Chiude a Roma il Centro di aiuto alle vittime della tortura
Dopo otto anni di attività e più di mille vittime di tortura visitate e curate, dopo
riconoscimenti e successi chiude, senza preavviso, per problemi meramente burocratici,
il Centro per il trattamento delle patologie post-traumatiche e da stress dell’Ospedale
San Giovanni-Addolorata di Roma. Luca Attanasio ha raccolto il grido d’allarme
del direttore del centro, il dott. Massimo Germani, e di Mohamed, un
rifugiato afghano scampato alle torture dal suo Paese:
D. – Dottor
Massimo Germani, lei per anni ha diretto il Centro per il trattamento delle vittime
di tortura del San Giovanni-Addolorata…
R. – Il Centro nasce nel 2004 per dare
una risposta specialistica a un gran numero di persone richiedenti asilo, rifugiati
provenienti da vari Paesi del mondo, che avevano vissuto esperienze di torture, violenze,
abusi. Uomini e donne che, arrivati nel nostro Paese, non solo vivevano il dramma
dell’esilio, ma portavano nel corpo – e molto più spesso nell’anima – i segni delle
violenze subite, con conseguenze patologiche molto gravi che impedivano un cammino,
un percorso verso un’integrazione, una risposta del sistema sanitario pubblico, fino
a quel momento mai esistita in Italia. In questi otto anni, sono passati oltre mille
sopravvissuti a torture e violenze.
D. – Un Centro che rappresenta l’eccellenza
e che improvvisamente ha ricevuto un avviso di chiusura…
R. – Una cosa inspiegabile.
In questi ultimi due anni, proprio con l’emergenza Africa abbiamo raddoppiato le prestazioni.
Nel 2011, abbiamo avuto oltre 1300 prestazioni e circa 280 nuovi pazienti. La direzione
generale del mio ospedale ha detto che, venendo meno la convenzione col Ministero
dell’interno, tutta la struttura doveva chiudere. L’esecuzione della delibera è stata
fatta in modo improvviso e non è stato dato il tempo di finire le terapie in corso,
di avviare i pazienti verso altri centri e quindi i pazienti in carico – che in questo
momento sono più di 200, spesso con gravi patologie di vario tipo – hanno trovato
semplicemente la porta chiusa.
D. – Mohamed, da quanto tempo sei in Italia
e perché sei fuggito dall’Afghanistan?
R. – Sono in Italia da quattro anni.
Si viene da una zona di guerra per rifugiarsi in un Paese dove si vive più tranquilli.
Quando sono arrivato a Roma avevo difficoltà a causa delle torture subite e ho potuto
parlare con un medico dello stress che avevo e piano, piano, mi sono recuperato. Purtroppo,
ultimamente sono andato allo studio e l’ho trovato chiuso.