Si registrano sempre più casi di cristianofobia in Europa, ma allo stesso tempo c’è
un crescente interessamento dei media: è quanto emerge dal Rapporto 2011 dell’Osservatorio
sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, pubblicato sul
sito dell’organizzazione. “I vescovi d’Europa ricordano che la libertà religiosa è
un bene prezioso che va custodito, così da continuare a essere un pilastro della pace
nel nostro Continente”, dichiara mons. Andras Veres, vescovo di Szombathely (Ungheria),
e incaricato di seguire le attività dell’organismo per conto della Ccee, il Consiglio
delle Conferenze episcopali d’Europa. Dal Rapporto emerge fra l’altro che il 74% di
quanti hanno risposto ad un sondaggio nel Regno Unito ritiene che ci siano più discriminazioni
verso i cristiani che verso persone di altre religioni. Perché questo? Debora Donnini
lo ha chiesto a padre Duarte da Cuhna, segretario generale della Ccee:
R. – Il motivo
credo che comprenderlo sia una sfida per tutti noi. Ci sono fenomeni storici, però
sembra che oggi la maggior parte degli attacchi contro i cristiani venga dalla difficoltà
che alcuni gruppi, alcuni lobbisti, hanno nell’accettare sia la presenza della Chiesa
sia il fatto che essa difenda pubblicamente alcuni valori che le stanno particolarmente
a cuore come la famiglia, il matrimonio, la difesa della vita e quindi anche la presenza
della tradizione cristiana nell’arte e nella cultura europea.
D. – Nel Rapporto,
ad esempio, si parla del caso di una farmacia in Germania le cui finestre sono state
mandate in frantumi perché il padrone non vendeva la cosiddetta “pillola del giorno
dopo”. Quante violazioni alla libertà di coscienza ci sono in Europa?
R. –
Noi non sappiamo quante. Questo Rapporto inizia proprio affermando che questo fenomeno
è generale e non c’è un numero esatto su quante violazioni siano state perpetrate.
C'è una serie di casi che dimostra come la situazione sia molto più diffusa di quanto
si possa pensare. Ci sono altri casi come questo. Ad esempio, la distruzione delle
immagini della Madonna o di Gesù nel Crocifisso: sono casi in cui si vede che c’è
una mentalità che non sembra preoccuparsi di offendere il cristianesimo. La nostra
preoccupazione non quella di fare guerra contro chi discrimina o mostra intolleranza
verso i cristiani, quanto piuttosto promuovere un dialogo perché tutti i diritti di
tutti vengano rispettati.
D. - Nel Rapporto si parla anche di emarginazione
dei cristiani dalla vita sociale e pubblica…
R. – Ci sono stati alcuni casi:
ad esempio, una professoressa è stato licenziata perché ha mostrato un filmato sull’aborto
e questo dimostra che non si tratta di discriminazioni solo verso il fatto di essere
cristiani, ma nei riguardi di valori collegati alla fede cristiana. Non sono mai casi
così eclatanti come lo è stato – ad esempio – il caso di Buttiglione qualche anno
fa, in cui per il fatto stesso di avere assunto una posizione chiara sul matrimonio
non è stato accettato come commissario nella Commissione europea. Ci sono però, a
volte, casi di rilievo minore, ai quali vale la pena fare comunque attenzione perché
la loro moltiplicazione dimostra l’estensione del fenomeno.
D. – Non si rischia,
a volte, di far passare per omofobia l’insegnamento della Chiesa cattolica sul matrimonio
e sull’amore?
R. – Se consideriamo che la Chiesa difende il matrimonio tra
un uomo e una donna come un bene non esclusivo per i cristiani, ma un bene pubblico,
immagino sia chiaro che la Chiesa abbia il diritto di affermarlo pubblicamente e di
difenderlo. E le istituzioni della Chiesa nel loro ambiente hanno il diritto di fare
in modo che questo sia molto chiaro. La Chiesa non attacca, rispetta e non vuole discriminare
nessuno, ma in questo senso lotta perché la verità sul matrimonio e sulla famiglia
sia riconosciuta come un bene universale. L’accusa di omofobia si rivela spesso quando
la Chiesa difende una verità che riguarda la persona umana e la sua sessualità e la
Chiesa sa che spesso queste accuse sono ingiuste ma non può tacere. Non è una buona
argomentazione se nel corso di un dialogo o di una discussione, quando una persona
difende una posizione – come la Chiesa difende il matrimonio – questa viene subito
accusata di omofobia, quasi come se si volesse concludere il discorso con un’accusa.
Ma il dialogo significa accettare anche che la Chiesa dica il suo pensiero, basato
su fondamenti del quale non solo la Chiesa ma anche molte altre culture e religioni
si trovano d’accordo.
D. – C’è poi la questione degli insulti e dell’insegnamento
nelle scuole di principi che, a volte, possono essere diversi da quelli dei genitori…
R.
– Ci sono casi che riguardano la violazione dei diritti dei genitori all’educazione
dei figli: ci sono stati casi molto evidenti in Spagna – ma in queste ultime settimane
è stata cambiata la legge – di genitori che avevano chiesto che i figli non frequentassero
una classe in cui si insegnavano cose che non rispecchiavano i loro valori riguardo
alla vita, al matrimonio e alla famiglia. Questa è stata una vittoria molto recente,
perché per tutto il 2011 è stata una battaglia dura…
D. – In senso positivo,
poi, c’è stata la sentenza della Corte di Strasburgo sulla questione del Crocifisso
nelle aule scolastiche, che era stata sollevata da una donna, in Italia…
R.
– Sì. E’ un fatto che la religione acquisti un sempre maggiore riconoscimento, nell’ambito
del Consiglio d’Europa e nella Corte europea dei diritti dell’uomo, come fattore di
coesione sociale importantissimo e da valorizzare. L’Osservatorio, insieme al lavoro
che il Ccee, i vescovi europei in generale, o la Comece stanno svolgendo per mettere
in rilievo questi casi, non ha altro scopo che cercare positivamente la promozione
della libertà religiosa. E vediamo che ci sono persone che comprendono la nostra sensibilità
e che cresce la coscienza sociale. (gf)