La Russia lancia l’Unione euroasiatica, pensata sul modello dell’Unione europea, con
l’obiettivo di rafforzare l’integrazione tra le economie dei Paesi ex sovietici. L’accordo
di massima è stato annunciato dal presidente uscente Medvedev in occasione del vertice
della comunità economica eurasiatica svoltosi ieri al Cremlino. Prudenza è stata espressa
dall’Ucraina, che prenderà parte ai lavori come osservatore, in attesa che venga risolta
l’annosa questione della fornitura di gas russo. Giuseppe D’Amato.
Primo gennaio
2015 questa è la data definita per far nascere l’Unione euroasiatica, al Cremlino
tanti sorrisi e strette di mano. Alla riunione della comunità economica euroasiatica
già esistente dal 1996 hanno partecipato i leader dei Paesi membri, Russia, Bielorussia,
Kazakhstan Kirghizistan e Tagikistan ed in più quelli invitati come osservatori, ossia
Armenia, Moldova ed Ucraina. L’integrazione, seguendo l’esempio dell’Unione europea,
è l’idea base. Il russo Medvedev ha sottolineato che ha bisogno di finire un percorso
prevedibile e che i Paesi oggi osservatori, entrando nella futura unione, avranno
vantaggi considerevoli. I detrattori di questa operazione, cavallo di battaglia del
premier Putin in campagna elettorale, parlano di tentativo di far rinascere una mini
Urss.
Sulle prospettive dell'Unione euroasiatica, Massimiliano Menichetti
ha raccolto il commento di Evgeny Utkin esperto di economia russa e di
questioni energetiche:
R. - Secondo
me come già hanno detto alcuni osservatori potrebbe assomigliare a quello dell’Unione
Sovietica anche se lì avevamo la stessa valuta, il rublo. Qua si parla ancora solo
di comunione economica, quindi si tratterebbe di estendere l’unione doganale, che
già c’è dal primo gennaio 2012, con la Bielorussia, con il Kazakhstan e la Russia.
D.
- Anche se l’Ucraina ha una posizione diversa per quanto riguarda l’unione doganale…
R.
- Vorrebbe stare in unione sia in Europa che con la Russia. Però sia Medvedev sia
Putin hanno detto che non si può stare col piede in due staffe: o l’uno o l’altro.
Per quanto riguarda l’Ucraina c’è un discorso delicato anche per quanto riguarda i
gasdotti che passano in quel Paese.
D. - Quando si dice “sembra un tentativo
di far ritornare ad una piccola Urss”, si vuole tornare ad un’unione politica oltre
che economica?
R. - Io penso che oltre l’economia ci sia anche la politica.
Del distacco dell’Unione Sovietica hanno sofferto parecchi Paesi, un po’ meno quelli
baltici che erano collegati più con l’Europa e che erano più lontani dalla Russia;
gli altri hanno sofferto e non poco.
D. - Già adesso c’è la comunità economica
euroasiatica, nata nel 1996. Che differenza ci sarà tra questa realtà che già esiste
e l’Unione euroasiatica?
R. - Quella del ’96 è un’unione fantasma e anche la
gente non capisce bene cosa significhi. Invece questa potrebbe essere più o meno come
la comunità europea...
D. - Questa realtà, se dovesse esistere nel 2015, come
si porrebbe nello scacchiere internazionale?
R. - Al momento l’America rimane
il mercato primario però se si uniscono Russia, Ucraina i Paesi dell’ex Unione Sovietica,
più qualche altro Paese - si parla anche di estendere ai cosiddetti “Shanghai group”,
perfino la Cina… - questo rafforzerebbe la nuova realtà nei confronti di Stati Uniti
e con l’Europa che si sta indebolendo sempre di più.
D. - Chi ha interesse
ad avversare questa realtà?
R. - Ovviamente i Paesi baltici, che sono integrati
già con l’Europa. Poi la Georgia che vive una situazione complessa. Altri Paesi invece
stanno valutando, perfino la Moldova che è anche molto distaccata dalla Russia e che
è più vicina alla Romania. Tutti stanno comunque valutando la convenienza ad aderire
o meno a questo progetto. Bisogna sottolineare però che la data del primo gennaio
2015 è più un augurio, infatti questo organismo ha un lungo cammino davanti da fare.
Ricordiamoci che ci sono voluti decenni per far nascere l’Unione Europea. (bf)