Golpe in Mali. Condanna internazionale, appello dell'arcivescovo di Bamako
Condanna internazionale per il golpe in Mali condotto dai militari che hanno decretato
il coprifuoco, chiuso i confini del Paese, sospeso la Costituzione. Nel mirino il
presidente Toumani Tourè, reo di aver abbandonato le milizie che combattono contro
la minoranza Tuareg nel nord del Mali, regione con forte presenza di Al Qaeda. Una
situazione che mette in grave pericolo le elezioni presidenziali del prossimo 29 aprile.
Benedetta Capelli ha raccolto la testimonianza di mons. Jean Zerbo,
arcivescovo della capitale Bamako: R. – Noi aspettiamo
di avere più notizie su quanto sta accadendo. C’è tensione a causa del problema del
nord del Paese, dove la situazione si è aggravata e credo che questo abbia destabilizzato
un po’ le famiglie nel sud perché i militari quando sono tornati erano ammalati e
feriti. Questo è stato uno shock per le famiglie. Credo che la reazione e il golpe
sia avvenuta per questo motivo, lo shock è stato terribile… sono state ferite e sono
morte molte persone.
D. - Quello che dicono i militari è che il presidente
ha fatto poco per loro, per proteggerli: effettivamente era così?
R. – Gli
altri sono più armati e anche la zona non è molto conosciuta: nel nord del Mali è
difficile combattere. In più i militari hanno cercato di avere più armamenti per poter
affrontare i nemici o piuttosto i fratelli, perché noi siamo tutti fratelli… noi ci
auguriamo che si trovi una soluzione a questo problema che dura dal ’63.
D.
– I Tuareg vogliono l’indipendenza ma c’è il pericolo che tra di loro ci siano elementi
di al Qaeda?
R. – Dicono anche questo. Il problema è la complessità della situazione.
Che cosa fare? Noi possiamo parlare con calma e incontrare i vari protagonisti, cercare
insieme una strada di uscita per salvare il Paese.
D. - Quale può essere in
questo senso il ruolo della Chiesa cattolica?
R. – Non soltanto la Chiesa cattolica.
Ci sono musulmani, protestanti, cattolici e tutti insieme cerchiamo la strada che
Dio ci indica. Credo che se siamo più persone a cercare la pace Dio stesso ci ispirerà
sul da farsi. La Chiesa si sta impegnando per questo.
D. - Nella zona dei Tuareg
che cosa bisognerebbe fare? Anche perché c’è ormai una presenza integralista…
R.
– Bisogna educare la gente perché la religione deve essere una scelta libera, Dio
dà questa possibilità ad ogni uomo e non può essere un obbligo. Noi dobbiamo predicare
questo non soltanto con la parola ma anche con l’esempio. Così, poco a poco, quelli
che vogliono imporre il fondamentalismo devono capire che solo Dio ha la possibilità
di giudicare gli uomini.
D. – Com’è la situazione per quanto riguarda la popolazione?
Quali sono le difficoltà della popolazione del Mali?
R. - Abbiamo tanti problemi
da risolvere, ci mancava la guerra! La realtà è che c’è mancanza di cibo e ora anche
il conflitto del nord… Per quanto riguarda l’acqua c’è il fiume Niger e un tecnico
diceva: lì c’è l’acqua e non c’è la fame ... ma purtroppo la realtà è diversa: sì,
c’è l’acqua in Mali ma c’è anche la fame.
D. - Che cosa si sente di dire alla
comunità internazionale, qual è l’appello che vuole lanciare dai nostri microfoni?
R.
- La comunità internazionale non deve prendere i nostri soldi per venderci le armi.
Abbiamo bisogno veramente di tante cose come i pannelli solari e risorse per limitare
l’avanzata del deserto. C’è bisogno comunque della solidarietà. La comunità internazionale
deve trovare un modo per mettere fine ad un conflitto tra fratelli, non essere di
parte, questo è il mio messaggio. (bf)