Ecuador. Marcia degli Indios per l’acqua e la terra, contro lo strapotere delle multinazionali
Il movimento degli Indios protagonista in Ecuador di una marcia di protesta che ha
travalicato i confini del Paese latinoamericano per interrogare la comunità internazionale
sul rispetto dei diritti delle minoranze e la tutela dell’ambiente amazzonico e lo
strapotere di società multinazionali. Il servizio di Roberta Gisotti:
“Per la
vita, l’acqua e la terra”: circa duemila tra Indios e altri sostenitori hanno marciato
per 14 giorni percorrendo 700 chilometri ed arrivare nella capitale, Quito. Protestano
contro l’accordo - siglato dal governo con una società canadese controllata da imprese
cinesi - per realizzare una miniera di rame, oro e argento, nel sud dell’Amazzonia,
il più grande progetto a cielo aperto nella storia dell’Ecuador. Sergio Marelli,
segretario generale della Focsiv-volontari nel mondo:
R. - Sacrificare foreste,
sacrificare risorse naturali, sacrificare un patrimonio che è dell’umanità, per un
ulteriore sfruttamento delle materie prime, in particolare delle risorse minerali,
penso sia la giusta motivazione dell’indignazione di questa popolazione.
D.
- Eppure il presidente ecuadoregno Correa, difende la politica mineraria del governo,
denunciando che gli Indios sarebbero manipolati dalla partitocrazia e dalla stampa
corrotta...
R. - Sono i giochi che si instaurano fra i diversi poteri e le
diverse forze sociali in campo. Bisogna ricordare, tra l’altro, che il presidente
Correa, ha origini proprio dalla comunità indigena di questo Paese. Ha dimostrato
in passato, anche di fronte alla comunità internazionale, di avere il coraggio di
compiere delle scelte risolute e determinate. Basti pensare a questo progetto, a questa
proposta che ha annunciato in sede di Nazioni Unite, del cosiddetto “Parco Yasunì
Itt”. Ciò mostra la sua disponibilità a rinunciare ad estrarre petrolio, in uno dei
siti di maggiore biodiversità a livello mondiale, che si trova all’interno del confini
del suo Paese, l’Ecuador. Quindi sicuramente, un presidente che non può essere accusato
di insensibilità a queste tematiche, però è allo stesso tempo, un presidente della
Repubblica, che quindi deve fare i conti anche con le necessarie mediazioni che chi
accetta di governare un Paese, probabilmente si trova costretto a fare.
D.
- Le proteste degli Indios in America Latina, negli ultimi anni, sono venute alla
luce a livello internazionale. Quindi possiamo dire che il movimento di rivendicazione
dei loro diritti, ma anche della tutela dell’ambiente, abbiano avuto un vantaggio?
R.
– Sicuramente, quale rappresentante di una realtà di società civile, in questo, mi
sento un po’ fiero, perché anche grazie alla mobilitazione - che al livello mondiale
le organizzazioni della società civile hanno promosso in questi ultimi decenni - la
questione indigena, è stata posta finalmente tra le priorità dell’agenda della comunità
internazionale. Ormai non c’è più conferenza internazionale, non c’è più dichiarazione
della comunità internazionale, che non inserisca tra le grandi priorità, proprio la
difesa dei diritti degli uomini e delle comunità indigene a qualunque Paese esse appartengano.
Quindi sicuramente un risultato importante, un risultato che tuttavia ha ancora bisogno
di essere messo in pratica e di concretizzazioni che facciano in modo che i diritti
di queste minoranze, che rischiano di essere schiacciate dai grandi interessi dei
grandi potentati economico-commerciali a livello mondiale, debbano essere salvaguardati.
(bi)