Benedetto XVI a colloquio con i giornalisti: primo atto è annunciare Dio
Benedetto XVI, ieri mattina, prima di partire per il Messico, è stato salutato all'aeroporto
di Fiumicino dal premier italiano Mario Monti. Nell’aereo papale, decollato alle 9.50,
si è tenuta la consueta conferenza stampa con i giornalisti al seguito. Una conversazione
che ha spaziato su molti temi di attualità: dalla piaga del narcotraffico in Messico
alla situazione sociale a Cuba e, ancora, alla sfida della nuova evangelizzazione
nel Continente latinoamericano. Il servizio di Alessandro Gisotti: Il servizio di
Alessandro Gisotti(e la trascrizione della conferenza stampa):
“Vado per incoraggiare
e per imparare, per confortare nella fede, nella speranza e nella carità”: così, Benedetto
XVI ha riassunto lo spirito che animerà il suo viaggio apostolico in Messico e a Cuba.
Ed ha sottolineato che la sua visita si compie sulle tracce degli storici viaggi di
Giovanni Paolo II in terra cubana e messicana. Il Papa, rispondendo ad una domanda,
si è soffermato sul problema del narcotraffico e della violenza in Messico. Ed ha
sottolineato che la Chiesa cattolica ha una grande responsabilità nell’affrontare
questa piaga:
“Dobbiamo fare il possibile contro questo male distruttivo
dell’umanità e della nostra gioventù. Direi che il primo atto è annunciare Dio”.
E’
responsabilità della Chiesa, ha soggiunto, “educare le coscienze, educare alla responsabilità
morale” e “smascherare il male”. Bisogna “smascherare questa idolatria del denaro
che schiavizza gli uomini”, “smascherare queste false promesse”. Ancora, il Papa ha
affermato che la Chiesa “smaschera il male”, rendendo “presente la bontà di Dio”,
“la sua verità”. A proposito della situazione socio-politica a Cuba, il Papa ha ricordato
come con la visita di Giovanni Paolo II di 14 anni fa sia stata “inaugurata una strada
di collaborazione e dialogo”, una via che “esige pazienza” ma che “va avanti”. Del
resto, ha aggiunto, l'ideologia marxista “non risponde più alla realtà”. Ha quindi
assicurato che la Chiesa vuole aiutare “in spirito di dialogo” per dar vita ad una
società più giusta”. La Chiesa, ha soggiunto, “sta sempre dalla parte della libertà”,
di coscienza e di religione. Riguardo poi all’impegno della nuova evangelizzazione
in America Latina, ha ribadito che vanno collegati il cuore e la ragione per confrontarsi
con la secolarizzazione. Il Pontefice non ha poi mancato di confermare l’impegno della
Chiesa per la giustizia sociale. “La Chiesa – ha avvertito - non è un potere politico,
non è un partito, ma è una realtà morale, un'autorità morale”. Dunque, è responsabilità
della Chiesa “educare le coscienze e così creare la responsabilità necessaria; educare
le coscienze sia nella sfera individuale sia nella sfera pubblica”. E questo, ha osservato,
soprattutto perché in America Latina e altrove, “presso non pochi cattolici”, si riscontra
una certa “schizofrenia tra morale individuale e pubblica”. Nella sfera individuale,
ha affermato, “sono cattolici credenti, ma nella vita pubblica si seguono altre strade
che non rispondono ai grandi valori del Vangelo che sono necessari per la fondazione
di una società giusta”.
Pubblichiamo di seguito la trascrizione del
colloquio del Papa con i giornalisti:
Padre Lombardi: Santità, grazie
di essere in mezzo a noi, all’inizio di questo viaggio così bello e importante. Come
vede, la nostra assemblea viaggiante è numerosa: ci sono più di 70 giornalisti che
La seguono con attenzione, e il gruppo più importante – a parte gli italiani – sono,
naturalmente, i messicani, che sono un bel gruppo: ce ne sono almeno 14; i rappresentanti
delle televisioni messicane che seguiranno e copriranno tutto il viaggio. C’è anche
un bel gruppo degli Stati Uniti, un bel gruppo della Francia, di altri Paesi. Ecco,
quindi siamo un po’ rappresentanti di tutto il mondo. Come al solito, abbiamo raccolto,
nei giorni scorsi, diverse domande da parte dei giornalisti e ne abbiamo scelte cinque,
che sono espressione, un po’, dell’attesa generale. E questa volta, dato che abbiamo
più spazio e un po’ più di tempo, non le pongono io, ma le pongono i giornalisti stessi
che le hanno formulate o comunque che ci siamo distribuite tra noi per farle. Allora,
cominciamo con una domanda che Le viene posta dalla signora Maria Collins per la televisione
"Univision", che è una delle televisioni che segue questo viaggio; è una signora messicana
che ci farà la domanda in spagnolo e poi io la ripeterò in italiano per tutti.
1a
Domanda: Santo Padre, il Messico e Cuba sono stati terre in cui i viaggi del suo
Predecessore hanno fatto storia. Con quale animo e con quali speranze Lei si mette
oggi sulle sue tracce?
Santo Padre: Cari amici, anzitutto vorrei dire: benvenuti
e grazie per il vostro accompagnamento in questo viaggio, che speriamo sia benedetto
dal Signore. Io, in questo viaggio, mi sento totalmente nella continuità con Papa
Giovanni Paolo II. Mi ricordo benissimo del suo primo viaggio in Messico, che è stato
realmente storico. In una situazione giuridica ancora molto confusa, ha aperto le
porte, ha incominciato una nuova fase della collaborazione tra Chiesa, società e Stato.
E mi ricordo bene anche del suo viaggio storico in Cuba. Quindi, cerco di andare nelle
sue tracce e continuare quanto lui ha cominciato. Per me c’era, fin dall’inizio, un
desiderio di visitare il Messico. Da cardinale sono stato in Messico, con ottimi ricordi,
e ogni mercoledì sento l’applauso, la gioia dei messicani. Essere adesso da Papa,
qui, per me è una grande gioia e risponde ad un desiderio che ho avuto da tanto tempo.
Per dire quali sentimenti mi toccano, mi vengono in mente le parole del Vaticano II
"gaudium et spes, luctus et angor", gioia e speranza, ma anche lutto e angoscia. Condivido
le gioie e le speranze, ma condivido anche il lutto e le difficoltà di questo grande
Paese. Vado per incoraggiare e per imparare, per confortare nella fede, nella speranza
e nella carità, e per confortare nell’impegno per il bene e nell’impegno per la lotta
contro il male. Speriamo che il Signore ci aiuti!
P. Lombardi: Grazie,
Santità. E ora diamo la parola al dott. Javier Alatorre Soria, che rappresenta Tele
Azteca, una delle grandi televisioni messicane che ci seguiranno in questi giorni:
2a
Domanda: Santità, il Messico è un Paese con risorse e possibilità meravigliose,
ma in questi anni sappiamo che è anche terra di violenza per il problema del narcotraffico.
Si parla di 50.000 morti negli ultimi cinque anni. Come affronta la Chiesa cattolica
questa situazione? Lei avrà parole per i responsabili, e per i trafficanti che a volte
si professano cattolici o addirittura benefattori della Chiesa?
Santo Padre:
Noi conosciamo bene tutte le bellezze del Messico, ma anche questo grande problema
del narcotraffico e della violenza. È certamente una grande responsabilità per la
Chiesa cattolica in un Paese con l’80 per cento di cattolici. Dobbiamo fare il possibile
contro questo male distruttivo dell’umanità e della nostra gioventù. Direi che il
primo atto è annunciare Dio: Dio è il giudice, Dio che ci ama, ma ci ama per attirarci
al bene, alla verità contro il male. Quindi, è grande responsabilità della Chiesa
educare le coscienze, educare alla responsabilità morale e smascherare il male, smascherare
questa idolatria del denaro, che schiavizza gli uomini solo per questa cosa; smascherare
anche le false promesse, la menzogna, la truffa, che sta dietro la droga. Dobbiamo
vedere che l’uomo ha bisogno dell’infinito. Se Dio non c’è, l’infinito si crea i suoi
propri paradisi, un’apparenza di "infinititudini" che può essere solo una menzogna.
Perciò è tanto importante che Dio sia presente, accessibile; è una grande responsabilità
davanti al Dio giudice che ci guida, ci attira alla verità e al bene, e in questo
senso la Chiesa deve smascherare il male, rendere presente la bontà di Dio, rendere
presente la sua verità, il vero infinito del quale abbiamo sete. È il grande dovere
della Chiesa. Facciamo tutti insieme il possibile, sempre più.
P. Lombardi:
Santità, la terza domanda Le viene posta da Valentina Alazraki per Televisa, una delle
veterane dei nostri viaggi, che Lei ben conosce e che è così lieta che finalmente
Lei possa andare anche nel suo Paese:
3a Domanda: Santità, noi Le diamo
veramente il benvenuto in Messico: siamo tutti contenti che Lei vada in Messico. La
domanda è la seguente: Santo Padre, dal Messico Lei ha detto di volersi rivolgere
all’intera America Latina nel bicentenario dell’indipendenza. L’America Latina, nonostante
lo sviluppo, continua ad essere una regione di contrasti sociali, dove si trovano
i più ricchi accanto ai più poveri. A volte sembra che la Chiesa cattolica non sia
sufficientemente incoraggiata ad impegnarsi in questo campo. Si può continuare a parlare
di "teologia della liberazione" in un modo positivo, dopo che certi eccessi – sul
marxismo o la violenza – sono stati corretti?
Santo Padre: Naturalmente
la Chiesa deve sempre chiedere se si fa a sufficienza per la giustizia sociale in
questo grande Continente. Questa è una questione di coscienza che dobbiamo sempre
porci. Chiedere: che cosa può e deve fare la Chiesa, che cosa non può e non deve fare.
La Chiesa non è un potere politico, non è un partito, ma è una realtà morale, un potere
morale. In quanto la politica fondamentalmente dev’essere una realtà morale, la Chiesa,
su questo binario, ha fondamentalmente a che fare con la politica. Ripeto quanto avevo
già detto: il primo pensiero della Chiesa è educare le coscienze e così creare la
responsabilità necessaria; educare le coscienze sia nell’etica individuale, sia nell’etica
pubblica. E qui forse c’è una mancanza. Si vede, in America Latina ma anche altrove,
presso non pochi cattolici, una certa schizofrenia tra morale individuale e pubblica:
personalmente, nella sfera individuale, sono cattolici, credenti, ma nella vita pubblica
seguono altre strade che non corrispondono ai grandi valori del Vangelo, che sono
necessari per la fondazione di una società giusta. Quindi, bisogna educare a superare
questa schizofrenia, educare non solo ad una morale individuale, ma ad una morale
pubblica, e questo cerchiamo di farlo con la Dottrina Sociale della Chiesa, perché,
naturalmente, questa morale pubblica dev’essere una morale ragionevole, condivisa
e condivisibile anche da non credenti, una morale della ragione. Certo, noi nella
luce della fede possiamo meglio vedere tante cose che anche la ragione può vedere,
ma proprio la fede serve anche per liberare la ragione dagli interessi falsi e dagli
oscuramenti degli interessi, e così creare nella dottrina sociale, i modelli sostanziali
per una collaborazione politica, soprattutto per il superamento di questa divisione
sociale, antisociale, che purtroppo esiste. Vogliamo lavorare in questo senso. Non
so se la parola "teologia della liberazione", che si può anche interpretare molto
bene, ci aiuterebbe molto. Importante è la comune razionalità alla quale la Chiesa
offre un contributo fondamentale e deve sempre aiutare nell’educazione delle coscienze,
sia per la vita pubblica, sia per la vita privata.
P. Lombardi: Grazie
Santità. E ora una quarta domanda. Questa la fa una delle nostre "decane" di questi
viaggi, ma sempre giovane, Paloma Gómez Borrero, che rappresenta anche la Spagna in
questo viaggio, che naturalmente ha una grande interesse anche per gli spagnoli.
4a
Domanda: Santità, guardiamo a Cuba. Tutti ricordiamo le famose parole di Giovanni
Paolo II: "Che Cuba si apra al mondo e che il mondo si apra a Cuba". Sono passati
14 anni, ma sembra che queste parole siano ancora attuali. Come Lei sa, durante l’attesa
del suo viaggio, molte voci di oppositori e di sostenitori dei diritti umani si sono
fatte sentire. Santità, Lei pensa di riprendere il messaggio di Giovanni Paolo II,
pensando sia alla situazione interna di Cuba, sia a quella internazionale?
Santo
Padre: Come ho già detto, mi sento in assoluta continuità con le parole del Santo
Padre Giovanni Paolo II, che sono ancora attualissime. Questa visita del Papa ha inaugurato
una strada di collaborazione e di dialogo costruttivo; una strada che è lunga e che
esige pazienza, ma va avanti. Oggi è evidente che l’ideologia marxista com’era concepita,
non risponde più alla realtà: così non si può più rispondere e costruire un società;
devono essere trovati nuovi modelli, con pazienza e in modo costruttivo. In questo
processo, che esige pazienza ma anche decisione, vogliamo aiutare in spirito di dialogo,
per evitare traumi e per aiutare il cammino verso una società fraterna e giusta come
la desideriamo per tutto il mondo e vogliamo collaborare in questo senso. È ovvio
che la Chiesa stia sempre dalla parte della libertà: libertà della coscienza, libertà
della religione. In tale senso contribuiamo, contribuiscono proprio anche semplici
fedeli in questo cammino in avanti.
P. Lombardi: Grazie Santità, come
può immaginare, ci sarà grande attenzione per i suoi discorsi a Cuba da parte di tutti
noi. Ed ora per la quinta domanda diamo la parola ad un francese, perché appunto ci
sono anche gli altri popoli qui che sono presenti. Jean-Louis de La Vaissière è il
corrispondente della France Press a Roma, e ci ha proposto diverse domande interessanti
per questo Viaggio e quindi era giusto che lui interpretasse anche le nostre domande
e le nostre attese.
5° Domanda: Santità, dopo la Conferenza di Aparecida
si parla di "missione continentale" della Chiesa in America Latina; fra pochi mesi
vi sarà il Sinodo sulla nuova evangelizzazione e inizierà l’Anno della fede. Anche
in America Latina vi sono le sfide della secolarizzazione, delle sette. In Cuba vi
sono le conseguenze di una lunga propaganda dell’ateismo, la religiosità afrocubana
è molto diffusa. Pensa che questo viaggio sia un incoraggiamento per la "nuova evangelizzazione"
e quali sono i punti che Le stanno più a cuore in questa prospettiva?
Santo
Padre: Il periodo della nuova evangelizzazione è cominciato con il Concilio; questa
era fondamentalmente l’intenzione di Papa Giovanni XXIII; è stata molto sottolineata
da Papa Giovanni Paolo II e la sua necessità, in un mondo che è in grande cambiamento,
diventa sempre più evidente. Necessità nel senso che il Vangelo deve esprimersi in
modi nuovi; necessità anche nell’altro senso, che il mondo ha bisogno di una parola
nella confusione, nella difficoltà di orientarsi oggi. C’è una situazione comune del
mondo, c’è la secolarizzazione, l’assenza di Dio, la difficoltà di trovare accesso,
di vederlo come una realtà che concerne la mia vita. E dall’altra parte ci sono i
contesti specifici; lei ha accennato a quelli di Cuba con il sincretismo afro-cubano,
con tante altre difficoltà, ma ogni Paese ha la sua situazione culturale specifica.
E da una parte dobbiamo partire dal problema comune: come oggi, in questo contesto
della nostra moderna razionalità, possiamo di nuovo riscoprire Dio come l’orientamento
fondamentale della nostra vita, la speranza fondamentale della nostra vita, il fondamento
dei valori che realmente costruiscono una società, e come possiamo tener conto della
specificità delle situazioni diverse. Il primo mi sembra molto importante: annunciare
un Dio che risponde alla nostra ragione, perché vediamo la razionalità del cosmo,
vediamo che c’è qualcosa dietro, ma non vediamo come sia vicino questo Dio, come concerne
me e questa sintesi del Dio grande e maestoso e del Dio piccolo che è vicino a me,
mi orienta, mi mostra i valori della mia vita è il nucleo dell’evangelizzazione. Quindi
un Cristianesimo essenzializzato, dove si trova realmente il nucleo fondamentale per
vivere oggi con tutti i problemi del nostro tempo. E dall’altra parte, tenere conto
della realtà concreta. In America Latina, in genere, è molto importante che il Cristianesimo
non sia mai tanto una cosa della ragione, ma del cuore. La Madonna di Guadalupe è
riconosciuta ed amata da tutti, perché capiscono che è una Madre per tutti ed è presente
dall’inizio in questa nuova America Latina, dopo l’arrivo degli Europei. E pure in
Cuba abbiamo la Madonna del Cobre, che tocca i cuori e tutti sanno intuitivamente
che è vero, che questa Madonna ci aiuta, che esiste, ci ama e ci aiuta. Ma questa
intuizione del cuore deve collegarsi con la razionalità della fede e con la profondità
della fede che va oltre la ragione. Dobbiamo cercare di non perdere il cuore, ma di
collegare cuore e ragione, così che cooperino, perché solo così l’uomo è completo
e può realmente aiutare e lavorare per un futuro migliore.