No a tutte le discriminazioni: in Italia celebrazioni per la Giornata contro il razzismo
Trentacinque catene umane in altrettante città italiane per dire “No a tutti i razzismi”.
E’ stato il modo oggi di celebrare la Giornata mondiale contro il razzismo, anniversario
della strage di Sharpeville, in Sudafrica: il 21 marzo del 1960 la polizia sparò sui
manifestanti uccidendo 69 cittadini neri in protesta contro il regime dell'apartheid.
E a Roma si è svolta un’iniziativa organizzata da Cgil, Cisl e Uil, patrocinata dal
ministero per la Cooperazione e l’Integrazione. Il servizio di FrancescaSabatinelli:
La giornata
di oggi non è una celebrazione vuota e retorica, ma un monito all’Italia e all’Europa,
soprattutto dopo i fatti di Tolosa. Lo ha sottolineato il ministro per la Cooperazione
internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi, durante l’incontro di oggi
a Roma: “RazzisNO! Un patto tra politica e società per contrastare le discriminazioni”.
Il razzismo non deve diventare una parola vecchia, ma deve restare una delle nostre
preoccupazioni di fronte anche all’aumento in Italia di casi di discriminazione, ha
aggiunto Riccardi, ricordando l’incendio a Torino contro il campo Rom e l’uccisione
di due senegalesi a Firenze per mano di un estremista di destra. Contro il razzismo,
ha poi ricordato, “c’è bisogno di norme, ma anche di pensieri e di parole nuove”.
E’ necessario ripudiare il linguaggio violento, ha proseguito, non bisogna mai sottovalutarlo:
“Sembra teatrino, ma diventa facilmente e rapidamente tragedia". Per sconfiggere tutti
i germi del razzismo in Italia occorre quindi “una nuova cultura, condivisa, del vivere
insieme”.
R. - Il razzismo non conviene: semina odio e prepara la strada alla
violenza. Questa giornata non è una giornata rituale. Si è visto con i fatti di Tolosa,
con quello che è successo. Anche la Shoah non è riuscita ad immunizzarci dall’antisemitismo.
Questo è drammatico. Allora, noi dobbiamo ripetere: bisogna far crescere una cultura,
cambiare linguaggio. Questo è il nostro grande problema.
D. – Quali saranno
le prossime mosse del suo ministero proprio per contrastare il razzismo e la discriminazione?
R.
– Noi ci siamo impegnati e stiamo lavorando per l’integrazione. Andiamo sul territorio
italiano. Io presiedo i consigli territoriali dell’immigrazione. Valorizziamo il lavoro
degli immigrati e le rimesse degli immigrati, per esempio con il taglio del 2 per
cento in più della tassa sulle rimesse. Abbiamo lavorato per un cambiamento dell’accordo
di integrazione, per un arricchimento, e continueremo a lavorare su tutto questo.
Certo, le emergenze ci saranno sempre, ma oggi il problema è l’integrazione. Stiamo
attraversando un momento difficile. Gli italiani sentono la crisi. Il rischio è che
siamo tutti più innervositi. C’è un linguaggio tante volte antagonistico. Abbiamo
differenti opinioni, dobbiamo dircele, ma dobbiamo stare attenti a non utilizzare
un linguaggio aggressivo. Sono molto preoccupato di quello che è avvenuto al consigliere
Musy, a Torino. Non deve ritornare la violenza e insanguinare il nostro Paese. Io
ho vissuto gli anni ’70, so da dove viene quel clima di violenza. Questo non deve
succedere in Italia. La democrazia è innanzitutto sicurezza per tutti: sicurezza per
quelli che la pensano come me e per quelli diversi da me, sicurezza per gli immigrati
e per gli italiani. Tutti debbono stare alle regole. Io so bene che, quando uno si
inserisce in un nuovo Paese, c’è un tasso di diffidenza che si sente sulla pelle,
ma noi dobbiamo aiutare ad un inserimento facile e sicuro per tutti. (ap)
E’
in questi momenti di forte crisi che si può scatenare la malabestia del razzismo,
ha detto Raffaele Bonanni della Cisl. “E’ necessario lavorare a tutti i livelli
per favorire al massimo i processi di integrazione”. Se l’Europa è fatta di Paesi
vecchi, così non è per un continente come l’Africa dal quale, ha sottolineato Bonanni,
arriverà il grosso dei migranti. Dovremo quindi fare i conti con questa realtà, ecco
perché, ha aggiunto, “occorre programmare e costruire sin da ora non solo accoglienza
ma integrazione e cooperazione”.
"Quando manca il lavoro, quando c’è un’economia
che va male, e in Europa va male e in Italia va malissimo, è chiaro che il razzismo
può alzare la testa, si va l’uno contro l’altro, contro colui che viene visto come
un concorrente nella stessa area di lavoro. E’ un sentimento sbagliato, è un sentimento
incivile, noi dobbiamo razionalizzare tutto questo, dobbiamo lavorare di più, affinché
nella crisi ci siano i presupposti per la convivenza e ci siano anche i segni per
la convivenza e del rispetto. Ecco perché diciamo, proprio in questo momento, proprio
nelle difficoltà, come segno, deve essere riconosciuto lo ius soli. Per noi è un fatto
importantissimo. Chi paga le tasse e chi versa i contributi per gli anziani, chi presta
la propria opera in un Paese deve avere gli stessi diritti, al di là della pelle,
al di là della cultura, al di là della religione, al di là della razza, al di là di
ogni cosa". (ap)