2012-03-23 08:36:08

Golpe in Mali. Condanna internazionale, appello dell'arcivescovo di Bamako


Condanna internazionale per il golpe in Mali condotto dai militari che hanno decretato il coprifuoco, chiuso i confini del Paese, sospeso la Costituzione. Nel mirino il presidente Toumani Tourè, reo di aver abbandonato le milizie che combattono contro la minoranza Tuareg nel nord del Mali, regione con forte presenza di Al Qaeda. Una situazione che mette in grave pericolo le elezioni presidenziali del prossimo 29 aprile. Benedetta Capelli ha raccolto la testimonianza di mons. Jean Zerbo, arcivescovo della capitale Bamako: RealAudioMP3
R. – Noi aspettiamo di avere più notizie su quanto sta accadendo. C’è tensione a causa del problema del nord del Paese, dove la situazione si è aggravata e credo che questo abbia destabilizzato un po’ le famiglie nel sud perché i militari quando sono tornati erano ammalati e feriti. Questo è stato uno shock per le famiglie. Credo che la reazione e il golpe sia avvenuta per questo motivo, lo shock è stato terribile… sono state ferite e sono morte molte persone.

D. - Quello che dicono i militari è che il presidente ha fatto poco per loro, per proteggerli: effettivamente era così?

R. – Gli altri sono più armati e anche la zona non è molto conosciuta: nel nord del Mali è difficile combattere. In più i militari hanno cercato di avere più armamenti per poter affrontare i nemici o piuttosto i fratelli, perché noi siamo tutti fratelli… noi ci auguriamo che si trovi una soluzione a questo problema che dura dal ’63.

D. – I Tuareg vogliono l’indipendenza ma c’è il pericolo che tra di loro ci siano elementi di al Qaeda?

R. – Dicono anche questo. Il problema è la complessità della situazione. Che cosa fare? Noi possiamo parlare con calma e incontrare i vari protagonisti, cercare insieme una strada di uscita per salvare il Paese.

D. - Quale può essere in questo senso il ruolo della Chiesa cattolica?

R. – Non soltanto la Chiesa cattolica. Ci sono musulmani, protestanti, cattolici e tutti insieme cerchiamo la strada che Dio ci indica. Credo che se siamo più persone a cercare la pace Dio stesso ci ispirerà sul da farsi. La Chiesa si sta impegnando per questo.

D. - Nella zona dei Tuareg che cosa bisognerebbe fare? Anche perché c’è ormai una presenza integralista…

R. – Bisogna educare la gente perché la religione deve essere una scelta libera, Dio dà questa possibilità ad ogni uomo e non può essere un obbligo. Noi dobbiamo predicare questo non soltanto con la parola ma anche con l’esempio. Così, poco a poco, quelli che vogliono imporre il fondamentalismo devono capire che solo Dio ha la possibilità di giudicare gli uomini.

D. – Com’è la situazione per quanto riguarda la popolazione? Quali sono le difficoltà della popolazione del Mali?

R. - Abbiamo tanti problemi da risolvere, ci mancava la guerra! La realtà è che c’è mancanza di cibo e ora anche il conflitto del nord… Per quanto riguarda l’acqua c’è il fiume Niger e un tecnico diceva: lì c’è l’acqua e non c’è la fame ... ma purtroppo la realtà è diversa: sì, c’è l’acqua in Mali ma c’è anche la fame.

D. - Che cosa si sente di dire alla comunità internazionale, qual è l’appello che vuole lanciare dai nostri microfoni?

R. - La comunità internazionale non deve prendere i nostri soldi per venderci le armi. Abbiamo bisogno veramente di tante cose come i pannelli solari e risorse per limitare l’avanzata del deserto. C’è bisogno comunque della solidarietà. La comunità internazionale deve trovare un modo per mettere fine ad un conflitto tra fratelli, non essere di parte, questo è il mio messaggio. (bf)








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