a vivere, ha sviluppato una maggiore attività catechetica e inoltre le è stata data la possibilità di svolgere la sua attività caritativa. Ed è soprattutto questo che ha fatto grande la Chiesa, che è diventata punto di attrazione per tanti che l’avevano abbandonata o, addirittura, non la conoscevano. Quindi, direi in sintesi, che le relazioni sono di un dialogo sincero, di un dialogo in cui la Chiesa può dire ai governanti quello che pensa, quello che vorrebbe che si realizzasse per il bene dello stesso popolo cubano.

D. - Questa seconda visita può essere anche un altro spartiacque come è stata anche la visita di Giovanni Paolo II che, possiamo dire, ha cambiato la vita dei cattolici a Cuba e che – Lei ne ha avuto esperienza – ha fatto un po’ cadere la diffidenza di molti politici cubani verso i cattolici?

R. - Direi che di una parte dei politici l’ha fatta cadere. Rimangono ancora riserve da parte di altri e non nascondiamocelo: ci sono alcuni che vivono di una certa idea dello Stato, di una certa idea della vita che non collima, che non coincide con quella della Chiesa. Per cui, rimangono refrattari, rimangono diffidenti alla proposta della Chiesa. Però per molti altri vi è stato un mutamento di atteggiamento. Un piccolo emblematico episodio: mi ricordo che ero appena arrivato in un ricevimento, mi avvicinai a due persone – un signore e una signora che poi mi dissero erano membri dell’Assemblea Popolare – e poi, parlando, mi dissero: “Lei è il rappresentante del Vaticano? Bene! Noi abbiamo una grande ammirazione per la Chiesa: sa, il parroco della Chiesa dove qualche volta vado, vedo che si dà da fare molto con i poveri, organizza la mensa per i poveri. E ne parlavo con un mio compagno di partito, il quale diceva: ‘Non è possibile, non possiamo permetterglielo. Questo è esclusiva del governo o del partito fare queste cose’ ”. E questo signore mi disse: “Subito gli rinfacciai: ‘Ma perché non lo facciamo noi? Se lui lo fa, ne dobbiamo essere contenti, ed anzi dobbiamo rimanere ammirati per l’opera che stanno facendo’ ”. Ecco, un piccolo esempio per dire che alcuni capiscono qual è l’azione vera, l’azione genuina della Chiesa, altri rimangono bloccati in una certa visione della vita e della società.

D. - L’azione della Chiesa - il cardinale Ortega in particolare - in questo delicato ruolo di mediazione e dialogo che sta svolgendo in questa fase importante della storia di Cuba, è un ruolo apprezzato e riconosciuto dal governo?

R. - Il fatto stesso che li abbiano chiamati a fare da intermediari significa che la Chiesa è considerata, la Chiesa ha un gradimento da parte del governo, è riconosciuta nel lavoro che essa compie nel ministero che essa sta svolgendo. E devo dire che vi è un senso di ammirazione per quello che la Chiesa sta compiendo, e sta compiendo proprio nel silenzio, sta compiendo a contatto con la gente. Non può fare grandi cose, non ha grandi mezzi, però ha la forza del Vangelo. E la forza del Vangelo la porta a fare piccole cose, ma concrete per la gente. Inoltre, quando ci fu nel 2008 il terribile uragano che tanti danni ha provocato in molte parti del Paese, la Chiesa fu in prima linea nel cercare aiuti all’estero, quindi tramite tutta l’organizzazione caritativa internazionale della Chiesa, per aiutare le popolazioni danneggiate che avevano subito danni incalcolabili nelle abitazioni, oppure nella mancanza di cibo. Fu una collaborazione con il governo, questa, ed il governo apprezzò tanto quest’opera fatta dalla Chiesa. Ma questa è la grandezza della Chiesa: che essa si fa forte del Vangelo e si fa forte della sua opera caritativa. Anche se viene privata di mezzi esterni, di scuole, di ospedali, istituzioni, essa continua e cammina proprio illuminata e rafforzata dallo Spirito, dallo Spirito di Dio, dalla forza del Vangelo e dall’attività caritativa. Ed è questo che ha cambiato il cuore di tanta gente e che ha fatto ammirare la Chiesa.

D. - Un esempio è anche questo pellegrinaggio della venerata immagine della Vergine della Carità del Cobre. Questa visita di Benedetto XVI sarà anche nel segno proprio di questa devozione. La grande partecipazione a questo pellegrinaggio è la testimonianza che la fede e la devozione mariana dei cubani non si sono mai spente, nonostante le difficoltà del passato?

R. - Io ho scoperto, vedendolo proprio direttamente, che la Vergine del Cobre è la Madre, è la Madonna di tutti, credenti e non credenti. E vedere le processioni dove partecipavano persone che sapevi che erano lontane dalla Chiesa, però si aggregavano ai cristiani già incamminati per portare la statua della Madonna verso il luogo della celebrazione, è qualcosa che ti colpiva e ti impressionava. E la Madonna ha smosso il cuore di tanti. Per cui, questo pellegrinaggio è stato la preparazione migliore per l’arrivo del Papa, perché tanti ormai si trovano preparati a questo grande evento, cioè anche internamente molti hanno già fatto passi concreti di riavvicinamento alla Chiesa. E poi sappiamo bene che la Madonna ha i suoi “segreti” per portare avanti la storia nel piccolo, però è quel piccolo che sa portare anche a cambiamenti insperati.

D. - Il Papa lo ha già preannunciato nella sua omelia del 12 dicembre: possiamo quindi aspettarci un messaggio sull’importanza anche del ruolo che deve giocare la fede cattolica nel cammino di integrazione dell’America Latina e del suo nuovo ruolo che deve giocare nel contesto mondiale?

R. - Sappiamo che in America Latina vive un numero enorme di cattolici, anzi mi pare che sia il numero più alto di cattolici che abbiamo nella Chiesa. Quindi è chiaro che giocano e giocheranno un ruolo importante in tutta la globalità della Chiesa. E la visita del Papa aiuterà i cattolici latino-americani a riconfermarsi nella loro fede, li incoraggerà e soprattutto li aiuterà a rimanere fedeli alla Chiesa, perché nell’America Latina sappiamo che la presenza delle sètte, delle nuove aggregazioni religiose è un problema. E tanti si lasciano incantare da queste nuove realtà che facciamo difficoltà a chiamare “ecclesiali”. Ma sono, però, realtà che si stanno nutrendo della presenza di cristiani e di cattolici che abbandonano la Chiesa. Per cui, sentire la presenza del Papa, sentire la sua parola, questo sarà un motivo forte per aiutarli a rimanere fedeli alla vera Chiesa, alla Chiesa di Gesù.







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