2012-03-20 16:25:02

Gioco d’azzardo, oscura dipendenza: la politica si impegna a intervenire


Le dinamiche legate al gioco d’azzardo e le proposte politiche per regolare un settore che crea dipendenza e danneggia il tessuto sociale. Se ne è parlato al convegno organizzato oggi a Roma “A che gioco giochiamo? Un’oscura dipendenza”. La proposta è partita dai parlamentari cattolici coordinati dall’on. Paola Binetti e ha visto la partecipazione di economisti, sociologi e del ministro della Cooperazione internazionale, Andrea Riccardi. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

“L’azzardo è una piaga che corrompe costumi e società e che uccide. Cessino i provvedimenti farisaici e si lavori insieme a proposte concrete”. È duro l’intervento di mons. Alberto D'Urso, della Consulta nazionale antiusura, ma è condiviso da sociologi ed economisti che ormai scardinano luoghi comuni, tra cui anche quello che il gioco conviene allo Stato. Ormai si preferisce il termine di "ludopatia" perché - viene sottolineato - il gioco di per sé è svago e convivialità e non patologia compulsiva e isolante. L’on. Paola Binetti:

“Il punto è riuscire a trovare in parlamento un equilibrio adeguato a contenere un fenomeno patologico, che sta crescendo fino a diventare vero e proprio fattore di instabilità sociale. Non è la crisi economica - secondo me - che spinge nei confronti del gioco. E' la crisi da mancanza di opportunità che spinge, questo è il dramma”.

La vita è un azzardo fortunato: è questo il messaggio costante che va contrastato proponendo invece che la vita è costruzione e lavoro. Il ministro Andrea Riccardi:

“L’azzardo è una cosa facile, è facile vincere: questo è il messaggio che viene trasmesso. Noi invece dobbiamo dire che la vita è lavoro e che il gioco è gioco e che le possibilità di vincere al gioco sono una su 100 mila, una su 10 mila o quelle che sono... In questo senso, chi gioca non deve essere attratto e non bisogna giocare sulle sue fragilità, ma deve essere responsabile”.

Dal convengo emergono proposte di legge apposite: anzitutto porre un limite alla pubblicità - articolo già inserito nel Decreto interdirigenziale al vaglio del ministero dell’economia - fare cultura seria della probabilità di vincita e pensare a percorsi preventivi e assistenziali per i due milioni di persone oggi a rischio dipendenza. Ancora l’on. Paola Binetti:

R. - In questo momento, il dibattito è molto vivo: è molto vivo sui media e molto vivo nella percezione che ce n’è in giro. Proprio per questo, è giunto il momento di passare da quello che possiamo chiamare un grado di sensibilizzazione generale a quello che è un progetto legislativo vero e proprio, che incida sui comportamenti e che vada - da un lato - ad avere una funzione di forte azione di prevenzione attraverso la formazione e che favorisca - dall’altro - una forte azione di controllo e, in qualche modo, di limite alla pubblicità che sta crescendo a velocità esponenziale e che richiami l’attenzione forte su tutti i servizi che possono essere offerti per questa sorta di nuovo modello di disintossicazione da dipendenza da gioco. Quindi, il disegno di legge che noi abbiamo presentato sia alla Camera che al Senato vuole toccare questi tre punti e ritiene indispensabile farlo in questo momento.

D. - Tra le forze politiche, ieri anche il Pd ha presentato un disegno di legge, c’è un accordo, secondo lei? Perché nel tempo le idee ci sono state, però non si è mai arrivati a un punto…

R. - Diciamo che in questo momento - e direi fortunatamente - ci sono dei disegni di legge che nascono in casa Pdl, dei disegni di legge che nascono in area centrista e dei disegni di legge che nascono in area Pd. Questi disegni di legge hanno indubbiamente una serie di punti di contatto, perché nascono dalla sensibilità del legislatore nei confronti dei cittadini e quindi direi che i grandi temi della prevenzione, del limite alla pubblicità e del potenziamento delle terapie sono punti di contatto presenti in tutti.

D. - Come risponde a chi dice che il parlamento cerca di contrastare questo fenomeno e che però è anche vero che lo Stato si arricchisce con il gioco?

R. - Diciamo che lo Stato se vuole arricchirsi con questo gioco, deve farlo giocando - lui stesso - in modo corretto e leale. Questo vuol dire informare correttamente i cittadini di quanti sono i margini reali e positivi di vincere: la suggestione pubblicitaria, invece, è quella che crea quell’atmosfera che ti fa sentire vincitore prima ancora che tu abbia giocato. Questa è una mistificazione. Lo Stato deve saper intervenire immaginando anche modelli di arricchimento personale diverso: questi sono troppo facili… Diciamo che lo Stato si giustifica rispetto a questa opzione non tanto per l’arricchimento che se ne procura, ma per il fatto che sottrae in questo modo il gioco all’illegalità. Lo sottrae a quella dimensione di “forze oscure” che in qualche modo ci sono nel nostro ambiente. Lo Stato, in questo modo, intendendo riappropriarsi per bonificare un tipo di gioco ne assume non soltanto l’aspetto - chiamiamolo - piacevole e virtuoso, ma ne assume anche tutta la drammatica potenzialità di rischio. Allora, lo Stato deve, in qualche modo, investire più seriamente nei processi di tipo terapeutico di disintossicazioni che vanno attuati. Quando lo Stato avrà fatto un bilancio reale di tutto questo - risparmio in pubblicità, investimenti in formazione e in prevenzione, investimenti in terapia - forse comprenderà che dopo tutto non gli conviene nemmeno così tanto fare quello che noi chiamiamo il “ruolo di biscazziere pubblico”. (mg)







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