Siria: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu vara un documento in cui si sostiene il
piano di Kofi Annan
In Siria bisogna applicare integralmente ed immediatamente il piano proposto da Kofi
Annan. Posizione netta, dunque, quella del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che nel
documento approvato ieri dai 15 Paesi membri è riuscito a compattare per la prima
volta la comunità internazionale, compresa la Russia. Un fronte comune che, però,
non riesce a far tacere le armi: solo ieri sono state 68 le persone uccise. Il servizio
di Marina Calculli:
La Russia
ha detto sì, come abbiamo sentito, al documento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Un ulteriore passo verso una politica di allontanamento da Damasco; già ieri il ministro
degli Esteri di Mosca, Lavrov, in un’intervista, aveva parlato di “gravi errori commessi
da Assad”. Eppure la Russia è stata per lunghi anni uno degli alleati più stretti
di Damasco. Perché queste incrinature? Salvatore Sabatino ne ha parlato con il prof.
Luigi Bonanate, docente di Relazioni Internazionali presso l’Università di Torino:
R. – Se il ministro
Lavrov davvero ha parlato di errori, dovrebbe correggere il suo linguaggio, perché
per quanto riguarda Assad non si tratta di errori, ma di comportamenti politici inaccettabili.
La storia dei rapporti tra questi due Paesi è molto lunga e nasce dalla Russia comunista.
Dovrebbe addirittura farci chiedere se ci sia continuità tra la Russia di una volta
e quella di oggi. Che fossero alleati una volta non significa che lo debbano essere
oggi. Quando un Paese si comporta in quel modo, se ne dovrebbero trarre le conseguenze. D.
– Un rapporto, come diceva lei, strettissimo. Sono solo questioni economiche o c’è
qualcosa di più sotto? R. – No, ci sono le questioni economiche, c’è la tradizione,
c’è il riflesso condizionato di Putin, che se l’Occidente è da una parte, lui tendenzialmente
si dissocia. Tutto questo, però, va commisurato alla gravità degli eventi e qui siamo
di fronte a eventi gravissimi: nel fare, come ha fatto Putin, fino a ieri – e finalmente
adesso comincia ad allontanarsi da quella posizione – dobbiamo aspettarci che lo faccia
ancora la Cina, perché non si può tollerare l’intollerabile. D. – La Russia in
questi mesi ha giocato il ruolo di attore scomodo, rallentando le possibili azioni
della comunità internazionale contro la Siria. Cosa ha avuto in cambio? R. – Più
che avere in cambio qualcosa, Putin dovrebbe ricevere da noi una grande mobilitazione
di opinione pubblica. Se oggi Putin tende a modificare la sua posizione è perché il
mondo occidentale sta levando la voce. Ora, noi dovremmo imparare tutti – e questo
lo dico anche per noi – a far muovere l’opinione pubblica: dobbiamo discutere, dobbiamo
parlarne, come fate giustamente voi adesso. Dobbiamo far vedere che l’opinione pubblica
del mondo disapprova certi comportamenti. Se vogliamo che la democrazia avanzi nel
mondo e nella storia, dobbiamo imparare a discutere, a far discutere, anche criticare
senza sparare.
D. – Secondo lei, Mosca può aver paura che le proteste siriane
possano contagiare anche la Russia, in un momento di grande insoddisfazione su come
viene gestito il potere nel Paese?
R. – Certo, per tutti coloro il cui potere
si regge non sul consenso, la paura è quella di vedere che l’incendio appiccato nella
casa del vicino possa propagarsi alla propria. E’ chiaro che la vita nel mondo è fatta
così. Gli Stati vicini sono un esempio e/o una preoccupazione. Anche per questo dovremmo
tutti occuparci maggiormente di questa dimensione della realtà, cioè della politica
internazionale: è la nostra vita di tutti i giorni. D. – Se il regime siriano cadesse,
la Russia dovrebbe cambiare le sue strategie nell’area. Come?
R. – Se cade
in modo traumatico, violento o violentissimo, come è stato ad esempio in Libia, nessuno
sa come muoversi poi dopo, perché la Siria è un Paese più popoloso, con una tradizione
ben diversa da quella libica. Quindi, sarebbe un dramma molto difficile da gestire
per chiunque, Russia compresa. Se invece Assad se ne andasse, allora la Russia potrebbe
a quel punto dire: “Beh, è stato proprio merito nostro”. Quindi, potrebbe esserci
un vantaggio politico, diplomatico per la Russia, in quel caso. (ap)