Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
Nella quinta Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo in cui alcuni
greci, giunti a Gerusalemme per la Pasqua ebraica, chiedono ai discepoli di Gesù di
poter incontrare il Maestro. Il Signore, interpellato da Andrea e Filippo, parla della
sua morte:
“È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In
verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane
solo; se invece muore, produce molto frutto”.
Su questo brano del Vangelo,
ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia
spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Siamo nella
terza Pasqua vissuta da Gesù nella vita pubblica, e questi greci pellegrini venuti
per le feste e che vogliono conoscere Gesù rappresentano simbolicamente le culture
e le genti che cercano un incontro con Colui che può salvare. Gesù parla di ora che
giunge, di seme che muore, di molto frutto: incontrarlo davvero, e non per pura curiosità,
è possibile solo a chi lo riconosce e lo accetta come seme che muore e germoglia,
come crocifisso vittorioso, come umiliato che il Padre esalta. Poteva essere un momento
di fama che si allargava, di gratificazione dopo tante fatiche: gente di fuori che
lo cercava sull’onda della fama. Ma quella voce dal cielo, che per tanti è segno di
prodigio e messaggio celestiale, rimanda piuttosto alla storia e ai campi della vita.
Gesù seduce ancora, ma incontrarlo e seguirlo è accettare che la sua ora di fatica
e umiliazione sia il sentiero e il paradigma anche per noi. La morte è un fantasma
che incombe: ma Gesù l’affronta con piena coscienza e totale disponibilità. Con lui
anche noi camminiamo fiduciosi che il principe di questo mondo sarà “buttato fuori”
e la vita trionferà.