Il “Cortile dei Gentili” approda a Palermo. Il cardinale Ravasi: Chiesa impegnata
su legalità e dialogo interreligioso
“Cultura della legalità e società multireligiosa” sarà il tema della prossima tappa
siciliana del “Cortile dei Gentili”, la struttura del Pontificio Consiglio della Cultura
dedicata al dialogo tra credenti e non credenti. A Palermo, il 29 e il 30 marzo, filosofi,
religiosi, giuristi, storici e intellettuali proveranno a rispondere con la cultura
del dialogo e del diritto, radicata nella grande tradizione multiculturale siciliana,
all’incultura della criminalità organizzata. Fabio Colagrande ne ha parlato
con il presidente del dicastero organizzatore, il cardinale Gianfranco Ravasi:
R. – Palermo
ha una sua originalità proprio per i due nodi fondamentali che si intrecciano tra
di loro nel titolo stesso: cultura della legalità e società multireligiosa. Quindi,
da una parte abbiamo il profilo chiaramente sociale – quello della legalità, quello
che è anche ininterrottamente declinato dal mondo laico, dal mondo civile, dal mondo
politico, ma che ha delle forti incursioni anche nel mondo spirituale, religioso.
Pensiamo ai veri e propri martiri della mafia che hanno in Palermo una sorta di emblema.
E, dall’altra parte, questo fatto che la Sicilia – come attestano anche i suoi monumenti
– è sempre stato un luogo di incroci, di crocevia; ed ecco allora anche questa testimonianza
della multireligiosità, del dialogo interreligioso.
D. – Come il dialogo tra
culture e religioni può rilanciare il valore della legalità nello spazio pubblico?
R.
– L’elemento fondamentale è il diritto, la legalità. Tenendo conto che questa componente
per tradizione, quasi anche qualche volta per luogo comune, trova in Palermo il luogo
dello sfregio, il luogo della ferita. Ora, noi sappiamo bene che questo non è vero
perché anche quando si parla della categoria “mafia”, in realtà si sa bene che ormai
è diventata solo una definizione di fenomeni di criminalità, quindi di violazione
della legalità e dei diritti, che ha certamente dimensioni al di là della mafia siciliana.
Pensiamo alla mafia giapponese: è solo l’uso del termine… Dobbiamo però anche dire
che nella città di Palermo c’è un fervore, un fermento … Parliamo proprio anche di
un’istituzione come “l’antimafia”, ma parliamo anche della testimonianza pastorale
data da molte istituzioni che saranno presenti nella serata ultima, quella aperta
ai giovani, che dimostrano come anche la dimensione ecclesiale, la dimensione morale,
religiosa sia fondamentale per la tutela del diritto, soprattutto perché passa attraverso
le coscienze. E fino a quando non si farà rinascere un nuovo popolo, quindi non si
opera nell’interno soprattutto dell’educazione e della gioventù, non si può dire veramente
che si apre una nuova era di civiltà migliore rispetto a quella di cui siamo stati
testimoni.
D. – Quindi, Palermo può diventare anche un’occasione per ribadire
l’impegno della Chiesa per la legalità sul territorio e anche per ribadire come questo
impegno vada continuamente rilanciato?
R. – Noi speriamo che accada, questo.
E’ significativo il fatto che d’intesa, tutte le istituzioni che partecipano – credenti
e non credenti – di Palermo, si siano trovate tutte d’accordo nel volere a tutti i
costi affidare a me la lezione introduttiva. Io sono stato piuttosto restio, devo
dirlo, perché avrei voluto che fosse più una presenza siciliana; ma hanno insistito
sul fatto che in qualche modo, rappresentando io la Santa Sede, entrassi all’interno
di uno spazio nobile e glorioso, come lo è la cattedrale di Monreale, nella prima
serata, e ci fosse in qualche modo una dichiarazione ufficiale, solenne da parte della
comunità ecclesiale perché ci si impegni maggiormente su questo tema. E quindi, è
in un certo modo il rilancio, pensiamo del passaggio di Giovanni Paolo II ad Agrigento
e del suo grido contro la mafia e le degenerazioni della moralità, le degenerazioni
della società, le degenerazioni del diritto. (gf)