Il martirio di Shahbaz Bhatti ricordato in un libro ad un anno dall'assassinio
Un anno fa il cristiano Shahbaz Bhatti, ministro pakistano per le Minoranze, veniva
assassinato da un gruppo di fondamentalisti islamici a Islamabad. Per non dimenticare
questo nuovo martire cristiano, è stato presentato ieri, nella Basilica di San Bartolomeo
all’Isola a Roma, il volume “Shahbaz Bhatti. Vita e martirio di un cristiano in Pakistan",
scritto da Roberto Zuccolini e Roberto Pietrolucci, edito dalle Edizioni Paoline,
che ne ripercorre il percorso spirituale e politico. Il servizio di Michele Raviart:
Non poteva esserci
sede più adeguata della Basilica di San Bartolomeo all’isola Tiberina, dedicata dal
Beato Giovanni Paolo II ai “nuovi martiri” cristiani, per presentare il libro su Shahbaz
Bhatti, che per la sua fede e il suo impegno civile, lo scorso anno perse la vita.
A 17 anni, fondò un movimento politico di ispirazione cristiana e dal 2002 decise
di difendere tutte le minoranze religiose del suo Paese, guadagnandosi stima e rispetto,
tanto da diventare nel 2008 il primo ministro federale pakistano a occuparsi dei diritti
dei non musulmani. Andrea Riccardi, ministro italiano per la Cooperazione e
l’Integrazione:
“Shahbaz Bhatti era un uomo che credeva profondamente nell’incontro,
che non ha avuto paura e che ha continuato a lottare. Credo sia un vero modello di
politico cristiano”.
Un modo di fare politica attraverso il dialogo, esemplare
per tutto il mondo, ma anche strettamente legato al Pakistan, Paese in cui Shahbaz
Bhatti credeva e che non ha mai voluto abbandonare malgrado le minacce di morte. Roberto
Zuccolini, giornalista e coautore del volume:
"Non mi sono fatto l’idea
di un eroe solitario, non mi sono fatto l’idea di qualcuno che cercava la morte, ma
di qualcuno che non poteva abbandonare il suo popolo. Egli non poteva abbandonare
la causa, che era quella della sua vita: lavorare cioè per la giustizia e per la difesa
dei più deboli e dei più poveri. Per questo scelse di rimanere in Pakistan, nonostante
le minacce di morte. Lui era un uomo di dialogo e di pace”.
Shahbaz Bhatti
lascia un’eredità spirituale con la quale ogni cristiano non può non confrontarsi
– “non voglio posizioni di potere, ma solo un posto ai piedi di Gesù”, scriveva prima
di essere assassinato – e un’eredità politica raccolta da suo fratello, Paul. Dapprima
riluttante a continuare la missione di Shahbaz, tanto da voler trasferire la sua famiglia
dal Pakistan all’Italia, Paul Bhatti è stato conquistato dall’affetto dei pakistani
per suo fratello, ed ora è consigliere per le minoranze religiose del primo ministro
pakistano:
“Attualmente, il Pakistan sta vivendo una fase molto difficile
della sua storia, dove il terrorismo, il fanatismo e l’estremismo stanno aumentando
giorno dopo giorno. Penso che la gente che crede nella tolleranza religiosa si stia
però rendendo conto che non si può andare avanti così. Stiamo lavorando assieme ai
musulmani e ad altre religioni per combattere questo tipo di odio e questo tipo di
discriminazione”.
Una discriminazione che non è solo dovuta alla barbara
legge sulla blasfemia, ma che per Paul Bhatti ha radici più profonde, come l’alto
tasso di analfabetismo e di disoccupazione in una società multiculturale in cui i
cristiani rappresentano il 2% della popolazione. Il cardinale Jean-Louis Tauran,
presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso:
“I cristiani,
in Pakistan, fanno parte della società, si trovano a casa propria, hanno collaborato
e hanno dato il loro sangue per la vita della nazione. Hanno quindi diritto, come
tutti gli altri cittadini, anche in una società così cosmopolita come quella pakistana,
di vivere insieme perché non si può essere felici gli uni senza gli altri, né tantomeno
gli uni contro gli altri”.
Di Shahbaz Bhatti, Tauran ricorda “la forza
e la dolcezza dello sguardo” e la sua testimonianza, perché gli “autentici cristiani
saranno sempre scomodi”.