Il nunzio in Messico: il Papa aiuterà il Paese a vedere il futuro con ottimismo
Mancano ormai pochi giorni al viaggio del Papa in Messico e a Cuba: Benedetto XVI
partirà il 23 marzo prossimo e ritornerà in Vaticano il 29. Prima tappa è il Messico,
grande Paese latinoamericano chiamato, attualmente, ad affrontare molteplici sfide:
ma quale realtà il Papa si appresta ad incontrare? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto a mons. Christophe Pierre, nunzio apostolico in Messico:
R. - Il Messico
è un Paese che, come si sa, è profondamente religioso e che è rimasto molto colpito
dalle precedenti visite di Giovanni Paolo II: l’incontro tra Giovanni Paolo II e il
popolo messicano è stato spettacolare e ha inevitabilmente caratterizzato la cultura
e la storia recente. Ma è anche un Paese che sta cambiando rapidamente e speriamo
che questo incontro con Benedetto XVI sia un’esperienza veramente nuova. Il Paese
vive anche momenti molto difficili e da qualche anno soffre per il problema della
violenza, causata per lo più dal triste fenomeno del narcotraffico, dalla lotta tra
“cartelli della droga”. Tutto questo certamente ha influenzato il sentire di molta
gente. Io credo che tutti stiano aspettando il viaggio del Papa e l’incontro con Benedetto
XVI con molta speranza. E’ un viaggio più breve di quanto siano stati i viaggi di
Giovanni Paolo II, ma quello che si nota tra la gente è la speranza di ricevere una
parola di fede per affrontare questo momento difficile.
D. - Il Messico, oltre
al problema della violenza, vive anche la grave emergenza dell’immigrazione clandestina,
un po’ come il Sud-Europa: sono moltissime le persone che dall’America Latina cercano
di raggiungere gli Stati Uniti, ma che sono poi costrette a fermarsi nel Paese. Qual
è la situazione?
R. - La situazione è assai complicata. L’immigrazione fa parte
della vita e della storia stessa del Messico: molti messicani vivono negli Stati Uniti
e hanno la cittadinanza americana, ma molti sono i clandestini, proprio perché c’è
sempre la spinta di cercare di andare comunque negli Stati Uniti per migliorare la
propria condizione economica. La ragione reale, dunque, è quella della povertà: molti
messicani sentono il bisogno di avere una vita migliore. Ma non è così facile riuscire
ad uscire dal Paese, proprio perché molte sono le restrizioni e, quindi, molti sono
clandestini. Questa situazione si sta trasformando in un vero e proprio dramma nazionale,
che viene inevitabilmente sfruttato anche dal crimine organizzato, che approfitta
di questa situazione di povertà e del desiderio di emigrare. C’è poi anche la realtà
di molti migranti che arrivano dai Paesi a Sud del Messico: la frontiera con gli Usa
è immensa e si riesce a passare facilmente, ma c’è da affrontare il lungo cammino
dal Sud li porta al Nord, un cammino di sofferenza, fatto di tante difficoltà e di
tanti problemi. I rischi sono enormi! La questione dell’immigrazione credo sia un
problema che coinvolge non solo il Messico, ma tutto il continente americano. Si spera
che un giorno si trovi una soluzione, che sia però al servizio della persona.
D.
- Di fronte a queste emergenze, come si sta impegnando la Chiesa?
R. - La Chiesa
ha, come in tutti i settori della società, una presenza eccezionale. La maggioranza
del popolo messicano è cattolico e l’aiuto e il sostegno ai poveri e alle persone
in difficoltà è molto forte. La Chiesa ha decine di centri di accoglienza per queste
persone che cercano di arrivare al Nord, con la speranza di emigrare. Certo, non si
po’ risolvere tutto nell’immediato, in quanto non ci sono ricette così efficaci; le
soluzioni sono anche di ordine politico, di politica interna e internazionale - come
sappiamo bene - ma la Chiesa, con la sua presenza e con la sua attenzione, continua
ad aiutare i poveri innanzitutto nelle loro necessità primarie. Questi centri rappresentano
un po’ la parabola del Buon Samaritano.
D. - Mons. Pierre, tra gli aspetti
positivi della società messicana, è certamente una forte speranza che affonda le sue
radici in una profonda fede cristiana. Che cosa si aspettano i messicani, alla luce
di questo, dall’incontro con Benedetto XVI?
R. - Penso che lei abbia ragione:
il popolo messicano, malgrado tutti i suoi problemi e le sue sofferenze, conserva
una fede profonda che si manifesta attraverso una vera e forte religiosità, una religiosità
che gli dona grande speranza. Il popolo dei poveri ha una profonda speranza e una
profonda fede in Cristo, in Maria, nella Vergine di Guadalupe, che è al centro della
devozione di tutti, perché la vedono come la Madre, perché hanno bisogno della sua
protezione. Io penso che l’arrivo del Santo Padre va nella stessa direzione: la gente
riconosce nel Papa il Successore di Pietro, il capo della Chiesa Cattolica. La gente
si sente parte di questa Chiesa e certamente accoglierà il Papa come colui che ci
aiuta a sperare, a vedere il futuro con ottimismo. (mg)